Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
La nuova casa di Hamas è in Siria Analisi di Paolo Crucianelli
Testata: Il Riformista Data: 08 agosto 2025 Pagina: 3 Autore: Paolo Crucianelli Titolo: «La nuova casa di Hamas è in Siria, perse Gaza e Cisgiordania, i terroristi si spostano sempre a poche decine di chilometri da Israele»
Riprendiamo dal RIFORMISTA, del 08/08/2025 versione online, il commento di Paolo Crucianelli dal titolo "La nuova casa di Hamas è in Siria, perse Gaza e Cisgiordania, i terroristi si spostano sempre a poche decine di chilometri da Israele".
Hamas sta perdendo il controllo della Striscia di Gaza e della Cisgiordania. E allora inizia a trasferire armi e bagagli in Siria. Sempre a pochi chilometri da Israele, dove continuerà a costituire un pericolo, sotto la tacita protezione del nuovo regime islamico guidato da Al Sharaa.
La domanda, per ora, resta aperta. Ma da più fonti, alcune vicine all’intelligence israeliana, emergono segnali preoccupanti: Hamas starebbe tentando di ricollocarsi nel sud della Siria, in particolare nella regione di Daraa, dove la nuova composizione politica e militare sembra offrirle un terreno favorevole per ripartire.
Che Hamas non abbia più un futuro a Gaza è un dato di fatto, sotto gli occhi di tutti. Nonostante gli ostaggi, nonostante il boicottaggio dei negoziati per un cessate il fuoco, è evidente che per l’organizzazione islamista la Striscia è diventata un vicolo cieco. Israele ha decimato la sua leadership militare, distrutto gran parte dell’infrastruttura logistica e messo sotto controllo buona parte del territorio urbano e sotterraneo. La possibilità che Hamas possa governare nuovamente Gaza in modo stabile, come ha fatto dal 2007 in poi, è ormai tramontata. E anche la Cisgiordania è un’ipotesi impraticabile: troppo fragile, troppo esposta e – soprattutto – sotto sorveglianza costante da parte dell’Autorità Palestinese e delle forze israeliane.
La domanda che si impone è: dove ricostruirsi? La risposta sempre più probabile è: in Siria. Ma non nella Damasco frantumata dal conflitto civile, bensì nel sud, tra Daraa e Sweyda. Qui, a partire dal 13 luglio 2025, la regione drusa è stata teatro di una violenta escalation armata: battaglie tra milizie beduine e gruppi drusi hanno causato centinaia di morti, mentre le forze della nuova autorità siriana hanno cercato di imporre il loro controllo a favore dei Beduini, poi ritirandosi, grazie all’intervento israeliano. La tregua, formalizzata il 15 luglio, è fragile e il conflitto è tutt’altro che risolto. In questo contesto, il nuovo governo siriano – nato dalla caduta del regime di Assad l’8 dicembre 2024 – è guidato da Hayat Tahrir al-Sham (HTS), il gruppo armato islamista guidato da Abu Mohammad al Jolani (all’anagrafe Ahmed Hussein al Sharaa, comunemente noto come Al Julani), che ha preso il potere con il sostegno turco e di altre fazioni ribelli.
È dunque nella Siria post Assad, amministrata da HTS, che Hamas sembra avere trovato condizioni favorevoli per riprogettarsi. Secondo fonti israeliane, Hamas avrebbe già avviato una rete operativa nella fascia meridionale, collaborando con elementi jihadisti locali come Saraya Ansar al Sunna e Huras al Din, sfruttando anche reclutamento tra tribù beduine in conflitto a Sweyda e Daraa. Si parla inoltre, ancora in modalità ufficiosa, di contatti tra Hamas e nuovi ufficiali della sicurezza del regime HTS nella zona, oltre a sospetti intrecci con servizi di intelligence esterni come quelli turchi.
Per Israele, il quadro è inquietante. La presenza di Hamas in Siria meridionale non sarebbe solo geografica, ma strategica: Daraa dista poche decine di chilometri da Israele, e l’organizzazione potrebbe beneficiare di coperture istituzionali, nuove rotte logistiche, e dell’esperienza di milizie jihadiste già radicate. In tal modo, Hamas potrebbe rinascere con uomini, armi e capacità operative potenziate. Se questa dinamica dovesse consolidarsi, se queste indiscrezioni dovessero trovare conferme, Israele si troverebbe ad affrontare un Hamas meno visibile ma più strutturato, operante non più in un solo luogo, ma integrato con altri attori radicali nella regione. In definitiva, il vero dopoguerra, anziché a Gaza, potrebbe iniziare a Daraa e Sweyda, all’ombra del regime di Al Jolani.
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