Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Il sostegno agli ebrei e a Israele non va letto in chiave ideologica Commento di Sandro Di Castro
Testata: Il Riformista Data: 21 luglio 2025 Pagina: 3 Autore: Sandro Di Castro Titolo: «Il sostegno agli ebrei e a Israele non va letto in chiave ideologica»
Riprendiamo dal RIFORMISTA, del 20/07/2025 a pagina 3 l'intervista di Aldo Torchiaro dal titolo "Il sostegno agli ebrei e a Israele non va letto in chiave ideologica".
Un appoggio a Israele è fondamentale per disinnescare il mostro a tre teste che è ritornato in vita dopo il 7 Ottobre: antisionismo, antisemitismo e antigiudaismo. In particolare, ai cattolici ricordiamo la dichiarazione Nostra Aetate, del Concilio Vaticano II, pubblicata 60 anni fa esatti, in cui la Chiesa rifiutava l’idea della colpa collettiva degli ebrei per la morte di Gesù, condannava l’antisemitismo e apriva alla riscoperta delle radici ebraiche del cristianesimo.
Nel cuore dell’Europa e ben oltre, si sta assistendo negli ultimi anni – e con particolare virulenza negli ultimi mesi – a un preoccupante risveglio di tre fenomeni profondamente intrecciati: antisemitismo, antisionismo e antigiudaismo. Non si tratta solo di rigurgiti di odio marginali, ma di manifestazioni sempre più visibili, spesso tollerate, talvolta persino giustificate in ambienti politici, culturali e religiosi.
Dopo il 7 ottobre 2023, con il massacro perpetrato da Hamas e il successivo conflitto tra Israele e Gaza, l’odio antiebraico si è nuovamente insinuato nel discorso pubblico, camuffandosi da legittima critica politica. Sotto l’etichetta dell’antisionismo – spesso declinato in forma estrema – si sono riversati slogan, insulti e atti violenti contro comunità ebraiche in tutto il mondo. Le sinagoghe bruciate, le minacce agli studenti ebrei nei campus, i boicottaggi e le intimidazioni sui social e nelle piazze non sono più episodi isolati.
Dietro il paravento dell’“antisionismo” si celano, in molti casi, forme classiche di antisemitismo. Criticare uno Stato è legittimo. Negarne il diritto a esistere è altro. Ancor più quando quel diritto viene messo in discussione solo per lo Stato ebraico. Non si può non vedere che spesso, nei toni e nei contenuti, l’antisionismo estremo si sovrappone all’antigiudaismo antico – quello che accusava “gli ebrei” di essere popolo maledetto, infedele, ostinato – aggiornandone la retorica ma non lo spirito. È in questo clima che colpisce il silenzio – almeno finora – attorno a un anniversario che avrebbe dovuto rappresentare un momento alto di riflessione e rinnovato impegno: i 60 anni della Nostra Aetate, la storica dichiarazione del Concilio Vaticano II (1965) che segnò una svolta epocale nel rapporto tra la Chiesa cattolica e il popolo ebraico.
In “Nostra Aetate”, la Chiesa rifiutava l’idea della colpa collettiva degli ebrei per la morte di Gesù, condannava l’antisemitismo e apriva alla riscoperta delle radici ebraiche del cristianesimo. Era – ed è – un testo di straordinaria forza, che ha generato decenni di dialogo, riconciliazione, amicizia. Ma oggi, a pochi mesi dal 60º anniversario (ottobre 2025), non si intravede alcuna grande iniziativa internazionale o vaticana di rilievo. Perché questo silenzio? È solo una dimenticanza organizzativa, o il sintomo di un disagio più profondo, di un timore di esporsi in un momento in cui il sostegno agli ebrei – e a Israele – rischia di essere letto in chiave ideologica? Non si può permettere che il clima odierno faccia regredire i passi faticosamente compiuti. Ignorare l’anniversario di Nostra Aetate sarebbe un errore grave, non solo per la Chiesa ma per l’intera società civile. Significherebbe abdicare alla responsabilità della memoria, proprio quando questa è più necessaria.
I tre volti dell’odio – antisemitismo, antigiudaismo, antisionismo estremo – hanno radici diverse ma un cuore comune: l’idea che l’ebreo sia “altro”, “colpevole”, “nemico”. Contro questa idea serve una risposta chiara, pubblica, culturale e spirituale. Serve, oggi più che mai, ricordare le parole di Giovanni Paolo II: “Chi incontra l’ebraismo incontra le sue radici.” E serve che le istituzioni religiose e laiche, a partire dal Vaticano, diano il buon esempio. Il 2025 può – e deve – essere l’anno in cui si riafferma con forza il valore del dialogo e della fraternità. Non celebrare Nostra Aetate sarebbe un’occasione mancata. Ma è ancora possibile rimediare. A condizione che si trovi il coraggio di dire, con chiarezza: l’odio antiebraico è il sintomo della malattia morale dell’Europa. E oggi sta tornando.