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Ugo Volli
Cartoline
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La fine dell'impero 10/11/2013

La fine dell'impero
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici,

vi ricordate quando è caduto l'Impero Romano? Sì, giusto: il 4 settembre 476, quando Odoacre depose e uccise Romolo Augustolo. Probabilmente la fine era iniziata molto prima, con la crisi del III secolo fra la dinastia dei Severi e Diocleziano. Certamente, quando morì Agostino nel 420, Ippona nell'attuale Algeria era assediata dai Vandali e l'impero non era più in grado di assicurare la sicurezza da nessuna parte; e del resto già trent'anni prima, nel 390, Ambrogio aveva lasciato fuori dalla porta della sua cattedrale in penitenza l'Imperatore Teodosio per un suo atto di giustizia contro i devastatori di una sinagoga a Salonicco - un gesto eversivo dell'autorità dell'impero che fu poi ripetuto in pieno Medioevo, nel 1077, da Gregorio VII contro Enrico IV a Canossa.
Comunque sia, una data per i grandi avvenimenti storici ci vuole, una data fa comodo - almeno il mese se non il giorno. Bene, cari amici, prendete le vostre agende possibilmente cartacee, quelle elettroniche non durano abbastanza, e segnatevi la data di oggi, di questa settimana, di questo mese. E' possibile che uno storico del futuro fissi ad oggi la caduta dell'Impero Americano e se ve lo segnate potrete dire ai vostri nipotini non solo che c'eravate, l'avevate visto, ma anche che qualcuno ve l'aveva fatto notare: modestamente, il sottoscritto. Perché è caduto l'impero americano?
Semplice, gli imperi non cadono per una spinta esterna, di solito si afflosciano o se volete si suicidano, rinunciano a difendere la proprie basi morali e contemporaneamente anche i propri confini. Per stanchezza, per ragioni economiche o demografiche, per un cambiamento di pensiero interno.
Così è accaduto all'America: il suicidio o se volete la caduta dell'ethos, ha un nome preciso, si chiama Obama.
Coi romani è stato un processo abbastanza lento, diciamo che il culmine è durato un buon secolo e mezzo fra il 313 (editto di Costantino)e  il 394 (Teodosio, quel che ho citato sopra, trasforma il cristianesimo in religione di Stato) e il 476 della fine ufficiale.
Con l'impero americano è andato tutto più svelto, dato che sono passati solo dodici anni dall'11 settembre. Ma alla Casa Bianca non siede ancora uno sceicco di Al Queida o dei fratelli Musulmani (anche se l'inquilino attuale di secondo nome fa Hussein); e soprattutto l'impero durava da più di seicento anni (la prima guerra punica si conclude nel 241 AC), mentre quello americano ha meno di un secolo di vita, se vogliamo datarlo dalla Prima Guerra Mondiale. Che cos'è successo? Lo avete visto, lo leggete in altri articoli su questa pagina. Di fronte a un bel sorriso di Rouhani, a quattro belle parole, l'amministrazione Obama ha deciso, ha fortissimamente deciso di piegarsi al regime degli ayatollah, di lasciare in sostanza che faccia quel che gli pare, come prima aveva mollato sulla Siria e più silenziosamente sull'Iraq, e prossimamente sull'Afghanistan.
Basta costi, basta fastidi, basta impegno - e dunque basta impero. Tutti a casa. E se si lascia in mano ai nemici la regione più strategica del mondo, non importa. Prima o poi arriveranno anche a minacciare l'America in casa, ma presumibilmente non nei prossimi tre anni, saranno cavoli del prossimo presidente o di quello dopo. Badate che l'Iran è nemico di Israele per convenienza propagandistica e per convinzione ideologica, fa sul serio, naturalmente.
Ma sul piano geopolitico Israele è troppo lontano, non rientra nelle mire di controllo territoriale dell'Iran. Vi rientrano da un lato l'Afghanistan e il Pakistan, dove l'America è presente; dall'altro l'Iraq, i paesi del Golfo, l'Arabia Saudita, stati su cui gli Usa hanno esercitato un protettorato da decenni.
Uno dei fattori fondamentali su cui si è fondato l'impero americano è stato il controllo dell'energia che viene di lì. L'ovvia strategia iraniana è cacciare gli Usa da quelle zone e sostituirne l'egemonia, diventando una potenza non solo regionale, ma mondiale. Gli arabi che le abitano sono da sempre nemici ideologici e religiosi, in quanto sunniti e anche etnici; ma i loro sono anche Stati deboli e spopolati da conquistare.
L'atomica iraniana serve essenzialmente a questo, a prendere il controllo del petrolio e a sottomettere i sunniti. Per questo non solo l'Arabia Saudita, ma anche l'Egitto sono preoccupatissimi e sembrano ora decisi a procurarsi l'atomica anche loro, magari fornita dal Pakistan, che è pure minacciato dall'espansionismo iraniano.
Che l'amministrazione Obama voglia chiudere un accordo a tutti i costi con l'Iran e sia stata fermata provvisoriamente ieri solo dal veto francese; che sia disposta a farlo senza chiedere in sostanza nulla all'Iran, non la rimozione di una centrifuga, non la chiusura del nuovo reattore che produrrà plutonio per la bomba H, non la consegna dell'uranio arricchito, semplicemente la promessa di sospendere l'arricchimento per sei mesi, testimonia di un affanno, di una disperazione, di una voglia di liberarsi dai pesi della politica internazionale che è il sintomo più allarmante.
Dopo aver tenuto posizioni più dure per vent'anni - tanto dura questa vicenda - dopo aver giurato di voler impedire un Iran nucleare, anzi continuando a ripeterlo, l'America accetta un piano che toglie in sostanza gli ostacoli per la bomba degli ayatollah, ottenendo in cambio qualche promessa.
Lo stesso che hanno fatto con la Siria. La  debolezza di Obama è tale da farsi bloccare dalla Francia (come per la Siria fece la gran Bretagna): per fortuna, dobbiamo dire, grazie a Hollande e a Fabius; ma anche questo è il segno della fine dell'impero.
Tutti a casa! è ormai il motto di questa amministrazione: un clima da 8 settembre che lascia letteralmente atterriti gli alleati. Non solo Israele, ma anche l'Egitto (praticamente scaricato in mano ai russi: un ministro di Putin sarà la settimana prossima al Cairo a discutere come sostituire con armi russe le forniture militari fornite dall'America). E soprattutto l'Arabia Saudita, il ricchissimo regno che deve decidere ora se arrendersi ai persiani o organizzare una resistenza con Israele e contro gli Usa.
C'è in prospettiva un rovesciamento completo delle alleanze: i vecchi alleati filo-occidentali sono l'ostacolo alla "ritirata strategica" di Obama e vengono trattati come nemici; i vecchi avversari, coloro che ancora per strada e in parlamento urlano "morte all'America" come si è fatto a Teheran ancora la settimana scorsa, sono quelli che appoggiano il movimento ("a nemico che fugge ponti d'oro").
Israele dunque ormai è chiaramente un nemico per Obama. Lo si è visto nelle dichiarazioni di Kerry, che è arrivato a minacciare tre giorni fa (lui, non i palestinesi) un'intifada se Israele non si piegava al suo piano per la trattativa. Ora probabilmente i negoziati salteranno, Israele certo non si può fidare delle garanzie di un'America del genere e sa bene di doversi difendere da sé, per cui non può permettersi né ritirate né divisioni interne. Ma è chiaro che, senza l'appoggio americano, sarà completamente scoperta sul piano internazionale, soggetta probabilmente a ogni sorta di ricatti: sanzioni dell'Onu, condanne di vari corpi internazionali, difficoltà di approvvigionamento di armi, soffocamento economico. Dovrà trovare in se stesso e nei suoi amici la forza di resistere. Attenzione, però, non pensiamo di essere noi italiani ed europei fuori da questi problemi.
Quando cade un impero, le macerie travolgono tutto e i più forti si impadroniscono dei più deboli. Noi siamo deboli, debolissimi: sul piano militare incapaci di resistere a una minaccia anche per pochi giorni; sul piano dei rifornimenti dipendenti dalla buona volontà degli altri, dato che abbiamo deindustrializzato e produciamo all'estero; sul piano dell'energia poveri di risorse. Abbiamo un vicino ingombrante, la Russia, che ha lavorato per accelerare la crisi degli Usa in tutti i campi e ne approfitterà.
Se gli Usa (purtroppo non solo Obama, ma anche la maggioranza che lo ha rieletto conoscendone le politiche) non si cura di difendere Israele e l'Arabia Saudita, perché dovrebbe spendere un soldato per difendere l'Olanda o l'Italia che non contano nulla?
Anche ignorando la minaccia islamica alle porte, ci troveremo sotto l'egemonia russa e dovremo farci i conti molto presto. La fine dell'impero colpirà anche noi, che in piena decadenza ci dedichiamo a grottesche manovre di politica interna, senza vedere il pericolo che arriva. E probabilmente sarà più capace di sopravvivere Israele, paese giovane e ben consapevole dei rischi che lo circondano, che un'Europa estenuata e un'Italia dilaniata dalle guerre per bande.

 Ugo Volli


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