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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Diego Gabutti
Corsivi controluce in salsa IC
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Periscopio 12/07/2022
Riprendiamo da ITALIA OGGI di oggi, 12/07/2022, "Periscopio" a cura di Diego Gabutti.

Zelensky sfida Putin: «Non cederemo alla Russia nessuna delle nostre terre»  - Giornale di Sicilia
Vladimir Putin

Sono più di 8,79 milioni le persone che hanno lasciato l’Ucraina dal 24 febbraio, quando è iniziata l’aggressione militare russa. Lo ha dichiarato l’Unhcr, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite che si occupa di rifugiati, sul proprio sito Internet. larepubblica.it

Alle grandi pestilenze nella storia sono sempre seguiti periodi più o meno lunghi di crisi dei valori, confusione, perdita dell’equilibrio. E ora? Dopo la peste totalitaria? Certi mentori filosofici, predicatori religiosi e imbroglioni politici ci consolano dicendo che il fumo nero del contagio totalitario dato alle fiamme si è già da tempo dissolto nell’aria. Non ci credo. Gustaw Herling, Diario scritto di notte.

Il tempo di un frastuono e due donne di fronte a una stazione di servizio alzano le mani al capo, poi gli occhi al cielo e cercano un posto dove ripararsi. Pochi secondi dopo il secondo colpo. Un anziano abbandona la bicicletta lungo la strada e cerca riparo tra i cespugli. Le poche auto civili accelerano in direzione di Kramarorsk. […] I russi hanno colpito la base, dice un soldato. Ha il volto affaticato, le mani sporche di grasso, avrà poco più di vent’anni. Francesca Mannocchi, La Stampa.

Valeriy è appoggiato al muro, le dita ticchettano sui mattoni dietro la sua schiena, gli occhi fissi, umidi, concentrati a guardare dritto di fronte a lui i soccorritori che cercano i corpi tra le macerie. Alle nove di mattina sono già sei i cadaveri estratti dall’edificio a cinque piani di cui non resta che un mucchio di detriti. Erano da poco passate le nove, sabato sera, quando il primo missile russo ha colpito gli edifici residenziali di Chasiv Yar. Francesca Mannocchi, Il secolo XIX.

Ci stiamo abituando anche a questo: l’orrore del Donbass, i missili che piovono, i civili che muoiono. Tutto è già quasi routine, almeno per la nostra coscienza morale. […] Del conflitto russo-ucraino valutiamo il costo economico, più che il conto delle vittime. Quanto rincara la bolletta del gas, il pieno di benzina, la spesa al supermercato? Quando scatteranno le restrizioni alle forniture di energia, di aria fredda o di acqua calda? Massimo Giannini, La Stampa.

Secondo i sondaggi molti connazionali pensano che non avremmo dovuto aiutare l’Ucraina a difendersi dall’aggressione russa. L’insieme degli italiani che la pensano così può essere rappresentato come una torta a due strati. C’è lo strato superiore, il più sottile, composto dai politicizzati: pacifisti più o meno finti, putiniani di diverse gradazioni, tutti, comunque, antiamericani. C’è poi lo strato inferiore, molto più ampio, composto da coloro che pensano che la nostra partecipazione allo sforzo occidentale li danneggi personalmente: le bollette che salgono, l’inflazione. Angelo Panebianco, CorSera.

Migliaia di russi hanno abbandonato il loro paese e raggiunto l’Europa, soprattutto gli stati baltici, alcuni paesi dell’Asia centrale, la Turchia… Non tutti sono oppositori. Alcuni avevano paura, per loro e per i propri figli, di una coscrizione generalizzata. Altri sono partiti perché temevano di non poter più lavorare, in particolare nel campo del digitale. […] A questi si aggiungono i ricercatori e gli universitari, una classe media superiore che cerca di liberarsi dal giogo che le viene imposto. Françoise Daucé, Le Monde.

Si fa presto a dire «Fuck Putin». Basta stare su un palco [come l’altra sera i Maneskin a Roma] ed essere certi che Putin non busserà mai alla tua porta. Maurizio Belpietro, La Verità.

Una guerra nucleare tattica è molto probabile perché chi detiene armi e potere si è già impegnato direttamente in un conflitto che certamente porta alla distruzione dell'Ucraina e dell'Europa. [Alé]. Fabio Mini, il Fatto.

L'è el dì di mort, alegher! Fabio Tessa.

Giuseppe Conte, all’estero, non se lo ricorda più nessuno, per quanto lui e i suoi amici si vantino di avere lasciato il segno con i finanziamenti europei al piano di ripresa e resilienza. Che tuttavia egli non riuscì a tradurre in un progetto concreto. E quando vi provvide Draghi e qualcuno alla Commissione Europea storse il naso su alcuni particolari, ritenuti non adeguatamente contabilizzati e credibili, bastò che il nuovo presidente del Consiglio dicesse «garantisco io» perché tutto passasse. Ve lo immaginate un «garantisco io» di Conte?  Francesco Damato, graffidamato.com.

«Le urgenze che abbiamo posto non sono urgenze che richiedono una pronta risposta», ha detto Giuseppe Conte. Sono urgenze che possono aspettare. Urgenze rinviabili. Differibili. Prorogabili. Urgenze che non urgono. Altrimenti lui l’avrebbe detto chiaro e tondo, a Draghi: «Sono urgenze urgenti, urge affrontarle urgentemente». Sebastiano Messina, la Repubblica.

Muoiono i vaccinati, non i no vax. Titolo della Verità.

Non si può vincere una battaglia? Entrano subito in gioco la cultura del sospetto e la logica del risentimento: lui non è più bravo di me, ha barato, non mi ascolta. […] Uno dei tratti più marcati del risentito è la sua spropositata sete di giustizia universale. Aldo Grasso, CorSera.

Il maggior difetto degl’italiani non è quello di essere servili. È quello di voler sempre a tutti i costi accusare qualcuno di averli asserviti. Indro Montanelli, Se non mi capite, l’imbecille sono io.

L’American Civil Liberties Union, la principale organizzazione per i diritti civili in America, ha scritto: «Vietare l’aborto causa danni sproporzionati a persone di colore, comunità Lgbtq, immigrati, giovani, quanti lavorano per sbarcare il lunario, persone con disabilità». «Questo tweet ha trascurato di menzionare una fascia demografica rilevante: le donne», commenta persino il New York Times. Giulio Meotti, il Foglio.

Buon politico è chi sa cosa dire; gran politico, chi sa quando tacere. Roberto Gervaso.

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Diego Gabutti

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