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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Libero Rassegna Stampa
08.08.2025 Gaza: sinistra nel pallone, Netanyahu vuole 'forze arabe' per governarla
Cronaca di Daniele Dell'Orco

Testata: Libero
Data: 08 agosto 2025
Pagina: 5
Autore: Daniele Dell'Orco
Titolo: «Netanyahu vuole «forze arabe» per governare la Striscia di Gaza»

Riprendiamo da LIBERO del 08/08/2025, a pag. 5, con il titolo "Gaza: sinistra nel pallone, Netanyahu vuole  'forze arabe' per governarla" la cronaca di Daniele Dell'Orco.

Daniele Dell'Orco
Daniele Dell'Orco

Benjamin Netanyahu non ha alcuna intenzione di annettere Gaza a Israele, ma ha un progetto più razionale e di lungo periodo: consegnarla a una coalizione di paesi arabi di cui ci si può fidare. Ovviamente dopo aver deposto Hamas. La sinistra non ha capito niente di Netanyahu, come al solito. E continua a condannare programmi che non esistono.

Dopo giorni di speculazioni circa le intenzioni di Israele per i piani di controllo della Striscia di Gaza, Benjamin Netanyahu ha parlato chiaro: Israele non vuole occupare né annettere l'enclave. Anzi, «l’operazione israeliana nella Striscia di Gaza non è irreversibile. Siamo pronti a valutare l'interruzione se Hamas accetta le condizioni di Israele».
Il piano è un altro, molto più razionale e a lungo termine: eliminare Hamas, creare un’area sicura al confine, e poi trasferire il governo della Striscia a soggetti arabi civili, che non abbiano mai sostenuto il terrorismo né l’ideologia della distruzione di Israele. «Vogliamo solo liberare Gaza dall’orrore di Hamas. Non vogliamo restare come forza occupante», ha dichiarato il premier israeliano in una lunga intervista a Fox News.
Una dichiarazione che risponde a una doppia esigenza: rassicurare la comunità internazionale — ancora troppo timorosa nel condannare esplicitamente Hamas — e mantenere alta la determinazione interna, in un momento in cui il dibattito in Israele si fa sempre più acceso.
La questione sul tavolo resta delicatissima. Il gabinetto di sicurezza israeliano è stato convocato per votare su un’eventuale occupazione totale della Striscia. L’obiettivo resta sempre il medesimo: distruggere Hamas, liberare gli ostaggi e riportare sicurezza ai confini. Ma siccome è più facile a dirsi che a farli, i toni del dibattito si alzano anche dentro Israele.
I riservisti, parte dell’opposizione e molte famiglie degli ostaggi esprimono dubbi sul piano, temendo un conflitto prolungato senza una chiara strategia postbellica.
A gettare ulteriore benzina sul fuoco è arrivato il monito del capo di stato maggiore dell’esercito, Eyal Zamir. In un intervento senza precedenti, ha difeso il diritto al dissenso all’interno delle Idf, sottolineando che i militari «non fanno teoria, ma proteggono vite umane». Più concretamente, Zamir avrebbe già messo in guardia il governo: senza una strategia definita per il “dopo”, Gaza rischia di diventare una trappola.
Secondo fonti militari, Zamir avrebbe parlato con i suoi di un possibile “buco nero” in cui Israele potrebbe cadere, se non viene chiarito cosa accadrà una volta eliminato Hamas.
Ma Netanyahu non arretra. Il suo disegno strategico è chiaro e, nei fatti, l’unico che metta al centro la sicurezza di Israele e la fine dell’incubo Hamas, anche per i civili palestinesi. Cristallino anche il messaggio a chi continua a chiedere la pace senza condizioni: «Il conflitto può finire subito. Basta che Hamas deponga le armi e liberi gli ostaggi».
Ma quali sarebbero i contorni esatti del piano di Bibi? L’Idf sarebbe pronta ad attuare un’operazione graduale, da quattro o cinque mesi, a partire dalla conquista di Gaza City.
Un’azione che richiederà l’evacuazione di circa un milione di persone e la costruzione di strutture temporanee per accogliere gli sfollati, con un massiccio afflusso di aiuti umanitari. I generali hanno previsto una fase di accerchiamento per isolare i centri di comando di Hamas, seguita da operazioni mirate per evitare trappole e perdite inutili.
Il piano militare è solido, come sempre quando si tratta dell’Idf, ma resta l’incognita politica: chi prenderà il controllo di Gaza una volta crollato il regime di Hamas? Netanyahu ha dichiarato a "CNN-News18" che Israele trasferirà la gestione a un «organismo di governo transitorio», che però non è stato ancora definito. La speranza — neanche tanto velata — è che siano Paesi arabi moderati, possibilmente con l’appoggio dell’Egitto e dei partner del Golfo, a gestire la transizione.
Il rischio però è reale: se l’eliminazione di Hamas dovesse lasciare un vuoto di potere, potrebbero affacciarsi altri gruppi radicali, o addirittura una nuova ondata di caos. Ed è proprio su questo che battono gli scettici interni, che non mettono in dubbio la necessità dell’operazione, ma la tempistica e la gestione della fase due.
Anche gli islamisti lo sanno, e cercano infatti come possono di alzare il livello dello scontro: «L'espansione dell'aggressione contro il nostro popolo non sarà una passeggiata: il prezzo sarà alto e doloroso-, ha dichiarato Hamas -. I piani di Netanyahu per espandere l'aggressione dimostrano che mira a liberarsi degli ostaggi e sacrificarli per i propri interessi personali. L'espansione dell'aggressione contro il nostro popolo non sarà una passeggiata».
Israele, oggi più che mai, deve tenere i nervi saldi. Sradicare Hamas non è solo un imperativo di sicurezza: è un atto dovuto verso le vittime del 7 ottobre, verso gli ostaggi ancora prigionieri, e verso una popolazione palestinese usata come carne da cannone da un regime integralista che non vuole saperne di mollare la presa.

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