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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Ben Cohen
Antisemitismo & Medio Oriente
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La politica segreta dietro la decisione di Keir Starmer di riconoscere la 'Palestina' 04/08/2025

La politica segreta dietro la decisione di Keir Starmer di riconoscere la 'Palestina'
Commento di Ben Cohen
(Traduzione di Yehudit Weisz)
https://www.jns.org/the-backroom-politics-behind-keir-starmers-decision-to-recognize-palestine/

Cos'ha veramente in mente Keir Starmer, premier britannico laburista, quando annuncia il suo riconoscimento dello Stato di Palestina? Non solo deve fronteggiare la concorrenza dell'estrema sinistra di Corbyn, che gli può rubare consensi. Ma aderisce anche alla vulgata anti-colonialista: se sono stati gli inglesi a promettere uno Stato ebraico sin dal 1917, ora devono "redimersi" concedendo uno Stato agli arabi. Dimostrando però di non aver capito niente dalla storia.

Un anno dopo essere stato eletto Primo Ministro della Gran Bretagna, Sir Keir Starmer appare sempre più isolato e solo. I suoi indici di gradimento positivi sulla scia della sua vittoria sono scesi al livello più basso fino ad oggi, a causa di una serie di crisi interne e di problemi sociali, tra cui l'immigrazione, i tagli ai sussidi, i disordini nel Servizio Sanitario Nazionale, la lenta crescita economica, un deterioramento della situazione dell'ordine pubblico e molto altro. Ma durante quella che il Times di Londra ha descritto come “l'estate di dolore” del Primo Ministro, Starmer ha dovuto affrontare una delle sue sfide più grandi su una questione che non ha letteralmente alcuna influenza sugli stipendi degli elettori britannici, sulla qualità delle scuole frequentate dai loro figli, sull'efficienza e la reattività del loro servizio sanitario o su qualsiasi altro aspetto della loro vita quotidiana. Quella questione è la guerra a Gaza. E’ triste da dire purtroppo, questa è probabilmente la prima volta che una guerra esterna  senza truppe britanniche coinvolte, diventa un tema spinoso nella politica interna britannica. Altre guerre, passate e presenti, più terribili – come l'attuale aggressione russa contro l'Ucraina, la minaccia alla sicurezza e la sfida morale più urgente per il Regno Unito e il continente europeo – hanno suscitato sdegno e preoccupazione, ma non hanno avuto un impatto reale sulle intenzioni di voto. La ragione fondamentale di questa differenza – in questo caso si tratta degli aggressori che vengono etichettati come “coloni ebrei” che praticano la pulizia etnica contro una popolazione indigena non ebraica – sarà probabilmente oggetto di un mio futuro articolo. Perché così tanti elettori in Gran Bretagna e altrove, che sono irritati e arrabbiati per la drammatica situazione dei bambini di Gaza, ignorando il fatto che Hamas li usa come scudi umani mentre sfrutta abilmente le immagini della loro sofferenza, rimangono invece vergognosamente in silenzio sulla sorte delle migliaia di bambini ucraini rapiti dal regime di Vladimir Putin? Ma torniamo a Starmer. La preoccupazione che il suo continuo rifiuto di etichettare la guerra di Israele contro Hamas come “genocidio” gli potrebbe sottrarre dei voti, è stata un fattore determinante nel suo sconsiderato annuncio che il Regno Unito riconoscerà uno Stato palestinese alla riunione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il prossimo settembre, a meno che Israele non dichiari un cessate il fuoco unilaterale e non accetti una soluzione a due Stati (cosa che, in queste condizioni febbrili, non accadrà). Dal momento di quell'annuncio, molta attenzione è stata rivolta al contesto internazionale che lo circonda. Di particolare importanza, in questo contesto, è la decisione della Francia di riconoscere uno Stato palestinese indipendente, che ha spinto Starmer a muoversi nella stessa direzione, così come i leader di altri Paesi, dal Canada a Malta. Minore attenzione è stata dedicata alle problematiche più immediate che Starmer deve affrontare. Nonostante abbia intrapreso azioni contro l'antisemitismo che affliggeva il suo Partito Laburista al governo sotto il suo predecessore Jeremy Corbyn, inclusa l'espulsione dalle fila del partito dello stesso Corbyn, nell'ultimo anno l’ala “Palestina First” è diventata sempre più aggressiva. Nelle ultime due settimane, il rumore di questa folla è aumentato sullo sfondo di immagini virali di bambini affamati a Gaza, ulteriormente alimentato dai sondaggi che mostrano che più della metà degli elettori britannici si oppone all’”aggressione” di Israele e che quasi la metà desidera la creazione di uno Stato palestinese. Un numero crescente di ministri del governo ha spinto Starmer ad annunciare il riconoscimento britannico, con uno di loro che ha inavvertitamente riconosciuto la vacuità del gesto dichiarando al Guardian : “Diciamo che riconoscere lo Stato palestinese è un simbolo veramente importante che si può fare solo una volta. Ma se non ora, quando?” Mentre oltre 100 parlamentari laburisti firmavano una lettera interpartitica a Starmer sollecitando la stessa cosa, la copertura mediatica della questione ha dipinto il premier come un'eccezione che si stava trasformando in un emarginato, che stava lottando per imporre la sua visione secondo cui il riconoscimento della “Palestina” dovrebbe essere concesso solo come parte di un processo di pace con Israele. Con l'odore di ribellione nell'aria, un parlamentare laburista ha dichiarato a Politico che Starmer era “tutto parole,  nessun provvedimento, nessuna ulteriore sanzione.”

Un altro ha affermato, con lungimiranza, come si è poi rivelato, “Non credo che la gente si accontenterà di niente di meno del riconoscimento ora.” Al di fuori del Partito Laburista, Starmer si trova ad affrontare la minaccia della coalizione “Green Left” (Sinistra verde)  di islamisti e socialisti, in particolare attraverso l'Independent Alliance, un gruppo parlamentare formato da Corbyn dopo la sua espulsione dal partito. Oltre a Corbyn, ci sono altri cinque parlamentari indipendenti, tutti eletti lo scorso anno e tutti musulmani, i cui programmi si concentravano sulla guerra nella Striscia di Gaza e sulla presunta islamofobia all'interno del Partito Laburista.

Il gruppo ora punta a diventare un nuovo partito politico di estrema sinistra, a cui si è unita Zarah Sultana, originariamente eletta deputata laburista, le cui frecciatine antisemite contro Israele sono ampiamente riportate dai media britannici. Secondo il Times , la nuova formazione “ha il potenziale per causare danni reali al Partito Laburista.” Perché?

“La proposta di Corbyn è semplice: la 'ridistribuzione di massa di ricchezza e potere' e la fine del 'genocidio' a Gaza”, sosteneva il giornale.  “Per coloro che a sinistra sono rimasti delusi da Starmer dopo il compromesso di un primo anno al potere estremamente impegnativo, potrebbe rivelarsi irresistibile.”

Nigel Farage, il leader ribelle del partito populista di destra Reform Party, certamente lo spera; se un partito di estrema sinistra è “in grado di organizzarsi in modo adeguato e di presentare un gran numero di candidati, ci aiuterà enormemente”, ha affermato. L'idea che il destino di Israele debba essere tenuto in ostaggio dalle fratture interne di altri Paesi è di per sé offensiva, ed è un'altra buona ragione per liquidare la frana del riconoscimento dello Stato palestinese come un'assurdità performativa che non influenzerà mai Israele né nutrirà un solo bambino a Gaza. Se ha un qualche significato, sta in ciò che ci dice sull'influenza dei suoi apologeti sulla politica britannica, e forse sulla politica interna di quegli altri Paesi che hanno scelto di premiare Hamas riconoscendo uno Stato palestinese.

Tuttavia, nel caso della Gran Bretagna, c'è un'ulteriore considerazione storica. La Dichiarazione Balfour del 1917 a sostegno dell'istituzione di una “patria nazionale” ebraica in quella che allora era la Palestina mandataria – una delle mosse più grandi e significative nella storia diplomatica britannica – è ora vista da molti come un ulteriore segno di vergogna per l'eredità imperiale britannica. Per molti versi, la mossa di Starmer è una compensazione per quel documento, che viene presentato dai sostenitori di Hamas come “prova numero uno” di quella che presentano come la “colonizzazione” sionista della Palestina.

L’apologia che circonda una decisione vecchia di oltre un secolo alimenta l'idea che Israele sia uno Stato illegittimo, la ricompensa data ai colonizzatori ebrei da un impero subdolo e manipolatore gestito da Londra. L'ironia è che, nonostante tutto il disprezzo che Starmer ha comprensibilmente attirato dai sostenitori di Israele, egli rimane un baluardo contro le posizioni più estreme sostenute dai membri del suo gabinetto e dai parlamentari laburisti di secondo piano, come l'espulsione dell'ambasciatore israeliano e l'imposizione di sanzioni contro lo Stato ebraico. La diplomazia israeliana e i sostenitori di Israele all'estero devono quindi affrontare lo stesso dilemma strategico: cercare di influenzare l'Europa, che a lungo è sembrata una battaglia persa, o concentrare gli sforzi per mantenere dalla loro parte gli Stati Uniti?

Il modo in cui sarà risolta la questione avrà un impatto sulla posizione di Israele nel mondo, almeno per il prossimo decennio.


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