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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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La calda estate di Mazi Morris 09/04/2024

La calda estate di Mazi Morris                      Daria Shualy

Neri Pozza                                                            euro 19

“Erano passati due anni dalla notte di cui sapeva troppo e ricordava poco, la notte a causa della quale aveva perduto tutto. Indossò la parrucca bionda, mise le lenti a contatto verdi, infilò le scarpe tacco dieci e se ne andò in via Allenby, a bere e sfogarsi fino a dimenticare tutto un’altra volta”

Considerato da alcuni critici una letteratura minore ma apprezzato da molti estimatori in tutto il mondo, il genere letterario hard boiled che trova le proprie radici nei romanzi di Dashiell Hammett verso la fine degli anni Venti, perfezionato da un’icona del calibro di Raymond Chandler negli anni Trenta, si differenzia dal giallo deduttivo per una rappresentazione realistica del crimine e per una lucida fotografia della società in cui esso matura.

In questo filone si inserisce “La calda estate di Mazi Morris” (Neri Pozza) di Daria Shualy, scrittrice israeliana, giornalista di carta stampata e testate online, consulente di startup che arriva in Italia con un romanzo d’esordio folgorante, destinato a lasciare un segno.

Perché la protagonista, Mazi Morris, è una figura complessa e affascinante, intrigante e sessualmente disinibita e, nel contempo, vulnerabile per le esperienze traumatiche vissute nell’infanzia di cui il lettore viene a conoscenza poco per volta, mentre la trama di evolve in un contesto di segreti indicibili, corruzione, intrecci familiari con presunti abusi sessuali e misteri di cui solo alla fine si avrà contezza.

Siamo a Tel Aviv nel luglio del 2014: i razzi lanciati da Hamas dalla Striscia di Gaza cadono o rischiano di cadere sulla città se non vengono intercettati in tempo, gli allarmi interrompono più volte nel corso della giornata le normali attività dei cittadini che in pochi secondi devono trovare un rifugio in cui ripararsi.

In questo clima torrido, e non solo per il caldo che infuoca la città, il 2 luglio Jasmin Shechter, figlia di una delle più potenti famiglie israeliane, sparisce in circostanze misteriose mentre si trova in un caffè con il marito David Peretz (Dudi) e la figlioletta di tre anni Lily.

Gli Shechter non vogliono rivolgersi alla polizia perché Jasmin è già sparita in passato ma Dudi che non si dà pace si rivolge a un’amica d’infanzia, Mazi Morris, ex poliziotta, cacciata dalla polizia per motivi che i lettori scopriranno nel corso della narrazione e ora investigatrice privata. Il suo vero nome è Mazal, fortuna, ma la vita le ha concesso ben poca fortuna: dopo la morte della mamma e la scomparsa del padre Josh Morris, istruttore di tiro in una unità antiterrorismo, le cui tracce si sono perse in Perù, Mazi è stata affidata a varie famiglie finchè il fratellastro della mamma non l’ha adottata, ormai adolescente. Con lo zio Mazi ha trovato finalmente una casa e una famiglia, due fratelli minori, Tilly e Benji, che l’hanno sempre adorata e ora lavorano con lei nell’agenzia investigativa.

Mazi è un’investigatrice intelligente, perspicace, dotata di un intuito fuori dal comune e con l’aiuto di Tilly che aspira a diventare attrice e Benji, genio dell’informatica, forma una squadra imbattibile!

Dopo indagini poco impegnative condotte per trovare i presunti amanti di mariti o mogli infedeli l’incarico di scoprire cosa è accaduto a Jasmin Shechter è una vera sferzata di adrenalina che comporta però non pochi rischi per la scoperta di segreti scabrosi, tali da mettere a repentaglio la vita della squadra investigativa.

Mazi incontra dapprima il fratellastro Shaul e la moglie Ester che si rivelano reticenti nel fornire informazioni su Jasmin, poi conosce il fratello Ari, legatissimo alla sorella da un rapporto morboso, che l’invita a una serata misteriosa con l’intento di offrirle uno spiraglio sui reali affari di famiglia. Poco dopo Ari muore in un incidente d’auto: è stata una fatalità oppure qualcuno voleva farlo tacere?

Con l’aiuto di Tilly e Benji che si rivelano assistenti dalle intuizioni geniali, Mazi comincia a tessere una tela attorno alla famiglia Shechter, incontrando i pochi amici di Jasmin, le segretarie dell’ufficio dove la giovane donna lavorava come curatrice di mostre, i vecchi compagni dell’epoca in cui ha prestato servizio militare, il marito che forse nasconde qualcosa, un medico salvato durante la guerra sulle alture del Golan dal papà di Mazi che non esita a violare il segreto professionale svelandole un segreto compromettente. E mentre Mazi scava, interroga, indaga anche sul passato, tutt’altro che limpido, di Eduardo Shechter, il padre di Jasmin, emergono fatti inquietanti, misteri, reticenze e ostilità inspiegabili che scompaginano ancor più il quadro delle indagini.

Jasmin è ancora viva? Oppure si è nascosta per sfuggire a una famiglia invadente che vuole governare il destino dei suoi componenti? Sono le domande che si pone sia il lettore alle prese con una trama dal ritmo serrato, sia la brava investigatrice.

Mazi però non si perde d’animo, è stata la migliore investigatrice della polizia, sa che verrà a capo di quel mistero e nei momenti più difficili ripensa alle parole che Benny Peretz, brillante investigatore e amico fraterno del padre, le ha detto in un torrido pomeriggio a Mitzpe Ramon: “C’è un momento, in un’indagine in cui pensi di essere in un vicolo cieco. Ma non è davvero un vicolo cieco. Ci sono domande che ti pungolano anche se non trovano giustificazione nelle prove e magari nemmeno nelle circostanze, Quando arriva quel momento, ascoltalo. Abbandonati. E’ il momento in cui possono succedere i miracoli”.

Maestra nel tenere le fila di un’architettura narrativa complessa, Daria Shualy dimostra un’autentica abilità narrativa nel consegnare al lettore la precisa identità dei luoghi (Israele nella sua geografia è descritto in modo magistrale) e soprattutto una disamina schietta delle dinamiche umane: emotive, psicologiche e sociali. Il lettore colpito dalla perizia con la quale è resa la realtà investigativa entra nei meccanismi di una indagine che diventa febbrile nell’avvicinarsi al finale e che innesca rapporti di forza e di dipendenza, più spesso di scambio.

In un panorama letterario così fiorente come quello israeliano da alcuni anni si assiste all’emergere di voci nuove che - distanziandosi dagli scrittori “classici”, il cui intento era soprattutto rafforzare l’identità nazionale o raccontare storie con protagonisti eroi dell’esercito o agenti del Mossad – cercano di offrire al lettore thriller e noir avvincenti in cui si delinea l’immagine di una società, quella israeliana, pervasa da contraddizioni ma anche da un inesauribile afflato vitale e che pur dovendosi confrontare quotidianamente con i rischi della guerra, della disoccupazione e della precarietà non perde mai uno sguardo luminoso sul futuro. A questo proposito basti ricordare i romanzi di Dror Mishani, di Yishai Sarid o di Batya Gur.

Quello di Daria Shualy è un romanzo che non dà tregua, una storia incalzante, intima e inesorabile, un esordio narrativo che vede il debutto di una investigatrice fuori dagli stereotipi di genere che speriamo di ritrovare presto con un nuovo caso da risolvere.


Giorgia Greco


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