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Giovanni Quer
Medio Oriente politica e società
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La morte di Shirin Abu Aqleh: una tragedia manipolata per esacerbare il conflitto 14/05/2022
La morte di Shirin Abu Aqleh: una tragedia manipolata per esacerbare il conflitto
Analisi di Giovanni Quer

Cisgiordania, la giornalista Shireen Abu Akleh uccisa con un colpo al volto  - Gazzetta del Sud
Shirin Abu Aqleh

Mercoledì 11 maggio è morta la giornalista Shirin Abu Aqleh, di 51 anni, durante uno scontro a fuoco tra soldati israeliani e miliziani palestinesi a Jenin, nel contesto di un’operazione militare per l’arresto dei coinvolti negli attentati che hanno colpito Israele negli ultimi mesi. Shirin Abu Aqleh era una giornalista di Gerusalemme, molto apprezzata e conosciuta nel mondo arabo sin dai tempi della seconda intifada. Lavorava per al-Jazeera come corrispondente da Israele e territori palestinesi. Il medico palestinese che ha condotto l’autopsia, il dott. Riyan al-Ali del dipartimento di patologia dell’Università di Al-Najah, ha detto che non è possibile determinare chi abbia sparato a Shirin Abu Aqleh. Il referto dell’autopsia non è ancora stato pubblicato e quel che si sa è solo che è stata colpita alla testa da un proiettile di alto calibro. Già mercoledì Israele aveva richiesto che il proiettile trovato nel corpo della giornalista fosse trasferito per ispezione, richiedendo anche una commissione congiunta con esperti israeliani, palestinesi e americani. L’autorità palestinese ha rifiutato, dichiarando poi che i risultati delle analisi indicano che sia stata colpita da fuoco israeliano e l’America non ha fatto pressione in tal senso. L’episodio che ritorna in mente è quello di Muhammad al-Durrah, di 12 anni, morto durante uno scontro a fuoco tra Israele e miliziani palestinesi a Gaza nel settembre 2000, all’inizio della Seconda Intifada. Della morte di Muhammad al-Durrah è stata accusata Israele, anche se poi è emerso che non si sa chi sia stato a sparare. L’episodio si è già trasformato in una questione internazionale. L’emiro del Qatar, Sheikh Tamim bin Hamad al-Thani, che si trova in visita in Iran, ha detto giovedì a una conferenza stampa cui ha partecipato anche il presidente iraniano Ibrahim Raisi, che Israele è colpevole della morte di Shirin Abu Aqleh e che i responsabili devono esser portati in giudizio. La rete televisiva al-Jazeera, per cui lavorava la Abu Aqleh, è il gigante mediatico del Qatar, che anche ha confermato le accuse a Israele. Gli elementi su cui si può per ora argomentare sono due: il proiettile e la posizione della giornalista durante lo scontro a fuoco. L’esercito israeliano ha in dotazione dei fucili M-16, usati anche dai miliziani palestinesi assieme ai Kalachnikov. Sulla questione della direzione del proiettile, una notizia arriva dall’organizzazione israeliana B’Tselem, che ha pubblicato una foto area da cui emergerebbe che Shirin Abu Aqleh sarebbe stata colpita all’entrata del campo profughi di Jenin, con specificate le posizioni dei soldati israeliani e dei miliziani; ne emerge anche che la traiettoria dei proiettili non renderebbe possibile che sia stata Israele a colpire la giornalista. Oggi ci saranno i funerali di Shirin Abu Aqleh, che sono quasi funerali di Stato per la presenza di politici e alti ufficiali - e questo per far capire il calibro della giornalista. La paura è che i funerali si trasformino in episodi di violenza, e la polizia è pronta a nuovi scontri. La tragedia si è già trasformata anche in un’occasione di manifestazioni nazionaliste, anche nelle università. A Gerusalemme alcuni studenti hanno manifestato in protesta cantando: “sionisti via, il sangue degli shahid vi chiama” oppure “Gerusalemme è araba”. Più passa il tempo, più la tragedia della morte di Abu Aqleh diventa una scusa per chi vuole un’escalation del conflitto, in un contesto in cui Hamas tenta di creare un fronte contro Israele nella West Bank, come gli attentati degli ultimi mesi dimostrano.


Giovanni Quer (1983),
ricercatore presso il Dayan Center for Middle Eastern and African Studies presso Università di Tel Aviv

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