Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
«L’asse Russia-Iran punta su di noi. Israele e Italia hanno interessi comuni» Intervista di Aldo Torchiaro a Marco Mancni
Testata: Il Riformista Data: 15 agosto 2025 Pagina: 3 Autore: Aldo Torchiaro Titolo: ««L’asse Russia-Iran punta su di noi. Israele e Italia hanno interessi comuni»»
Riprendiamo dal RIFORMISTA, del 15/08/2025 a pagina 3 l'intervista di Aldo Torchiaro a Marco Mancini dal titolo "«L’asse Russia-Iran punta su di noi. Israele e Italia hanno interessi comuni»".
Aldo Torchiaro
Marco Mancini, agente segreto italiano, già al vertice del DIS
Marco Mancini, già responsabile del controspionaggio e per anni al vertice del DIS, posto in quiescenza anticipata per la misteriosa puntata di Report sull’incontro con Matteo Renzi in Autogrill, continua a ricevere e a elaborare informazioni riservate di prima mano. Direttore Mancini, partiamo dal quadro generale.
Lei parla di una guerra cognitiva in corso contro Israele. Che cosa intende?
«Sarò chiaro. Pur non condividendo del tutto l’operato del governo Netanyahu, occorre tuttavia riconoscere che è in atto, con ogni evidenza, una vera e propria guerra mediatica contro Israele. Lo scopo è di condizionare l’opinione pubblica globale e distrarre analisti e governi da altri focolai di instabilità che minacciano direttamente Europa e Italia. Hamas, attraverso una propaganda organizzata e capillare, è riuscita a vincere la battaglia dell’immagine: penetrazione nelle università, uso di fake news, manipolazione di fotografie. Tutto questo mentre nuovi rischi strategici per il nostro Paese e per l’Europa si stanno consolidando nello Yemen, in Somalia e in Libia».
Perché definisce questi teatri “focolai pericolosi” per l’Italia?
«Perché lì si intrecciano traffici d’armi, rotte marittime vitali per il nostro commercio e l’azione coordinata di potenze ostili. In Yemen, ad esempio, gli Houthi – proxy iraniani – hanno rafforzato di recente gli accordi con Teheran, per l’acquisto di armi destinate non solo contro Israele ma anche contro le fl otte commerciali occidentali, comprese quelle italiane. In Libia, le milizie Rada e gruppi ex Isis agiscono in un contesto controllato politicamente e militarmente dalla Russia».
Ci spieghi nel dettaglio il ruolo dell’Iran nello Yemen.
«Teheran, per ora solo scalfito dagli attacchi israelo-americani di giugno, fornisce agli Houthi armi sofisticate, trasportate spesso su navi cisterna che mascherano il traffico con carichi di petrolio venduto clandestinamente per aggirare l’embargo. Una parte di queste armi viene rivenduta ad Al Shabaab in Somalia. Recentemente, nella battaglia di Barire, le forze speciali somale hanno ucciso 85 miliziani di Al Shabaab e sequestrato un ingente arsenale, tra cui proiettili e granate “Yassim” prodotte in Iran, capaci di perforare le corazze dei carri armati israeliani».
Quindi l’asse Iran–Houthi–Al Shabaab è un canale operativo attivo?
«Attivissimo. L’Iran arma gli Houthi, che a loro volta forniscono Al Shabaab. Questi flussi alimentano il terrorismo in più scacchieri: contro Israele, contro la navigazione commerciale internazionale e contro la stabilità dell’Africa orientale».
Ci sono nomi e fi gure di riferimento in questo traffico?
«Sì. Uno dei principali è Yahya, imprenditore somalo e grande trafficante di armi in contatto con i pasdaran iraniani. Le sue navi, cariche ufficialmente di petrolio, trasportano armi verso Yemen e Somalia, con benefici diretti per Hamas a Gaza».
Israele e Stati Uniti hanno colpito obiettivi iraniani per fermare queste forniture. È servito?
«No. I bombardamenti hanno rallentato ma non fermato il fl usso. L’Iran ha spostato depositi e continuato l’arricchimento dell’uranio. La volontà di Khamenei di armare Hamas, Houthi e Al Shabaab è intatta».
Lei parla anche di un “asse del male” che coinvolge la Russia. In che modo?
«In Libia, la Russia agisce attraverso Haftar e il retaggio della Wagner per installare infrastrutture militari, inclusi potenziali missili puntati su Italia, Spagna e Francia. In parallelo, in Bielorussia, Mosca sta valutando installazioni missilistiche che, unite a quelle libiche, creerebbero una minaccia a tenaglia contro l’Europa».
Quanto è concreto questo rischio per l’Italia?
«Altissimo. Già oggi la Russia controlla porti e logistica in Libia. Se le milizie islamiste – Rada o altre – prendessero il controllo delle installazioni missilistiche, avremmo sistemi d’arma a poche centinaia di chilometri dalla Sicilia».
E sul fronte migratorio?
«Le rotte libiche sono sotto influenza russa. L’immigrazione clandestina è anche una leva strategica: destabilizzare, drenare risorse, creare pressioni politiche. Gli sbarchi aumentano, e i morti in mare provengono da aree controllate da milizie legate a Tripoli e Haftar».
Lei teme un “nuovo 7 ottobre” in Europa?
«Se non analizziamo per tempo questi scenari, sì. Continuare a ignorare il legame tra traffici d’armi, controllo dei porti libici, milizie jihadiste e strategia russa signifi ca rischiare un’azione improvvisa e devastante alle porte di casa».
Quindi Gaza è, in parte, una distrazione strategica?
«L’orrore che si sta consumando a Gaza è reale. L’Europa non può permettersi lo stesso errore di sottovalutazione commesso da Israele con Hamas. I rischi reali per l’Europa si stanno accumulando nel suo immediato vicinato: Yemen, Somalia, Libia. L’Iran e la Russia ne stanno approfittando».
Come dovrebbe reagire l’Italia?
«Con un rafforzamento dell’intelligence sul quadrante libico e sul Corno d’Africa. Bisogna presidiare le rotte marittime, intercettare i traffi ci d’armi, prevenire la saldatura operativa tra milizie jihadiste e potenze ostili».
In sintesi, qual è la priorità strategica?
«Interrompere il flusso di armi dall’Iran verso i suoi proxy, rafforzare la presenza navale e d’intelligence nel Mediterraneo e nel Mar Rosso, e riconoscere che la sicurezza di Israele e quella dell’Italia sono oggi strettamente connesse».
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