Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Occupazione totale della Striscia di Gaza ma «non annessione se Hamas si arrende» Analisi di Lorenzo Vita
Testata: Il Riformista Data: 08 agosto 2025 Pagina: 3 Autore: Lorenzo Vita Titolo: «Occupazione totale della Striscia di Gaza ma «non annessione se Hamas si arrende»»
Riprendiamo dal RIFORMISTA di oggi, 08/08/2025, a pagina 3, il commento di Lorenzo Vita dal titolo: "Occupazione totale della Striscia di Gaza ma «non annessione se Hamas si arrende»".
Lorenzo Vita
Benjamin Netanyahu ha negoziato a lungo con tutte le componenti del governo e con l'esercito, per riuscire a elaborare un piano definitivo per Gaza. Alla fine si procederà all'occupazione, ma non all'annessione. E la guerra potrà finire in ogni momento, se Hamas si arrende.
La decisione è arrivata dopo giorni di altissima tensione. Confermate anche dalle manifestazioni di protesta che si sono tenute a Gerusalemme e a Tel Aviv e fi no al largo di Ashkelon. Da quando il premier Benjamin Netanyahu ha fatto trapelare l’idea di occupare la Striscia di Gaza, Israele è apparso spaccato. Molti considerano questa come l’unica opzione per dare una svolta al confl itto. Ma tanti, tra i parenti degli ostaggi, tra gli oppositori del primo ministro e nelle stesse Israel defense forces hanno messo in chiaro la loro contrarietà. Il capo di stato maggiore, il generale Eyal Zamir, era stato scelto da Netanyahu proprio perché appariva più in linea rispetto al predecessore, il generale Herzi Halevi. Ma è stato proprio Zamir in questi giorni a rappresentare il simbolo della resistenza alle decisioni di “Bibi” e dei ministri più radicali, al punto che i media israeliani hanno riferito che il generale avrebbe detto al capo del governo che Israele rischiava di sprofondare in un “buco nero”. Una trappola fatta di una guerriglia spietata, di tunnel minati, di ostaggi potenzialmente giustiziati o uccisi dal fuoco amico, e da milioni di sfollati. Netanyahu ha ascoltato tutte le voci. Ha cercato anche di mediare tra le esigenze dell’Idf e la spinta dell’ala più oltranzista del governo. Ha parlato anche con leader di altri partiti: Aryeh Deri, dell’ultraortodosso Shas; il ministro della Finanze Bezalel Smotrich; Yair Lapid, leader di opposizione, che ieri ha dichiarato che “ciò che Netanyahu propone è un’altra guerra, più ostaggi morti, più soldati caduti e decine di miliardi di denaro dei contribuenti che saranno riversati nelle illusioni di Itamar Ben Gvir (ministro della Sicurezza interna n.d.r.,) e di Smotrich”.
E alla fine, prima della riunione di ieri sera del gabinetto di sicurezza, il primo ministro aveva già dato delle indicazioni. Intervistato su diverse emittenti, Netanyahu ha confermato che il piano non prevede l’annessione della Striscia di Gaza. Ipotesi che, secondo Axios, sarebbe già stata bocciata dall’amministrazione Trump. “Non vogliamo mantenerla. Vogliamo avere un perimetro di sicurezza e non vogliamo governarla. Vogliamo affi darla alle forze arabe che la governeranno correttamente e non ci minacceranno” ha spiegato il premier ai microfoni di Fox News. E ha confermato che non avrebbe annesso la Striscia di Gaza anche al media indiano Cnn18, ribadendo che la guerra si fermerebbe subito se Hamas cedesse le armi e rilasciasse tutti gli ostaggi. La milizia palestinese però, nel corso di questi ultimi mesi di negoziati a Doha, ha sempre rialzato la posta, bocciando le proposte dell’inviato Usa Steve Witkoff e dei delegati israeliani.
E questo, unito alle immagini dei due ostaggi ridotti a scheletri umani, Rom Braslavski ed Evyatar David, ha accelerato le mosse di Netanyahu e rafforzato la linea dura. Ieri, Hamas, ha detto che i piani del premier “di espandere l’aggressione dimostrano senza ombra di dubbio che mira a liberarsi degli ostaggi e a sacrifi carli per i suoi interessi personali” e che “rivelano chiaramente i veri motivi del suo ritiro dall’ultimo round di negoziati, nonostante si fosse vicini a un accordo fi nale”. “L’espansione dell’aggressione contro il nostro popolo non sarà una passeggiata, il suo prezzo sarà alto” ha avvertito Hamas. Ma in attesa di capire come si svolgeranno nella pratica le operazioni, quello che sembra certo è che l’obiettivo di Netanyahu a questo punto sia quello di togliere definitivamente il terreno sotto ai piedi del gruppo. “L’attuale strategia non ha portato alla liberazione degli ostaggi e non proseguiremo su questa strada” ha chiarito ieri il premier ai suoi ministri. Il piano dovrebbe andare avanti per circa cinque mesi, con lo schieramento di altrettante divisioni. Il primo obiettivo, forse quello più importante, è prendere il controllo della città di Gaza. Una mossa cui potrebbe seguire lo sfollamento dei civili. Lo spostamento avverrà verso sud, dove già sono presenti milioni di persone. E sul fronte umanitario, l’arrivo degli aiuti potrebbe essere garantito proprio dagli Stati Uniti.
L’ambasciatore Usa in Israele, Mike Huckabee, ha detto che i centri della Gaza Humanitarian Foundation (fortemente criticata dalle organizzazioni internazionali) saranno 16 e che opereranno “fi no a 24 ore al giorno per far arrivare più cibo a più persone in modo più efficiente”. Mentre fonti del Financial Times, hanno rivelato che la società statunitense Boston Consulting Group ha prodotto un report su un eventuale “trasferimento temporaneo e volontario” dei gazawi in Somalia e Somaliland.
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