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Manfred Gerstenfeld
Israele, ebrei & il mondo
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Shoah e la Memoria: La Polonia 22/01/2012

Shoah e la Memoria: La Polonia
Manfred Gerstenfeld intervista David Bankier

 (Traduzione di Angelo Pezzana)

 
Manfred Gerstenfeld   David Bankier      Churchill con i soldati polacchi

“ Gia nel 1941 e 1942, gli Alleati avevano studiato come riorganizzare l’Europa del dopo-Hitler. Ma americani, inglesi e russi, in quei progetti per il futuro, non avevano incluso la questione ebraica, né sul futuro degli ebrei vi era traccia nei documenti redatti dai governi in esilio, sia a Londra che altrove. Non vi erano piani, al massimo vaghi accenni”.

David Bankier (1947-2010) è stato professore all’Università Ebraica di Gerusalemme. Fino alla sua morte, è stato anche direttore dell’ Istituto Internazionale per la Ricerca sulla Shoah a Yad Vashem. Le sue ricerche riguardavano la società tedesca, la politica nazista e il problema dei sopravvissuti.

Bankier dice: “ L’attitudine dei leader polacchi è particolarmente rivelatrice, perché prima della guerra in Polonia vivevano tre milioni e mezzo di ebrei, circa il 10% della popolazione. La maggior parte delle organizzazioni clandestine, sapevano che gli ebrei polacchi sarebbero stati sterminati e che la Polonia del dopo-Hitler sarebbe stata un paese senza ebrei. 

 “ Quelli che fossero sopravvissuti avrebbero dovuto lasciare il paese dopo la guerra. Questa era anche l’opinione dell’Organizzazione Zegota, un Centro per l’Aiuto agli ebrei nella resistenza polacca. Fra loro vi furono persone che rischiarono la propria vita, ricordo Zofia Kossak-Szczucka, una fervente cattolica, scrittrice famosa e una dei fondatori di Zegota. Il fatto che pensasse alla Polonia come a un paese dove gli ebrei non potessero vivere è indicativo dei reali sentimenti dei polacchi in quegli anni. “ In un articolo intitolato ‘ Chi aiutiamo ?’, scritto nell’agosto del 1943, Kossak-Szczucka delineava quale avrebbe dovuto essere il comportamento dei polacchi nel dopo guerra: “ Gli ebrei affrontano oggi lo sterminio. Sono vittime di una ingiusta e criminale persecuzione. Io devo salvarli. Fai agli altri quel che vorresti facessero a te, questo comandamento mi impone di usare tutti mezzi a mia disposizione per salvare altri, gli stessi che userei per salvare me stessa. Dopo la guerra la situazione sarà sicuramente diversa, le leggi saranno identiche, per gli ebrei e per me. In quel momento dirò agli ebrei: vi ho salvato, protetto quando eravate perseguitati. Per salvarvi ho rischiato la mia stessa vita e quella dei miei cari. Adesso nessuno più vi minaccia. Avete i vostri amici e, per alcuni versi, state meglio di me. Ora vi chiedo di andarvene, stabilitevi altrove. Vi auguro buona fortuna e sarò felice di darvi una mano. Non voglio farvi del male, ma in casa mia non vi voglio. E’ un mio diritto “

 “ Gli ebrei non erano considerati parte del tessuto sociale polacco. I loro antenati erano vissuti in Polonia per 900 o 1000 anni, eppure per la maggioranza dei polacchi rimanevano degli stranieri. Erano in molti a non vedere nella catastrofe che si era abbattuta sugli ebrei una tragedia per la nazione polacca. Per bene che andasse, vi vedevano due tipi paralleli di tragedie provocate dai tedeschi, una riguardava la nazione polacca, l’altra gli ebrei.

 “ Con l’eccezione di qualche socialista o qualche movimento clandestino comunista, i polacchi non hanno mai collegato queste due tragedie, dicendo che le disgrazie degli ebrei erano parte di quelle dei polacchi. Chi apparteneva al centro o alla destra non vedeva negli ebrei dei concittadini. Così le loro sofferenze non potevano essere quelle dei polacchi. Che gli antenati degli ebrei, che hanno vissuto così a lungo in Polonia, avessero cittadinanza e passaporto polacco, era una pura formalità, che non comportava diritti o privilegi.

“ Quando c’erano da redigere dei rapporti riguardanti gli ebrei, il governo polacco in esilio a Londra provava imbarazzo. Ciò che avrebbero detto sarebbe arrivato agli inglesi, agli americani, alle organizzazioni ebraiche, per cui dovevano stare attenti. In genere, dichiaravano che dopo la guerra, tutti gli ebrei sopravvissuti sarebbero ritornati in Polonia, nella pienezza dei loro diritti.

“ Erano obbligati a parlare così, malgrado il fatto che molti leader in esilio fossero da lunga data anti-semiti. La maggioranza del Consiglio Nazionale della Repubblica Polacca a Londra era formata da nazionalisti, che non consideravano gli ebrei parte integrante della nazione polacca, malgrado dentro al Consiglio vi fossero rappresentanti ebrei, come Ignacy Schwarzbart per i Sionisti e Artur Zygelbojm per il Bund. Fra i militari polacchi in Occidente vi era un profondo anti-semitismo, che spinse alcuni ebrei in Scozia ad abbandonare quei reparti. Diverse organizzazioni ebraiche protestarono con il governo in esilio contro questo anti-semitismo.

 “ Il fattore economico giocò un ruolo importante nella politica contro gli ebrei nelle organizzazioni clandestine polacche. Divenne poi ancora più evidente quando gli ebrei, alla fine della guerra, vollero tornare alle loro case. Contro di loro si scatenarono violenti attacchi, nei quali vi furono anche vittime.

 Manfred Gerstenfeld è Presidente del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta.

This is a shortened version of an interview with Prof. Bankier which Manfred Gerstenfeld published in his book Europe Crumbling Myths; The Post-Holocaust Origins of Today’s Anti-Semitism. The book can be downloaded for free at:
http://www.jcpa.org/indexph.asp#


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