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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Il Foglio Rassegna Stampa
26.07.2025 La maledizione di Gaza
Commento di Giuliano Ferrara

Testata: Il Foglio
Data: 26 luglio 2025
Pagina: 1
Autore: Giuliano Ferrara
Titolo: «Il conflitto è ormai al di là del bene e del male. Perché la guerra di Gaza è diventata una maledizione per Israele. E’ ora di reagire»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 26/07/2025, a pag. 1/4, con il titolo "La solitudine di Israele contro un nemico che è anche il nostro nemico" il commento di Giuliano Ferrara.

Giuliano Ferrara
Giuliano Ferrara
Israele-Palestina, i motivi storici del conflitto | Sky TG24
Hamas ha sapientemente manipolato la realtà, invertendo le colpe, e gran parte dell’Occidente ci è cascata. Spezzare questa narrazione è ora parte essenziale dell’autodifesa israeliana

La guerra di Gaza è diventata una maledizione, un conflitto al di là del bene e del male. Di fronte alle testimonianze lancinanti della fame e alla claustrofobica enormità del numero delle vittime non hanno più il senso originario i torti e le ragioni, le analisi politiche cosiddette si volatilizzano e spariscono nella pura emozione, il controllo razionale sui dati è imprigionato nella passione, non ce la si fa quasi più a ragionare, a comporre i fatti con i fantasmi. Israele non aveva alternativa al rigetto attivo, militante, bellico del nichilismo antisemita evidente nel pogrom che l’ha colpito al cuore il 7 ottobre. Ma fare quel che devi nel combattimento contro un piano diabolico, figlio deljihadismo, della più malvagia disperazione, mascherato da resistenza, può portare alla condizione di paria, a un isolamento della tua posizione nella coscienza del mondo e a una condanna che arriva a rovesciare, invertire il significato dello sterminio degli ebrei d’Europa nell’immagine dello sterminio dei palestinesi di Gaza. In Israele e nella diaspora ebraica si levano voci che considerano lo stato degli ebrei, il focolare nazionale ebraico della dichiarazione Balfour, il guardiano di un campo di concentramento. Era questo, e in questo ha vinto la sua battaglia, il programma dichiarato di Sinwar. Combattere uno stato che è una fortezza terrorista, in cui i predoni si rifugiano sottoterra, il paradiso di Hamas, e lasciano nell’inferno di superficie il popolo e gli ostaggi catturati dopo il massacro a sopportare 

le conseguenze della loro ferocia senza speranza, ha prodotto una maledetta inversione della colpa: uno stato e un popolo che dal 1948 si battono per sopravvivere diventano ora il centro psicologico di una delegittimazione etica che investe ebrei e gentili, nazione e diaspora, e che ha avuto sbocco nella messa in discussione di questa stessa ansia di sopravvivenza, identificata con l’annientamento e la cacciata di un altro popolo senza scarpe, senza acqua, senza farina.

Il gabinetto di guerra e il governo di Israele, la Knesset, il capo dello stato, le istituzioni libere e le voci di stampa e informazione libere, l’esercito dovrebbero discutere di questo materiale maledetto e strisciante, di questo serpente che è diventato il propulsore della guerra umanitaria contro Israele, della sua condanna e del suo confinamento nel male assoluto della malnutrizione, della perdita di controllo di una forza occupante sul territorio e su chi lo abita, vecchi donne e bambini. Quello è il problema, se di problema si può parlare nel mezzo di una tragedia. Se occupi un territorio abitato devi nutrire gli esseri umani che lo affollano. Hamas lo ha capito, ha truccato le carte con una tecnica terroristica capace di indurre Israele, l’esercito occupante che quasi due decenni fa aveva lasciato quelle terre nella speranza di districarsene e aveva avuto in cambio l’incendio delle sinagoghe e il potere del terrore con Hamas, a negare la questione della disumanizzazione finale in una guerra giusta, con gli ostaggi ancora incarcerati, vivi e morti, nelle segrete dei terroristi.

Questa inversione delle parti è una sciagura incommensurabile. Mettere fine a questo scandalo è parte decisiva della autodifesa di Israele, oltre che un dovere di umanità che supera ogni formula ideologica di tipo umanitarista. Subito dopo il 7 ottobre avevamo detto, facile previsione, che la solidarietà con Israele assalita era ovvia. Meno ovvio sarebbe stato essere solidali con un paese e una comunità che rispondono al fuoco e cercano la pace e la sicurezza nell’unico modo reso possibile dall’attacco di Hamas. Ma non avremmo mai pensato che le cose si sarebbero disposte in un circuito infernale, come la Rivieradi Gaza e una strisciante annessione per fame. Un conto sono le vittime di guerra, il martirologio di ogni giorno amministrato dagli assassini terroristi, un conto è tollerare un universo concentrazionario senza scampo in un territorio di cui sei responsabile. Il cinismo delle diplomazie che riconoscono come stato sovrano il pulviscolo di terrore in cui è caduto il popolo palestinese porta dove nessuna democrazia dovrebbe farsi portare: alla delegittimazione dello stato ebraico attraverso la sua mostrificazione. A questa maledizione Israele in guerra ha il dovere di reagire.

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