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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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israele.net Rassegna Stampa
06.08.2025 Come allontanare la nascita di uno stato palestinese
Commento del Wall Street Journal

Testata: israele.net
Data: 06 agosto 2025
Pagina: 1
Autore: Redazione del Wall Street Journal
Titolo: «Come allontanare la nascita di uno stato palestinese: il riconoscimento unilaterale premia la ferocia di Hamas e incoraggia l’intransigenza dell’Autorità Palestinese (oltre ad essere una farsa giuridica che vìola gli Accordi firmati)»

Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - la traduzione dell'editoriale del Wall Street Journal dal titolo: "Come allontanare la nascita di uno stato palestinese: il riconoscimento unilaterale premia la ferocia di Hamas e incoraggia l’intransigenza dell’Autorità Palestinese (oltre ad essere una farsa giuridica che vìola gli Accordi firmati)". 

Hamas ruba gli aiuti alimentari, ormai è chiaro. L'unico modo per porre fine alla guerra e alla crisi umanitaria è che Hamas si arrenda e rilasci gli ostaggi. Ma se aumenta la pressione internazionale contro Israele, allora la guerra si allunga.

La crisi degli aiuti a Gaza sta iniziando ad attenuarsi grazie al calo dei prezzi locali. Ma come mai gli abitanti di Gaza pagano gli aiuti?

Le Nazioni Unite affermano che l’87% dei camion di aiuti che l’organizzazione e i suoi partner hanno cercato di consegnare dal 19 maggio sono stati “intercettati” da folle o da “soggetti armati”.

Gran parte del cibo finisce in vendita al mercato, con Hamas che se ne prende una parte. L’ONU rifiuta le scorte di sicurezza israeliane.

La Gaza Humanitarian Foundation (GHF), sostenuta dagli Stati Uniti, che fornisce aiuti gratuiti agli abitanti di Gaza presso grandi centri di distribuzione, viene boicottata dai gruppi umanitari già presenti sul terreno.

Ciò ha ostacolato gli sforzi della GHF per allargarsi, che sarebbe il modo migliore per ridurre la folla in ogni sito.

Per ora, grandi masse devono oltrepassare le linee delle Forze di Difesa Israeliane per raggiungere questi siti, mentre Hamas fa di tutto per scatenare resse in preda al panico.

Gran parte della penuria alimentare a Gaza è concentrata nel nord, dove non ci sono siti della GHF.

“Il modo più rapido per porre fine alla crisi umanitaria a Gaza – ha scritto giovedì il presidente Trump sul social Truth – è che Hamas si arrenda e rilasci gli ostaggi”.

Ha ragione. Ma perché Hamas dovrebbe arrendersi quando è Israele che viene sottoposto a una massiccia pressione internazionale?

Entusiasta per i propositi di Francia, Regno Unito e Canada di riconoscere uno stato di Palestina, Hamas ha indurito la sua posizione e ha respinto nuovi colloqui per il cessate il fuoco.

Ma quand’anche riconoscere ora uno stato palestinese non fosse un regalo a Hamas, sarebbe comunque un errore politico.

Il blocco sovietico e i suoi alleati hanno riconosciuto la Palestina nel 1988, ma l’Occidente ha a lungo insistito sul fatto che il riconoscimento seguisse, e non precedesse, la creazione di uno stato palestinese.

E per creare tale stato, i palestinesi dovrebbero accettare di porre fine al conflitto israelo-palestinese. Altrimenti, quello stato sarebbe solo la base da cui continuare e ampliare la guerra.

Nessuno dovrebbe desiderare che la Cisgiordania diventi un’altra Gaza, votata a sacrificare la propria popolazione in una guerra perpetua contro Israele.

Nel 2000, nel 2001, nel 2008 l’Autorità Palestinese ha respinto le offerte israeliane di indipendenza perché non era disposta a rinunciare al sogno di una migrazione di massa [il cosiddetto “diritto al ritorno”, evocato anche nella recente Dichiarazione di News York ndr], con lo scopo di assumere il controllo di tutto il territorio “dal fiume al mare”.

Invece di accettare l’indipendenza offerta, l’Autorità Palestinese ha avviato una campagna di pressione internazionale. Ora Francia, Regno Unito, Canada e alcuni altri danno ragione a quella strategia.

Il Regno Unito non avanza alcuna richiesta all’Autorità Palestinese, di cui sembra voler riconoscere lo stato. Francia e Canada si accontentano di “impegni” di riforma dell’Autorità Palestinese, pur sapendo che non può o non intende mantenerli. Non si intravedono azioni concrete, tanto che gran parte del mondo ha smesso di chiederle.

La Germania afferma con ragionevolezza che “il riconoscimento di uno stato palestinese dovrebbe essere la conclusione” di un processo di pace.

Ma non ci sarà alcun processo finché altri paesi faranno pressione solo su Israele, dicendo ai palestinesi che loro non è necessario che scendano ad alcun compromesso.

Il Canada chiede all’Autorità Palestinese di impegnarsi a indire elezioni, ma di escludere dal voto Hamas che è la fazione più grande.

Ci sono voluti 20 mesi perché il presidente “a vita” dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) condannasse apertamente il massacro di Hamas del 7 ottobre 2023. E l’ultima volta che ha indetto le elezioni, nel 2006, Hamas le vinse e poi epurò sanguinosamente l’Autorità Palestinese da Gaza.

La buona notizia è che le decisioni che contano non vengono prese a Parigi, a Londra o a Ottawa. Non nascerà nessuno stato palestinese perché l’Autorità Palestinese è debole, corrotta e intransigente, e quello che vuole Hamas è uccidere fino all’ultimo ebreo.

Quello che può fare il riconoscimento internazionale è fungere da trampolino di lancio per una guerra legale contro Israele. Ma dimostrando a Hamas che la guerra funziona quando è combattuta con sufficiente ferocia e cinismo, e dimostrando all’Autorità Palestinese che non deve mai scendere a compromessi, il riconoscimento unilaterale non fa che allontanare ulteriormente la creazione di uno stato palestinese.

(Da: Wall Street Journal, 3.8.25)

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