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Diego Gabutti
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'Sotto una stella crudele. Una vita a Praga 1941-1948': Heda Margolius Kovály racconta i crimini di nazismo e comunismo 17/04/2020
'Sotto una stella crudele. Una vita a Praga 1941-1948': Heda Margolius Kovály racconta i crimini di nazismo e comunismo
Recensione di Diego Gabutti


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Heda Margolius Kovály, Sotto una stella crudele. Una vita a Praga 1941-1948, Adelphi 2017.


Prima Auschwitz, dove l’intera sua famiglia, bambini e vecchi compresi, finì nei forni, insieme ad altri sei milioni d’ebrei, inghiottiti lì e negli altri campi di sterminio; e poi, una volta fuori dai campi nazi, il ritorno a Praga e la Cecoslovacchia bolscevica, dove il suo primo marito, Rudolf Margolius, viceministro del commercio estero, viene impiccato insieme ad altre quattordici vittime (undici di religione ebraica) del Terrore stalinista a conclusione del processo all’ex segretario generale Rudolf Slánský, forse il più importante dei patiboli intorno ai quali presero forma le democrazie popolari dell’est europeo. Ebrea praghese, ex deportata, illustratrice e traduttrice sopravvissuta per un pelo ad Adolf Hitler, Heda Margolius Kovály fu abbastanza tosta (e fortunata) da sopravvivere anche a Iosif Vissarionovič Džugašvili, il Padre dei Popoli. Insieme, Hitler e Stalin avevano realizzato gli incubi e le allucinazioni di Franz Kafka, che proprio a Praga – città magica e «premeditata», come diceva Dostoevskij di San Pietroburgo – ebbe le sue visioni d’una burocrazia satanica e d’una magistratura stregata, da Notte di Valpurga. Fu lì, sotto questa «stella crudele», che Heda Kovály fu prelevata un mattino dalle SS, e fu lì che cercò rifugio dopo essere fuggita dal lager durante una marcia di trasferimento. Erano le ultime settimane di guerra, l’Armata rossa stava entrando nel paese da est, la Wehrmacht si precipitava verso ovest senza trascurare di compiere gli ultimi massacri, ma tirava ancora una brutta aria e – anche se tutti i praghesi esultavano al pensiero che presto sarebbero stati di nuovo liberi – la ragazza che aveva salutato sua madre per l’ultima volta mentre veniva spinta dalle SS verso il giardino dei supplizi del dottor Mengele non trovò praticamente nessuno disposto a rischiare d’ospitarla.

Entrare nella resistenza, ed essere d’aiuto ai perseguitati, non era facile per nessuno, naturalmente: chi aveva figli di cui preoccuparsi, chi era ammutolito dalla paura, chi era sopravvissuto perché non aveva avuto pietà che di se stesso, chi era sceso a patti con i persecutori e non sapeva più quale fosse la sua parte. Ombre e fantasmi di questa miseria morale s’allearono con l’ingenuità politica di chi voleva cambiare il mondo affinchè un Hitler non fosse mai più possibile (già Hitler era stato l’araldo d’un simile cambiamento, ma né l’intellighenzia né la classe operaia cecloslovacca l’avevano capito). Come si sarebbe visto con l’occupazione sovietica del paese, Praga era stata indemoniata dal più malvagio e astuto dei demoni, l’Utopia rivoluzionaria. Da città del Golem, che correva al soccorso degli ebrei minacciati di sterminio, s’era trasformata nella città del Castello – la città delle Metamorfosi e dei Giudici di Kafka. Ai rastrellamenti nazisti seguirono le retate staliniste e l’età dei processi farsa. Madre e vedova, comunista pentita, perseguitata dagli ex compagni di partito com’era stata perseguitata dagli antisemiti, Heda Kovály passò attraverso tutto l’inferno: le impiccagioni, il XX Congresso del PCUS e le riabilitazioni, la guerra fredda, la primavera di Praga e i carri armati, quando i comunisti di tutto il mondo applaudivano l’Armata rossa che rovesciava il regime controrivoluzionario d’Alexander Dubček e dei suoi riformisti nemici (per definizione) del popolo. Grande libro, Sotto la stella crudele è anche un libro raro, specie in Italia, dove la storia del comunismo non viene raccontata volentieri (soltanto i post comunisti, che la inzuccherano, sono autorizzati a parlarne). A Praga, come sanno i turisti, del comunismo non c’è più traccia. È stato cancellato, come un brutto ricordo, come un peccato da dimenticare.

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Diego Gabutti

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