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Ugo Volli
Cartoline
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Poveri palestinesi, non se li fila più nessuno 28/05/2018

Poveri palestinesi, non se li fila più nessuno
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

A destra: un "povero palestinese"

Cari amici,
ci sono stati nelle ultime settimane, anzi sono ancora in corso due o tre episodi che mostrano quanto sia diventato irrilevante la “questione palestinese”, come una volta si usava pomposamente definirla. Ormai è abbastanza chiaro che Trump si regola secondo qual che gli pare giusto, senza chiedere il permesso all’Autorità Palestinese (https://www.israelnationalnews.com/Articles/Article.aspx/22190) e chi si illudeva che l’Europa potesse subentrare a Obama come un efficace sostegno per la loro lotta, non ha evidentemente capito nulla dell’impotenza strutturale dell’Unione Europea, anzi probabilmente no ha mai guardato in faccia con qualche penetrazione psicologica l’”Alta” Rappresentante dell’Europa nel mondo, Federica Mogherini.

La prima è il tentato assalto al confine israeliano di Gaza, che non solo è fallito sul piano militare, com’era ovvio, ma anche su quello politico e diplomatico. Si è scaldato Erdogan, che no perde occasione di esprimere il suo odio per Israele, si sono agitati politici e media europei, programmaticamente antisraeliani. C’è stato il rituale del voto contro Israele di qualche irrilevante consiglio dell’Onu, nell’unico che conta (il consiglio di sicurezza) no si è arrivati finora neanche al voto. Le reazioni di piazza sono state debolissime dappertutto, anche nei paesi arabi e nei territori dell’Autorità Palestinese. In Europa si è rafforzata l’identificazione dei gruppuscoli estremisti con la causa palestinista (si veda l’attentato NO TAV contro il Giro d’Italia), ma neppure le comunità arabe si sono mosse. Il confronto con quel che accadde nel 2014 è impietoso: la causa di Hamas non mobilita nulla.

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La seconda faccenda è connessa con questa. Sapevate, cari amici, che è in navigazione una nuova flottiglia per Gaza, che ha preso il mare una settimana fa dalla Norvegia, che dovrebbe arrivare a Gaza a fine luglio, dopo essere passata per molti porti europei? No, probabilmente non lo sapevate, anche se le informazioni sono pubbliche (potete trovarle qui: http://www.terrorism-info.org.il/en/flotilla-gaza-strip-update-may-24-2018/. Il fatto è che gli avventurosi marinai e il loro piccolo naviglio non interessano a nessuno, e anzi incontrano molte difficoltà tecniche e burocratiche. Anche questo è un segno di disinteresse. Magari a Napoli l’ineffabile sindaco De Magistris si commuoverà, ma col suo collega Leoluca Orlando sarà fra i pochi.

Il terzo episodio è più importante sul piano strategico. Il ciclo politico, se non quello di vita, di Mohamed Abbas, alias Abu Mazen, sta terminando. Dopo essere stato sottoposto due mesi fa a un ricovero a Baltimora, poi a una breve operazione al cuore, poi a un’”operazione all’orecchio” che ha richiesto tre ricoveri in una settimana, l’ultimo ancora in corso dopo parecchi giorni, anche perché il “mal d’orecchi” è forse una polmonite o anche peggio.

Inevitabilmente è iniziata la battaglia per la successione, il cui tema fondamentale non è chi diventerà il nuovo presidente (o dittatore, se le parole hanno senso) dell’Autorità Palestinese, ma se ci sarà ancora un’Autorità Palestinese come la conosciamo: più nazionalista che islamista, se non propriamente laica, e legata a Israele con uno strano ma funzionante rapporto conflittuale, per cui lo Stato ebraico fornisce a Ramallah acqua, elettricità, soprattutto i soldi delle dogane e la sicurezza contro i tentativi di colpo di stato di Hamas, e in cambio Abbas previene la sollevazione generale dei numerosi terroristi armati che ha ai suoi ordini, spesso rivestiti dell’uniforme di forze di polizia formate e armate dagli americani. Il che non impedisce naturalmente all’Autorità Palestinese di incitare al terrorismo spicciolo e a Israele di intervenire anche nei territori amministrati dall’AP, quando ne vede la necessità. Tutto questo potrebbe crollare, se nel trambusto dopo la morte o l’incapacità di Abbas emergesse la forza di Hamas, meglio organizzata e più popolare di Fatah; o magari ci fossero accordi di spartizione fra Hamas e qualche candidato alla successione.

Questo è un punto importantissimo per Israele, che naturalmente non può tollerare organizzazioni attivamente terroriste a tre chilometri dal centro di Gerusalemme o a venti da quello di Tel Aviv. Non si aprirebbe i questo caso un problema propriamente militare, ma certamente di ordine pubblico sì. E certamente la sanguinosa sceneggiata di Gaza organizzata da Hamas va letta in questo contesto. Ci sarebbero dunque molte ragioni di interesse in questa storia, ma al di fuori di Israele di questi sviluppi non si parla affatto.

Perché? Perché a parte i facili slogan ideologici (diciamolo pure: antisemiti) sui poveri palestinesi oppressi e sui cattivi israeliani che mangiano i bambini, dei palestinesi non importa niente a nessuno. E’ vero che sono musulmani e questo li rende buoni, ma sono troppo pochi per invadere l’Europa e non hanno neanche il petrolio dell’Iran. Se non ammazzassero ogni tanto qualche ebreo, l’Europa li ignorerebbe completamente.

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Ugo Volli


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