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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Abu Mazen fa il doppio gioco. Perché Hamas è troppo forte 18/08/2007

Quando una settimana fa l'Anp di Abu Mazen pagò lo stipendio a 3.500 miliziani di Hamas, il sospetto che giocasse su due tavoli era venuto a molti. Un gioco neanche tanto sotterraneo perchè coinvolgeva, nel tentativo di far rientrare Hamas nell’alleanza con Fatah,  anche diversi governi della regione, primo fra tutti quello egiziano. Il sospetto è diventato adesso realtà, perchè l' invito al governo di unità nazionale Abu Mazen lo ha  dichiarato in modo iniquivocabile, e lo ha fatto dopo aver incontrato l' altro giorno Taro Aso, il ministro degli esteri giapponese, in visita con un aiuto economico da 20 milioni di dollari, che vanno ad aggiungersi a quelli già ricevuti nelle scorse settimane da Israele. E’ vero che erano somme dovute per tasse già incassate per l'esportazione di prodotti palestinesi, ma l'accordo era che nemmeno un dollaro doveva finire ad Hamas, mentre invece, come buon peso, oltre agli stipendi versati, l'Anp ha pure provveduto a fornire agli alti funzionari di Hamas a Gaza automobili da 70.000 dollari l' una. Era dunque questa la rigida posizione invocata da Abu Mazen in tutte le sedi, comprese quelle internazionali, nelle quali sorrideva stringendo le mani ad Ehud Olmert, rilasciando dichiarazioni durissime contro gli avversari, chiamati “criminali che assassinavano i propri fratelli”. Israele ha finora reagito con un avvertimento. Se Hamas rientra nel governo palestinese, verranno interrotti i rapporti con l'Autorità palestinese. Come è avvenuto per l'apertura di Prodi, definita ieri sul Jerusalem Post una “ bancarotta morale”, ora Hamas brinda, e ne ha tutte le ragioni. In più, ha liberato nove attivisti  che erano stati incarcerati un mese fa con l' accusa di voler organizzare un commando di Hamas nel West Bank. L' ordine di scarcerazione è stato firmato dallo stesso Primo Ministro Salaam Fayad, quello che, fino a pochi giorni fa, veniva insultato da Hamas quale servo degli “americani e dei sionisti”. Era quindi tutto vero, c'’erano i colloqui segreti mentre a Jericho tutto sembrava andare nel migliore dei mondi possibili fra Olmert e Abu Mazen, ma, per quest’ultimo, era solo un temporeggiare per venire in possesso delle somme girate poi in parte ad Hamas. Ciò malgrado, la reazione israeliana, chiara ma nello stesso tempo di basso profilo, lascia capire che, se cade la carta Abu Mazen-Fayad, salta tutta la politica decisa insieme all’alleato americano. Per questo tutto sembra procedere come prima, come se nulla fosse successo.Ieri, l' esperto di affari palestinesi Khaled Abu Toameh, scriveva che l'atteggiamento di Abu Mazen si può interpretare come il riconoscimento di una sconfitta, si è reso conto che gli appoggi di cui gode Hamas sono troppi e troppo forti, specialmente nel mondo arabo, da permettergli di pensare di sconfiggerlo. Venire a patti, sarà per lui l'uscita di scena. Qualcuno, all' interno stesso dell’Anp, dice che è stanco, che non si ripresenterà in caso di elezioni. In altre parole che ha perso la partita. D'altra parte la debolezza e l'ambiguità non hanno mai portato risultati. Ma lo status quo non è interesse di Israele, lo aveva capito bene Ariel Sharon, quando progettò il suo piano per arrivare alla separazione definitiva con i palestinesi. Un piano che è ancora quello del governo di Ehud Olmert, ma che procede attraverso mille difficoltà. Non ultima la scomparsa dell'unico partner credibile con il quale firmare la pace. E l'arrivo, senza più rivali, di Hamas.
Angelo Pezzana
da Libero del 18 agosto 2007


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