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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Golda: Storia della donna che fondò Israele 18/03/2024

Golda: Storia della donna che fondò Israele     Elisabetta Fiorito

Giuntina                                                                 euro 16

“Quando si scriverà la storia di questo periodo, si dirà che è stata una donna a raccogliere il denaro che ha reso possibile la creazione dello Stato”
Ben Gurion, 1948

E’ un saggio molto istruttivo, una miniera di informazioni accurate e di agile lettura quello che Elisabetta Fiorito, scrittrice e cronista parlamentare a Radio 24-Il Sole 24 Ore, dedica alla figura di Golda Meir, prima premier donna e finora l’unica alla guida dello Stato ebraico, in libreria in questi giorni per i tipi di Giuntina.

Nell’agevole biografia “Golda”, Elisabetta Fiorito ricostruisce sia il percorso umano che politico della leggendaria statista dalla sua nascita nel 1898 a Kiev nella Russia zarista in una famiglia di umili origini al suo trasferimento in America prima a Milwaukee poi a Denver per arrivare, da fervente sionista, nella Tel Aviv del 1921, che allora era un villaggio tra le dune sotto protettorato britannico.

Golda che è arrivata in Palestina “per assaporare la vita collettiva del kibbutz dove non ci sono proprietà private, tutti sono uguali e mangiano alla stessa mensa” decide di trasferirsi col marito Morris conosciuto a Denver, nell’insediamento di Merhavia, nel nord, vicino a Nazareth. Tuttavia, dopo soli due anni lascia il kibbutz, un ambiente troppo duro per il mite Morris che non sopporta il clima e il lavoro nei campi e con l’intento di salvare il matrimonio si trasferisce a Gerusalemme.

Una scelta di cui si pentirà per tutta la vita.

L’arrivo di due figli non salva il legame col marito ma è in questi anni che inizia la sua ascesa politica che l’autrice ripercorre con puntualità toccando anche gli snodi cruciali che hanno caratterizzato la storia della Palestina sotto mandato britannico e poi quella dello Stato di Israele.

Donna carismatica e laica, dal polso di ferro, Golda è tra le figure più influenti del movimento ebraico e dopo lo sterminio degli ebrei in Europa si fa ambasciatrice della causa ebraica in giro per il mondo. Grazie al suo carisma raccoglie quei finanziamenti in America che consentiranno allo Stato ebraico, appena costituito, di resistere all’aggressione di cinque paesi arabi intenzionati a distruggere Israele.

Ambasciatrice a Mosca diventa poi nel 1949 ministro del Welfare e in questi anni si trova a gestire l’immigrazione degli ebrei cacciati dai Paesi arabi cercando di creare nuovi alloggi e posti di lavoro; operazione tutt’altro che facile perché si tratta di integrare nel tessuto del paese persone con cultura e tradizioni religiose molto diverse.

Poi è Ministro degli Esteri e dal 1969 al 1974 prima donna a guidare il governo. Nella sua ascesa inarrestabile nel partito laburista non mancano momenti di sconforto e delusioni oltre che situazioni di confronto acceso con il padre della patria Ben Gurion e con i politici emergenti Shimon Peres e Moshe Dayan.

Ci sono almeno tre momenti cruciali che scandiscono la vita di Golda Meir: il primo è la cattura a Buenos Aires l’11 maggio 1960 di Adolf Eichmann, il colonnello delle SS fautore della “Soluzione finale” il cui processo, Golda Meir ribadirà anche all’Onu, deve essere fatto in Israele; il secondo è l’attacco terroristico perpetrato da Settembre nero il 5 settembre 1972 nel villaggio olimpico di Monaco dove vengono sequestrati e poi uccisi undici atleti della nazionale israeliana. La reazione di Israele è una missione senza precedenti: la condanna a morte per i capi del terrorismo palestinese implicati nell’attentato.

Il terzo momento che ha lasciato un segno indelebile nella vita di Golda Meir e ha segnato la fine della sua carriera politica è stato la guerra dello Yom Kippur del 1973

quando era primo ministro e fu colta di sorpresa dall’attacco arabo che mise a dura prova la resistenza di Israele. Impossibile non fare un parallelo con il terribile attacco terroristico di Hamas che ha colpito Israele il 7 ottobre 2023, con oltre 1400 civili torturati e uccisi a sangue freddo e 240 presi in ostaggio compresi bambini e anziani. Un atto senza precedenti che ha scatenato l’inevitabile reazione dello Stato ebraico nella Striscia di Gaza che, dinanzi a un pogrom di tali proporzioni, vede minacciata ancora una volta la sua stessa esistenza.

Dopo la guerra dello Yom Kippur Golda, scettica sulla possibilità di raggiungere la pace con gli arabi, si dimette dal suo incarico. Sei anni più tardi Begin, appartenente alla coalizione di destra, firma la pace con l’Egitto ma al summit di Camp David dopo la stretta di mano fra l’egiziano Sadat e Begin Golda non può trattenere una delle sue famose frasi tranchant: “non so se meritassero il Premio Nobel per la pace, ma di sicuro l’Oscar, sì”.

Nel libro Elisabetta Fiorito ricorda la figura di Enzo Sereni, grande amico di Golda, ebreo romano emigrato nella Palestina mandataria nel 1927 attratto dal socialismo dei kibbutz che nel maggio 1944, ossessionato dalle sofferenze degli ebrei italiani, si fa paracadutare in territorio italiano. Catturato subito morirà fucilato a Dachau il 18 novembre 1944.

Ci sono pagine molto interessanti per il lettore italiano in cui la giornalista ricostruisce gli intrecci della vicenda di Golda con il nostro Paese. In un capitolo narra dell’incontro con il pontefice Paolo VI durante il quale, sentendosi esortare ad usare più misericordia nei confronti dei palestinesi, risponde con una certa irritazione: “Santità, sa qual è il mio primo ricordo? Un pogrom a Kiev. Quando eravamo misericordiosi, quando non avevamo una patria, quando eravamo deboli, siamo stati portati alle camere a gas”.

Fiorito ricorda anche l’intervista che Golda rilasciò per due volte a Oriana Fallaci, contenuta nel libro “Intervista con la Storia” (la prima volta i nastri furono trafugati) in cui la giornalista italiana definisce il primo ministri israeliano “una donna fantastica”, dai modi semplici che cucina da sé e pulisce per non lasciare troppo sporco alla ragazza che l’aiuta in casa e riflettendo sulla fine della vita conclude l’intervista riportando una delle frasi di Golda destinate a rimanere nella storia: “Mia cara, la vecchiaia è come un aereo che vola nella tempesta. Una volta che ci sei dentro non puoi farci nulla. Non si ferma un aereo, non si ferma una tempesta, non si ferma il tempo. Quindi tanto vale prendersela con calma, con saggezza”.

Un altro capitolo ricostruisce l’incontro di Golda nel 1971 nell’ambito dell’Assemblea Generale dell’Onu con il ministro degli Esteri Aldo Moro, fautore di un patto nefasto in cui l’Italia consentiva ai terroristi arabi di svolgere, indisturbati, attività nel nostro Paese e in cambio l’Olp si impegnava a non compiere attentati in Italia.

Fiorito segue le vicende di Golda fino alla sua morte nel dicembre del 1978 e rievoca il forte impatto emotivo che ebbe la dipartita della grande statista raccontando, anche attraverso le cronache dei giornalisti presenti, i momenti salienti del funerale con 150.000 persone – scrive Arrigo Levi per La Stampa – arrivate da ogni parte di Israele ”dalle pianure costiere, fitte di agrumeti, industrie e città …dal Negev, dalla quiete del lago di Tiberiade…” per dare l’ultimo saluto a una delle protagoniste della storia di Israele a cui si riconosce di essere stata “qualcosa di più di un leader politico”.

La storia di Golda Meir, madre di Israele, rivive anche nel bel film del regista Guy Nattiv uscito nel 2023 con la l’attrice premio Oscar Helen Mirren che interpreta magistralmente la prima donna premier alla guida dello stato ebraico.

Nella drammatica congiuntura che sta attraversando Israele dopo il feroce attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre scorso, il libro di Elisabetta Fiorito è uno strumento prezioso per ripercorrere gli snodi cruciali della storia e della politica di Israele e della Palestina attraverso il percorso di una donna che ha rappresentato l’epoca dei fondatori delle Stato ebraico, che ha sempre lottato con spirito indomito per la sicurezza e la difesa di Israele ricordandoci che “La pace verrà quando un leader arabo sarà abbastanza coraggioso da desiderarlo … e quando tenderemo una mano e non troveremo un pugno chiuso”.


Giorgia Greco


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