Innovazione, libero scambio e sicurezza: il Bahrein e gli Accordi di Abramo
Analisi di Mattia Preto

Gli Accordi di Abramo hanno sancito un’intesa strategica tra Israele e Bahrein, fondata su cooperazione scientifica, sicurezza e libero scambio. Manama vede in Israele un alleato contro la minaccia iraniana e il terrorismo sostenuto da Paesi come il Qatar. Nella foto, il presidente israeliano Herzog in visita ufficiale nel 2022
La profondità degli Accordi di Abramo dimostra come Israele non lasci nulla al caso. L’esempio più evidente è rappresentato da uno dei primi firmatari: il Regno del Bahrein. Con una superficie di appena 741 km², il Bahrein è il più piccolo Stato del mondo arabo, ma al suo interno ospita una società sorprendentemente eterogenea, composta da comunità sunnite, sciite, hindu ed ebraiche.
Nel piccolo Regno risiede l’unica comunità ebraica autoctona di tutti i Paesi del Golfo, composta da famiglie fuggite dalle persecuzioni in Iraq, Iran e India. Questo legame storico tra il Bahrein e la sua comunità ebraica si è rafforzato nel 2008, quando Houda Noonoo, cittadina bahreinita di religione ebraica, fu nominata ambasciatrice negli Stati Uniti: la prima ebrea a rappresentare un Paese arabo nel mondo.
I rapporti con Israele hanno cominciato ad approfondirsi a partire dal 2017, quando il re del Bahrein, Hamad bin Isa Al Khalifa, si dichiarò contrario al boicottaggio imposto dalla Lega Araba nei confronti di Israele. Solo tre anni dopo, nel 2020, il ministro degli Esteri Abdullatif bin Rashid Al Zayani sedeva accanto a Benjamin Netanyahu per firmare gli Accordi di Abramo. I principali pilastri dell’intesa tra Bahrein e Israele sono lo sviluppo scientifico, la lotta al terrorismo e il libero scambio.
Particolarmente importante è il settore scientifico e tecnologico, in cui Israele è all’avanguardia. Il Bahrein ha deciso di investire nelle nuove generazioni per rafforzare i legami futuri con lo Stato ebraico, promuovendo iniziative come le visite pubbliche di giovani bahreiniti a Gerusalemme.
Un altro tema centrale è quello della sicurezza. Il Bahrein ha già sperimentato sulla propria pelle la minaccia iraniana. Si tratta infatti di un Paese a maggioranza sciita (circa il 70%), governato però da una leadership sunnita (circa il 30% della popolazione). Questa particolare configurazione interna ha reso il Regno vulnerabile all’ingerenza iraniana e dei suoi alleati – tra cui Hezbollah, il Qatar, l’Iraq e la Siria di Assad – che durante la Primavera Araba sostennero apertamente i manifestanti intenzionati a rovesciare la monarchia. La crisi fu sventata anche grazie all’intervento militare dell’Arabia Saudita, ma la minaccia proveniente da Teheran non è mai del tutto scomparsa. Gli Accordi di Abramo hanno rafforzato il sostegno strategico di Israele al Bahrein, in particolare nell’ambito della difesa navale.
Infine, come nel caso degli Emirati Arabi Uniti, anche per il Bahrein il libero scambio rappresenta un elemento chiave dell’accordo. Essere esentati da dazi doganali è fondamentale per lo sviluppo economico di Stati di dimensioni contenute. Oggi l’interscambio commerciale tra Israele e Bahrein genera un volume di affari di circa 3,5 miliardi di dollari, a conferma di quanto l’intesa sia vantaggiosa per entrambe le parti.
A Manama hanno compreso che Israele non è un nemico, ma un partner. I veri avversari si trovano più vicino di quanto si pensi: il Qatar, ad esempio, appoggiò, invano, i rivoltosi del 2011 e non ha mai interrotto i rapporti con organizzazioni terroristiche, offrendo persino sedi operative, come nel caso di Hamas. Il Bahrein si oppone fermamente al terrorismo internazionale e per farlo ha scelto di affidarsi a Israele.

Mattia Preto