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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Il Giornale Rassegna Stampa
06.08.2025 Dopo 700 giorni l’estremo sforzo per salvare i rapiti
Commento di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 06 agosto 2025
Pagina: 10
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Dopo 700 giorni l’estremo sforzo per salvare i rapiti»

Riprendiamo da IL GIORNALE di oggi 06/08/2025 a pag. 10 il commento di Fiamma Nirenstein dal titolo: "Dopo 700 giorni l’estremo sforzo per salvare i rapiti".


Fiamma Nirenstein

Occupazione di Gaza, Netanyahu ha dato l'ordine come ultimo sforzo per liberare gli ostaggi. Stanno per morire di fame se non si agisce subito, e dunque Israele prende in considerazione l’idea di andarseli a prendere dove non è mai stata: dentro la città di Gaza.

Oggi Ariel Bibas avrebbe compiuto sei anni. Invece, col suo fratellino Kfir e la mamma Shiri sono stati uccisi da Hamas che li aveva presi in ostaggio. Israele non vuole arrendersi all’orrore imposto dal culto di morte di Hamas per i 20 rapiti ancora nelle mani dei terroristi. Non può: l’intera guerra che ormai ha 700 giorni è stata combattuta, fra alti e bassi, all’insegna della liberazione dei rapiti, è stata rallentata, interrotta, modificata per questo. I soldati hanno combattuto come leoni, perdendo intorno a 800 loro fratelli, col sogno di liberare le creature agonizzanti detenuti dai carcerieri che li hanno torturati, violentati, uccisi. Ma questo non vuol dire “occupare Gaza”. Di questo si parla dal 2014, ma la possibilità di una occupazione totale è remota e certo parziale anche se dalla riunione di ieri emergono le voci di una determinazione del Primo Ministro a usare lo strumento di una presenza e di una guerra allargata per piegare il nemico. Si prevede, tuttavia, un’altra riunione di gabinetto oggi, un’altra ancora, e poi il voto del parlamento. Ieri nel gabinetto ristretto, Netanyahu, Ron Dermer, Ministro degli Affari strategici, Israel Katz, Ministro della Difesa, e il Capo di Stato Maggiore Eyal Zamir si sono incontrarti per rigirare la questione sotto ogni aspetto. No, Ben Gvir e Smotrich non sono stati invitati.

Il tema è chiaro, e Netanyahu lo ribadisce a ogni intervento: Hamas ha rifiutato ogni proposta di scambio ragionevole, Israele ha messo in questi giorni, d’accordo con Trump, al primo posto la questione dell’aiuto umanitario anche se l’assalto di Hamas ai camion rende difficile la distribuzione del cibo alla gente, che a sua volta assale i distributori. Ma della gente a Hamas non importa nulla, il cibo è la sua arma di ricatto e arruolamento; i rapiti sono il suo oggetto più prezioso, una assicurazione sulla vita, mentre conta anche sul cieco sostegno dell’opinione pubblica internazionale che seguita a sostenerlo anche di fronte all’immagine dei rapiti ischeletriti. Ma Israele non lascia perdere: gli ostaggi stanno per morire di fame se non si agisce subito, e dunque Israele prende in considerazione l’idea di andarseli a prendere dove non è mai stata: dentro la città di Gaza… nei mowassi, i campi densi di sfollati dal nord. Per la stampa internazionale la parola “occupazione” è un boccone ghiotto, la fantasia è che Israele abbia una fantasia imperiale: ma Gaza fu un frutto mai desiderato caduto dalla guerra di aggressione dell’Egitto nel 1967, nido poi di agguati islamisti continui.

Il 15 agosto di 20 anni fa Sharon volontariamente e senza contraccambio se ne andò sperando in un buon vicino palestinese. Errore fatale. Israele si trovò addosso un’entità omicida, quella di Hamas. Occupare, tradotto in linguaggio odierno, vuol dire avventurarsi a combattere in nuove zone dove si pensa che siano tenuti i rapiti. Eyal Zamir è più cauto del gruppo, teme, come del resto in varie misure tutta Israele, che combattendo si metta a rischio la vita dei rapiti. Dunque, si è detto che lui e Netanyahu siano allo scontro diretto, fino alle dimissioni, ma non ci sono notizie dirette. Zamir di certo preferirebbe una tecnica non di ingresso interno, ma di accerchiamento, e ha presentato, come si fa, il suo piano: deciso, particolareggiato, certo anche con i particolari sui luoghi segreti di detenzione in cui l’esercito non è mai entrato, luoghi in cui si asserraglia ciò che rimane di Hamas, strutture delicate come ospedali, depositi di armi e di esplosivi, zone umanitarie in cui si deve agire con la pinzetta per evitare la morte di innocenti e l’aggressione dei media internazionali. Se gli ostaggi non torneranno, se Hamas non si decide ad accettare un accordo “si apriranno le porte dell’inferno”: ormai è un modo di dire questa frase ripetuta durante questi interminabili 700 giorni, un paio di volte da Trump, qualcuna dal Ministro della Difesa israeliano Israel Katz, con giri di parole persino da Netanyahu.

E la guerra invece è andata avanti con inesorabile crudeltà e lentezza, gli scambi hanno lasciato nelle mani mostruose dei terroristi 20 rapiti vivi, ridotti come prigionieri di Auschwitz, e 30 corpi che le famiglie esigono perché siano almeno seppelliti degnamente. Può darsi che tutta questa discussione e persino i titoli sul piano ancora non varato siano solo un mezzo di intimidire Hamas. Può darsi che dopodomani si vada all’invasione per cercare i rapiti. O che all’improvviso Witkoff torni col suo piano dei dieci in cambio di sessanta giorni di tregua. Ma c’è anche forse nel governo di Israele la consapevolezza che per l’Islam estremo il controllo territoriale è l’unico argomento valido, mentre la morte dei suoi shahid è anzi parte della guerra che ha scelto contro l’Occidente. Che strano: l’Occidente non ama la morte. Ama la vita, come Israele, eppure fiancheggia Hamas. Ma Israele cercherà i suoi rapiti, vivi e morti.  

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