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Carlo Panella
Islam
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Il Marocco riconosce Israele e rende l’Accordo di Abramo davvero decisivo per il futuro della regione 12/12/2020
Il Marocco riconosce Israele e rende l’Accordo di Abramo davvero decisivo per il futuro della regione
Analisi di Carlo Panella

Il fatto più importante della settimana, Marocco e Israele | Sicurezza  internazionale | LUISS

Il riconoscimento di Israele da parte del regno del Marocco fa compiere un salto di qualità decisivo all’Accordo di Abramo già siglato da Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Sudan. Innanzitutto per una ragione religiosa, proprio quella che consiglia sinora all’Arabia Saudita, vera promotrice e regista dell’Accordo, di tenersi per il momento in disparte perché la sua dinastia ricopre la carica religiosa di Custode dei Luoghi Santi, la Mecca e la Medina. Il re del Marocco, Mohammed VI, della dinastia alauita, è infatti l’unico sovrano arabo che vanta una discendenza diretta dal Profeta, in quanto diretto discendete dal matrimonio tra Fatima, la figlia di Maometto, e Ali il quarto Califfo “ben guidato”. Ignota alle menti occidentali, questa discendenza ha invece un grandissimo peso nel mondo islamico, tanto più che il “rifiuto arabo di Israele” ha sempre avuto, prima ancora che una motivazione nazionalista, origini nette in una pregiudiziale religiosa e coranica.

Dunque, il fatto che un sovrano diretto discendente del Profeta riconosca senza condizioni il diritto di Israele ad essere Stato degli ebrei, ha un grande peso e faciliterà senz’altro la dinastia Saudita a compiere lo stesso passo. Nessun dubbio inoltre vi può essere sul ruolo decisivo svolto da re Mohammed VI in questa decisione. Il governo del Marocco, unico e solo paese arabo nel quale si svolgono effettive e reali elezioni democratiche, è infatti diretto da una componente moderata dei Fratelli Musulmani, il Pjd, Partito della Giustizia e dello Sviluppo, senz’altro non molto incline a questa mossa. Ma nel sistema costituzionale marocchino il re, che ha la qualifica di Emiro dei Credenti (quindi dei musulmani, dei cristiani e degli ebrei) svolge un ruolo primario e decisivo nelle scelte di politica estera e, ovviamente, nelle scelte che attengono la religione. Da qui, la sua piena legittimità costituzionale a deliberare un accordo che non a caso si riferisce ad Abramo, profeta riconosciuto dalle tre Religioni del Libro. Peraltro, questa decisione è stata preparata da un lungo processo di inclusione dell’ebraismo e degli ebrei nella società marocchina operato con vigore da Mohammed VI. Questo, dopo che negli anni cinquanta e sessanta decine di migliaia di ebrei perseguitati erano fuggiti dal Marocco verso Israele (oggi ben 10 ministri di Israele sono di origine marocchina). Già suo padre Hassan II, nel 1991 aveva nominato un ebreo, André Azoulay consigliere della Corona, fatto clamoroso, unico tra i paesi islamici, ma soprattutto Mohammed VI (che ha nominato una ebrea marocchina Audrey Azoulay, figlia di André, alla direzione dell’Unesco), nel 2011 ha patrocinato con forza innovativa una nuova costituzione che riconosce gli ebrei come parte integrante del popolo marocchino: «L’Unità del Regno del Marocco, forgiata dalla convergenza delle sue componenti arabo-islamiche, berbere e sarahui si è nutrita e arricchita delle sue affluenze africane, andaluse, ebraica e mediterranee». Inoltre, da anni, sempre su impulso della Corona e nonostante governi controllati dai Fratelli Musulmani, il Marocco ha intessuto con Israele strettissimi e intensi rapporti economici, finanziari e industriali, tanto che ogni anno 50.000 israeliani si recano nel Regno (anche per ritornare alle loro origini). Ma grande è anche l’apporto che il Marocco darà da oggi in poi alla capacità di attrazione geopolitica verso il patto di Abramo nei confronti dei paesi islamici dell’Africa. Tutta la politica estera del regno e quella personale di re Mohammed VI si è infatti diretta da anni verso l’obiettivo, in larga parte conseguito, di fare del Marocco il paese leader di un network diffuso e capillare in tutta l’Africa sul piano economico, bancario, delle telecomunicazioni e del Hi Tech.

Oltre che, naturalmente, sul terreno della lotta al jihadismo. È così più che possibile che l’esempio del Marocco porti nel breve periodo molti paesi islamici del Sahel a siglare l’Accordo di Abramo: Mauritania, Mali, Niger, Burqina Faso… Il tutto, offrendo a Israele un ulteriore rafforzamento non solo geopolitico, ma anche di penetrazione economica in Africa, da sempre strategia prioritaria della sua politica estera. Non stupisce peraltro che il Marocco apprezzi in particolar modo la dichiarata vocazione anti iraniana dell’Accordo di Abramo. In forte polemica da anni nei confronti del regime degli ayatollah e tradizionalmente in sintonia e alleanza con l’Arabia Saudita, Mohammed VI ha infatti rotto le relazioni diplomatiche tra Marocco e Repubblica Islamica dell’Iran nel maggio del 2018 in risposta al riconoscimento da parte di Teheran della Rasd, la repubblica fantoccio governata dal Polisario che l’Algeria ha instaurato e armato nel Sahara Occidentale, nel nome di una secolare politica tribale anti marocchina della etnia che controlla il regime di Algeri. Ora, Donald Trump ha non a caso unito la notizia dell’ingresso del Marocco nell’Accordo di Abramo, col riconoscimento pieno da parte degli Stati Uniti della sovranità marocchina sul Sahara Occidentale. Un contributo fondamentale alla chiusura di una crisi che si trascina dal 1975, oggi ultimo retaggio della Guerra Fredda (tutto il blocco sovietico si schierò compatto con il Polisario e l’Algeria e contro il Marocco) che vede oggi ben 163 nazioni, l’85% di quelle rappresentate all’Onu, non riconoscere la Rasd, sostenuta dall’Algeria. Un riconoscimento americano tanto più apprezzato da Rabat, nel momento nel quale il regime algerino, attraversato da una crisi economica e di credibilità politica endemica, ha deciso di rompere la tregua siglata nel lontano 1991 e di far riprendere i combattimenti al Polisario che il 20 novembre scorso ha avventuristicamente dichiarato un nuovo lo “stato di guerra” contro il Marocco.

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Carlo Panella
Giornalista, scrittore, autore de “Il libro nero del Califfato”


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