Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Il discorso di Sharon su Gaza (2005) Testo di Ariel Sharon
Testata: israele.net Data: 21 luglio 2025 Pagina: 1 Autore: Ariel Sharon Titolo: «Lo storico discorso di Sharon sul ritiro di Israele da Gaza: chi non lo conosce non può esprimere opinioni sensate sulla Striscia»
Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - il testo dello storico discorso di Ariel Sharon, pubblicato su IL RIFORMISTA, dal titolo "Lo storico discorso di Sharon sul ritiro di Israele da Gaza: chi non lo conosce non può esprimere opinioni sensate sulla Striscia".
Ariel SharonAgosto 2005: lo sgombero della comunità israeliana di Tel Katifa (striscia di Gaza)
Il 15 agosto 2005 l’allora primo ministro israeliano Ariel Sharon pronuncia in diretta tv il seguente discorso:
“Il giorno è arrivato. Comincia il passo più difficile e doloroso di tutti: evacuare le nostre comunità dalla Striscia di Gaza e dalla Samaria del Nord (Cisgiordania, ndr). Questo passo è molto difficile per me, personalmente. Non è a cuor leggero che il governo di Israele ha preso questa decisione sul disimpegno e il Parlamento non l’ha approvato a cuor leggero. Non è un segreto che io, come tanti altri, ho creduto e sperato che saremmo potuti restare per sempre a Netzarim e Kfar Darom. Ma la realtà che cambia nel Paese, nella regione e nel mondo mi ha richiesto di cambiare posizione. Non possiamo stare a Gaza per sempre. Più di un milione di palestinesi vivono lì e il loro numero raddoppia ad ogni generazione. Vivono ammassati nei campi profughi in povertà e nella disperazione, in focolai di odio crescente senza speranze né orizzonte. È perché siamo forti, non perché siamo deboli, che facciamo questo passo.
Abbiamo provato a trovare accordi con i palestinesi per portare i nostri popoli alla pace, ma i nostri tentativi si sono schiantati contro un muro di odio e fanatismo. Il piano di disimpegno unilaterale che ho annunciato due anni fa è la risposta israeliana a questa realtà. Questo piano farà il bene di Israele nel futuro. Noi riduciamo così gli scontri giornalieri e le vittime da entrambe le parti. L’esercito israeliano si riunirà di nuovo lungo le linee difensive dietro il recinto di sicurezza. Quelli che continueranno a combatterci, incontreranno la piena forza dell’esercito israeliano e delle sue forze di sicurezza.
Ora tocca ai palestinesi. Loro devono combattere le organizzazioni terroristiche e smantellare la loro infrastruttura e mostrare intenzioni sincere per ottenere la pace e sedersi con noi al tavolo delle trattative. Il mondo aspetta la risposta palestinese, una mano tesa per la pace o il fuoco del terrore. A una mano tesa noi risponderemo con un ramo d’ulivo, ma risponderemo con durezza al fuoco con il fuoco.
Il disimpegno ci permetterà di guardare in casa nostra. La nostra agenda nazionale cambierà. Per quanto riguarda le politiche economiche saremo liberi di occuparci delle divergenze sociali e di combattere davvero la povertà. Miglioreremo l’educazione e aumenteremo la sicurezza personale di ogni cittadino del Paese.
La disputa intorno al piano di disimpegno ha provocato ferite, astio tra fratelli e parole e azioni forti. Capisco il dolore e il tormento di chi si oppone, ma noi siamo un solo popolo anche quando combattiamo e discutiamo.
Residenti di Gaza, oggi noi poniamo fine a un capitolo glorioso della storia di Israele, un episodio centrale nelle nostre vite di pionieri, di realizzatori del sogno di coloro che hanno portato il peso della sicurezza e degli insediamenti sulle loro spalle per tutti noi. Il vostro dolore e le vostre lacrime sono parte inestirpabile della storia del nostro Paese. Qualunque cosa succeda, noi non vi abbandoneremo e dopo l’evacuazione faremo di tutto per ricostruire le vostre vite e comunità di nuovo.
Voglio dire ai soldati e alla polizia: voi dovrete affrontare una missione difficile. Non fronteggerete un nemico, ma fratelli e sorelle. L’ordine di oggi è sensibilità e pazienza. Sono sicuro che questo è il modo in cui agirete. Voglio che sappiate che la gente è con voi ed è fiera di voi. Credetemi, il dolore che provo nel compiere questo atto è pari alla consapevolezza che è necessario farlo.
Intraprendiamo una nuova strada che ha non pochi rischi ma che contiene anche un raggio di speranza per tutti noi. Con l’aiuto di Dio, questa sarà una strada che porta all’unità e non alla divisione, che non porta all’odio tra fratelli ma all’amore incondizionato. Farò tutto ciò che è nelle mie possibilità perché sia così”.
Il piano per il “disimpegno” da Gaza e Cisgiordania nord era stato approvato dalla Knesset il 16 febbraio 2005 con 59 voti favorevoli, 40 contrari e 5 astenuti.
Il 31 agosto, la Knesset approvò anche il ritiro dal confine tra Gaza ed Egitto, lasciando il compito di presidiarlo alla polizia di frontiera egiziana e ad unità della European Union Border Assistance Mission-Rafah (EUBAM), composta anche da Carabinieri italiani.
Tra il 15 agosto e il 12 settembre 2005 Israele completò il ritiro totale di tutti i militari e civili israeliani dalla Striscia di Gaza. Entro il 22 settembre completò il contestuale sgombero di quattro comunità ebraiche nel nord della Cisgiordania (Kadim, Ganim, Homesh e Sa-Nur).
Secondo i sondaggi dell’epoca, il ritiro da Gaza aveva il sostegno di circa il 60% degli israeliani mentre circa il 30% si dichiarava scettico o contrario.
Nel gennaio 2006 Hamas vinse le elezioni parlamentari dell’Autorità Palestinese e formò un governo presieduto da Ismail Haniyeh che escludeva Fatah. Ben presto scoppiarono violenti scontri fra le due fazioni: in particolare a Gaza, dove nel giugno 2007 Hamas si impadronì definitivamente del potere con un sanguinoso golpe contro i suoi oppositori palestinesi.
Dopo la presa del potere a Gaza da parte di Hamas, la European Union Border Assistance Mission-Rafah sospese le sue operazioni di monitoraggio al confine fra Gaza ed Egitto.
Nel 2007 Hamas lancia 2.800 razzi e colpi di mortaio su centri abitati all’interno di Israele, che diventano 3.716 nel 2008, 4.500 nel 2014 e più di 5.000 nella sola giornata del 7 ottobre 2023.