Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
L’incendio a Taybeh non era colpa degli ebrei Cronaca di Andrea Morigi
Testata: Libero Data: 23 luglio 2025 Pagina: 14 Autore: Andrea Morigi Titolo: «L’incendio a Taybeh non era colpa degli ebrei»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 23/07/2025, a pag. 14 con il titolo "L’incendio a Taybeh non era colpa degli ebrei", l'analisi di Andrea Morigi.
Andrea Morigi
La chiesa di San Giorgio a Taybeh, NON è stata bruciata da coloni ebrei. Eppure tutti gli esponenti delle confessioni cristiane in Israele (compreso il cardinale Pizzaballa) si erano recati in visita sul posto, esprimendo condanne dure contro chi non c'entrava nulla. E nessun giornalista ha scritto la smentita
Gli ebrei hanno fatto i pompieri, non gli incendiari, nel villaggio cristiano di Taybeh, vicino a Ramallah.
La regione è chiamata Cisgiordania, anche se storicamente va sotto il nome di Samaria.
È dal 15 luglio scorso che i “coloni estremisti” erano considerati responsabili di aver appiccato il fuoco alla locale chiesa di San Giorgio.
Tanto che nei giorni successivi sono accorsi sgomenti, nell’ordine, il patriarca latino di Gerusalemme, cardinale Pierbattista Pizzaballa, il vicario apostolico greco melkita Yasser Ayyas, l’ambasciatore americano Mike Huckabee. Ferma e unanime la condanna per la grave profanazione contro il luogo sacro. In realtà l’edificio di culto in cui attualmente si celebra la messa risale al 1931 mentre quello di cui si parla è un sito archeologico che ha 15 secoli, in cui si riconoscono più o meno le fondamenta e una ventina di gradini. Dopo che sono passati i bizantini, i crociati, il feroce Saladino e gli ottomani, della costruzione sono rimaste appena le vestigia. È in rovina da centinaia di anni.
Ora vi convivono, pare non pacificamente, arabi cristiani e musulmani. Chi abbia lanciato per primo l’allarme, non è ancora chiaro, ma si sa che al numero di emergenza sono arrivate chiamate sia da residenti israeliani che da un residente palestinese. E, «contrariamente a quanto riportato da alcuni media, non sono state ricevute chiamate ripetute o successive da fonti palestinesi», ha precisato la polizia israeliana. Quel che, mentre è in corso un’indagine, sembra ormai accertato è che non c’è stato nessun attacco. Sono andate a fuoco - magari a causa del caldo secco nella zona - alcune sterpaglie nei pressi delle antiche mura perimetrali. Alcuni filmati mostrano semmai alcuni uomini, con la kippah sul capo e i giubbotti catarinfrangenti delle squadre di soccorso, salire e scendere dalle pendici di una collina per spegnere le fiamme.
Uno di loro, un sedicenne, ha detto di essersi tolto la camicia per estinguere il rogo e di essere stato ricambiato con una sassaiola da parte di gente saltata fuori dal cimitero adiacente.
Ma per trovare una rettifica, una precisazione, una smentita, ieri, era inutile consultare i siti delle agenzie di stampa nazionali o internazionali che erano state tanto solerti nel dare risalto all’episodio di odio fondamentalista. Presunto, perché si trattava casomai proprio del contrario, cioè di solidarietà nei confronti dei vicini. Chi ha diffuso l’informazione falsa, iniettando contemporaneamente una dose di odio antisemita nell’opinione pubblica mondiale, tace, contrariamente a quanto imporrebbe la correttezza professionale. Solo il diplomatico degli Stati Uniti ha avuto il coraggio di rilasciare una dichiarazione in cui affermava di aver preso un abbaglio stigmatizzando un atto di terrore in realtà mai avvenuto.
Ne scrivono però Israel National News e il Jerusalem Post, che citano il portavoce della polizia del distretto di Giudea e Samaria, secondo il quale «queste notizie sono di fatto errate, prive di qualsiasi base probatoria e rischiano di fuorviare il pubblico».
Se non bastasse, l’archeologa Eliana Passentin è andata a fare un sopralluogo e non ha trovato danni, se non i segni del tempo, fra i resti dell’antica chiesa abbandonata.
È un’altra la causa dell’esodo dei cristiani dai territori governati dall’Autorità Nazionale Palestinese: i terreni di proprietà delle comunità ecclesiali vengono costantemente espropriati, la storia della loro civiltà viene cancellata dai libri scolastici. E i credenti sono costretti a fuggire.
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