Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Sbatti la foto del bambino malato in prima pagina: la sofferenza diventa regia Commento di Luca Sablone
Testata: Il Riformista Data: 26 luglio 2025 Pagina: 1 Autore: Luca Sablone Titolo: «Il piccolo Osama è malato, ma il Fatto sbatte la foto in prima pagina, accusa Israele e omette la fibrosi cistica: così la sofferenza diventa regia»
Riprendiamo dal RIFORMISTA di oggi, 26/07/2025, il commento di Luca Sablone dal titolo: "Il piccolo Osama è malato, ma il Fatto sbatte la foto in prima pagina, accusa Israele e omette la fibrosi cistica: così la sofferenza diventa regia".
Sbatti il bambino in prima pagina. Hamas perde sul campo e combatte così: con le immagini di bambini morti o scheletrici e i quotidiani di sinistra, tra cui Il Fatto Quotidiano, rilanciano volentieri con titoli allusivi e implicitamente antisemiti. Dietro le foto ci sono molte storie diverse: ad esempio, il bambino ripreso dal Fatto con il titolo "Se questo è un bambino" (allusione alla Shoah...) è malato, affetto di fibrosi cistica e le sue foto sono pubblicate da aprile. Ma sbattuto così in prima pagina, omettendo la malattia e piazzando un titolo ad effetto in stile Primo Levi, diventa "vittima del genocidio"
Il corpicino scheletrico, lo sguardo smarrito, la pelle tesa sulle ossa. Il torace scavato, le braccia sottili come rami secchi. Il suo viso parla di guerra, privazione, dolore. Ma chi ha scelto quella foto per accusare Israele ha omesso un dettaglio essenziale: Osama è malato. E quella sofferenza, vera, è stata trasformata in un’arma narrativa. Ad impugnarla è stato Il Fatto Quotidiano, che ha sparato in prima pagina lo scatto crudo del piccolo di cinque anni. Con tanto di titolo: «Se questo è un bambino». Un richiamo potente, volutamente evocativo, che accosta la disperazione infantile nella Striscia di Gaza alla responsabilità diretta e criminale di Israele. E come se fosse una notizia di oggi.
L’accusa è sempre la stessa: affamare deliberatamente la popolazione civile. Il messaggio è chiaro, netto, emotivamente dirompente. L’immagine è reale. Ma anche drammaticamente strumentalizzata. Se si scava a fondo, quella foto – che oggi diventa il nuovo simbolo della vulgata contro lo Stato ebraico – racconta una storia diversa da quella imposta.
Le foto di aprile e la malattia omessa
Il primo dato che stride è temporale. Da oltre tre mesi circolano immagini disperate di Osama, come quella di NBC News del 14 aprile. Associated Press l’1 maggio ha scattato delle foto nella clinica per la malnutrizione dell’ospedale Nasser a Khan Younis, nel sud della Striscia. Secondo la didascalia ufficiale fornita da AP, il piccolo è affetto da fibrosi cistica, una malattia genetica cronica che compromette l’apparato respiratorio e digestivo. «Mona solleva la maglietta del figlio Osama, che mostra segni di malnutrizione e un peggioramento della fibrosi cistica», si legge. Eppure, la patologia non viene menzionata nella prima pagina del Fatto, tantomeno nell’intervista a Francesca Albanese.
La sorprendente trasparenza di Al Jazeera e dei pro-Pal
A confermare il quadro ci pensa persino una delle pagine più attive nel sostegno alla causa palestinese, Translating Falasteen, che il 24 luglio ha pubblicato su X un aggiornamento decisivo, allegando una foto del bimbo con un camice Tnt verde da sala operatoria e con qualche chilo in più. Una splendida notizia, che rincuora tutti. «Soffriva di anemia, debolezza e spossatezza. Le sue condizioni erano così gravi che i medici le descrissero come le peggiori che avessero mai visto. Ma in meno di due mesi, ha avuto una guarigione incredibile. In Italia ora riceve cibo, medicine e cure adeguate». E qui crolla un altro castello. Ma come è possibile? Il nostro Paese è complice dello «Stato genocidiario di Israele», e poi accoglie, cura, nutre e mette in salvo un bimbo di Gaza?
Ma c’è di più. Addirittura Al Jazeera, il megafono mediatico di Hamas, il 3 maggio ha pubblicato uno scatto di Osama. Nella didascalia non ha nascosto il dettaglio, e ha specificato chiaramente che il bambino è affetto da fibrosi cistica.
Gli aiuti bloccati a Gaza, l’Onu e il ricatto di Hamas
L’obiezione è già pronta: Osama soffrirà pure di fibrosi cistica, ma le sue condizioni sono peggiorate per il cibo che scarseggia. Ed è drammaticamente vero. In effetti, la mancanza di carne, pesce e compresse di enzimi per aiutarlo a digerire il cibo lo hanno devastato. Ma chi c’è dietro questa tragedia umanitaria? Recenti testimonianze dal campo smentiscono il ritornello stonato di responsabilità imputate a Israele. Pochi giorni fa Jotam Confino, corrispondente dal Medio Oriente, ha pubblicato video e foto dal valico di frontiera di Kerem Shalom. Quasi 1.000 camion di aiuti in attesa di essere ritirati dalle Nazioni Unite. «Una quantità enorme di aiuti è in attesa di essere ritirata sul lato di Gaza del confine con Israele. 950 camion, per la precisione. Perché le Ong internazionali non li raccolgono, quando ogni giorno mettono in guardia dalla carestia a Gaza?», ha scritto.
La stessa denuncia è arrivata dall’account ufficiale dello Stato di Israele: «Quasi 950 camion di aiuti umanitari sono in attesa al confine, pronti a supportare la popolazione di Gaza. Quindi chi li trattiene? L’Onu. Chiediamo alle Nazioni Unite di smettere di bloccare gli aiuti essenziali. Immediatamente». Insomma, mentre lo Stato ebraico facilita l’ingresso degli aiuti umanitari e la Gaza Humanitarian Foundation li consegna direttamente ai civili, «l’Onu ostacola il flusso efficiente degli aiuti». E poi c’è sempre lo zampino di Hamas, che tiene sotto ricatto la Striscia e utilizza il cibo come strumento di controllo, spesso dirottando gli aiuti per rifocillare i suoi terroristi.
La sofferenza diventa regia
C’è infine un elemento spesso trascurato, ma sempre più evidente: le immagini che arrivano da Gaza sono spesso di altissima qualità. Fotografie perfette nella composizione, nella luce, nella messa a fuoco. Scene di disperazione da set cinematografico, non tipiche di un reportage amatoriale. Anche la macchina mediatica è parte del conflitto, una vera e propria arma per penetrare e orientare l’opinione pubblica.
La storia di Osama è tragica. Così come quella di altri bambini nella Striscia. Ma la strumentalizzazione del dolore è becera, disgustosa. Osama è malato, e la guerra ha peggiorato le sue condizioni già precarie. Ma oggi è vivo, sta meglio. È curato e nutrito. Non dai generosi miliziani di Hamas, ma dall’Italia, lo stesso Paese accusato di essere un fiancheggiatore di Israele. Allora perché la fibrosi cistica, gli aiuti bloccati e i ricatti di Hamas diventano dettagli trascurabili? Semplice: rovinano la sceneggiatura e rischiano di compromettere l’intero copione.
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