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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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'La casa sull’acqua', di Emuna Elon 07/05/2021
La casa sull’acqua
Emuna Elon
Traduzione dall’ebraico di Elena Loewenthal
Guanda euro 18

“Non ci credevamo. ….non potevamo credere che ci arrestassero, non potevamo credere che ci avrebbero portati via di casa e rinchiusi in un campo. No, non in Olanda”

Pubblicato in Israele nel 2016 arriva in Italia con la casa editrice Guanda nella brillante traduzione di Elena Loewenthal “La casa sull’acqua”, piccolo gioiello letterario della scrittrice israeliana Emuna Elon. Molto apprezzata in patria l’autrice, che insegna letteratura ebraica ed è editorialista per Yedioth Ahronoth e Israel Hayom, ha scritto racconti, saggi e romanzi di grande successo anche per ragazzi. Protagonista de “La casa sull’acqua” è Yoel Blum, scrittore di fama internazionale nonché marito, padre e nonno di uno stuolo di nipotini. Per promuovere i suoi romanzi tradotti in tutto il mondo viaggia senza risparmiarsi. C’è un solo paese dove non si reca mai per tenere fede alla promessa fatta alla madre Sonia, l’Olanda, il luogo dove è nato e da cui è fuggito insieme alla sorellina Nettie, oltre settant’anni anni fa per sottrarsi alle deportazioni naziste e raggiungere la Palestina.

Quando però il suo agente letterario insiste affinchè si rechi ad Amsterdam, in occasione dell’uscita nelle librerie del suo terzo romanzo, rompe quella promessa e arriva nella capitale olandese senza sospettare che quel viaggio cambierà la sua vita e lo metterà dinanzi a un passato di cui non sospettava l’esistenza. Visitando la città Yoel e la moglie restano affascinati dalla pittoresca architettura di Amsterdam, dalla bellezza dei canali, dei ponti, dei viali, dalla varietà dei colori e degli edifici e ovviamente dalle persone così gentili che passano in bicicletta in quel labirinto di strisce di terraferma, in una rasserenante atmosfera di libertà. Non può mancare nelle loro peregrinazioni il vecchio quartiere ebraico con una visita al Museo Storico. Qui in una sala buia si soffermano davanti a un vecchio filmato in cui Yoel riconosce la madre in compagnia di un uomo dagli occhiali spessi che evidentemente è il padre della bambina che gli è accanto, di sicuro la sorella Nettie, con in braccio un bambino biondo dagli occhi azzurri che non può essere lui, di occhi e carnagione scuri. Un’emozione violenta si impadronisce dello scrittore che, incredulo, cerca una spiegazione riguardando quello spezzone infinite volte. Chi è Yoel Blum? Chi è quel bambino in braccio a sua madre? Un fratellino morto? “Quel che è stato è stato, è acqua passata. Tu è come se fossi nato qui in Israele, Yoel”. Gli ripeteva la madre quando il piccolo Yoel chiedeva a Sonia della sua vita prima della scuola materna di Netanya e del padre morto in una guerra remota e incomprensibile. Yoel ha una visione ricorrente in cui si vede buttato in un angolo scuro e umido, tremante di paura e di freddo, e il ricordo più recente di una conversazione con Berta Solomon, un’anziana che aveva conosciuto la madre prima che venisse in Israele, che gli fornisce dettagli circa “il treno dello scambio” sul quale Sonia non voleva salire senza suo figlio: una storia inverosimile di cui lo scrittore non ha mai saputo nulla. Dopo la scoperta sconvolgente al Museo ebraico di Amsterdam Yoel si rende conto di dover fare chiarezza nel suo passato.

Tornato in Israele si reca in Galilea nel kibbutz dove vive la sorella Nettie che lo accoglie con una verità inimmaginabile. Una verità che si rivela al lettore poco per volta, creando una tensione emotiva crescente in cui l’autrice inserisce piccoli frammenti narrativi fino a delineare il quadro finale di una storia di dolore e rinascita. Yoel torna a Amsterdam, soggiorna nel piccolo Hotel Mokom accanto a Obrechstraat a pochi isolati dal vecchio quartiere ebraico per ritrovare le tracce della sua famiglia cacciata da una città in cui molti cittadini olandesi denunciarono i vicini causandone l’arresto e poi la deportazione. Non si può dimenticare che la percentuale di ebrei olandesi morti in tempo di guerra, pari all’80%, è stata molto più alta rispetto ad altri paesi occidentali, Francia, Italia, Belgio. Con una struttura narrativa che alterna sapientemente il passato della madre Sonia al presente di Yoel alle prese con documenti d’archivio, filmati d’epoca, visite ai luoghi in cui hanno vissuto i genitori, Emula Elon delinea una storia intensa e coinvolgente, legando i fili della vita dello scrittore con quelli della madre, infermiera, del padre Eddy, medico all’ospedale ebraico, e della sorella Nettie.

Sullo sfondo ci sono le restrizioni crescenti imposte dall’occupante nazista – gli ebrei non possono più frequentare i parchi, i locali pubblici, le biblioteche, possedere una radio, gestire attività commerciali – che in breve si trasformano in persecuzioni: Eddy, rispettoso delle regole e contro il parere della moglie, sparisce dopo essersi presentato alla chiamata per il campo di lavoro. Durante una visita in sinagoga Yoel conosce Raphael, uno dei tanti bambini nascosti durante la guerra presso famiglie cristiane, che aprirà un nuovo squarcio nel passato dello scrittore. Infatti, in tutta l’Olanda con l’intensificarsi dell’occupazione si creavano reti di resistenza che spesso si appoggiavano ad associazioni mediche, confraternite studentesche e gruppi politici con lo scopo di nascondere bambini ebrei presso famiglie cristiane. Esperienze non prive di traumi e risvolti negativi per quelle creature che, pur avendo salva la vita, spesso crescevano senza sapere nulla delle loro radici ebraiche. In alcuni casi non venivano rintracciati dai genitori naturali alla fine della guerra, in altri le famiglie d’adozione si rifiutavano di restituirli alle famiglie d’origine.

Sul tema molto controverso della resistenza olandese meritano di essere conosciuti il libro della scrittrice israeliana Tami Shem Tov “Ci vediamo a casa, subito dopo la guerra” (Piemme, 2010) e quello dell’autore olandese Bart Van Es “La ragazza cancellata” (Guanda, 2018), entrambi recensiti in queste pagine. Dell’identità del bambino biondo comparso nel filmato del Museo ebraico di Amsterdam si intuisce il collegamento con lo scrittore israeliano ma la verità si farà strada lentamente, con una suspense crescente. Sebbene immaginiamo, a un certo punto, l’epilogo, l’autrice è bravissima a tenere alta la tensione fino all’ultima pagina coinvolgendo il lettore grazie ad una scrittura elegante e a una prosa coinvolgente. Con una cifra linguistica che cambia passo nello sviluppo della trama aggiungendo forza espressiva ai contenuti, il libro di Emuna Elon ha il pregio di raccontare una vicenda autentica capace di tenere viva, oggi più che mai, la memoria di un pezzo di Storia europea rimuovendo l’oblio e nutrendosi di speranza.


Giorgia Greco

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