Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Gli aiuti dell’UE a Gaza non passeranno più da Hamas Cronaca di Amedeo Ardenza
Testata: Libero Data: 11 luglio 2025 Pagina: 4 Autore: Amedeo Ardenza Titolo: «Gli aiuti dell’Ue a Gaza non passeranno più da Hamas»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 11/07/2025, a pag. 4, con il titolo "Gli aiuti dell’Ue a Gaza non passeranno più da Hamas", la cronaca di Amedeo Ardenza.
La distribuzione degli aiuti alla striscia di Gaza, è, negli ultimi mesi, nelle mani della fondazione americana GHF e non passa più dalle mani di Hamas (che sequestrava il cibo per tenere in ostaggio la popolazione). L'Ue finora ha contestato questo metodo, ma ora pare aver cambiato idea. La Commissione, di intesa col governo Netanyahu ha concordato sul principio di distribuire aiuti senza mai passare da Hamas.
Un passo avanti sugli aiuti alla popolazione gazawi e mezzo sul futuro della Striscia di Gaza. Ieri la Commissione europea ha annunciato che a seguito di «un dialogo costruttivo» con il governo di Gerusalemme sono stati concordati passi significativi di Israele «per migliorare la situazione umanitaria nella Striscia di Gaza». Un risultato, ha spiegato un portavoce comunitario, frutto del dialogo fra l’Alta rappresentante Ue Kaja Kallas, e il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar. Le misure previste dall’accordo «saranno attuate nei prossimi giorni, con l’intesa che aiuti su larga scala debbano essere consegnati direttamente alla popolazione e che continueranno a essere adottate misure per evitare qualsiasi deviazione degli aiuti verso Hamas». Più aiuti, dunque, come chiesto dal blocco dei 27, ma nessun favore a Hamas, come preteso da Israele dopo decenni di sostegno europeo a entità ritenute troppo vicine al gruppo terrorista palestinese.
L’accordo sull’asse Bruxelles-Gerusalemme prevede un «sostanziale aumento» dei camion giornalieri di generi alimentari e non alimentari verso Gaza; l’apertura di altri valichi, sia nelle aree settentrionali che meridionali; la riapertura delle rotte di aiuto giordana ed egiziana; la distribuzione di generi alimentari attraverso panifici e mense pubbliche in tutta la Striscia; la ripresa delle forniture di carburante per le strutture umanitarie «fino a un livello operativo»; la protezione degli operatori umanitari; e la riparazione e facilitazione dei lavori sulle infrastrutture vitali, come la ripresa della fornitura di energia all’impianto di desalinizzazione dell'acqua.
Da parte sua l’Ue ha rinnovato l’appello «per un cessate il fuoco immediato e la liberazione di tutti gli ostaggi rimasti» e «sostiene gli attuali sforzi di mediazione di Egitto, Qatar e Stati Uniti».
Su questo fronte, però, il negoziato procede a singhiozzo nonostante lo stesso presidente americano Donald Trump si sia impegnato in prima persona perché le due parti arrivino a un cessate il fuoco in tempi brevi. Ieri, riferiva il Jerusalem Post, gli emissari israeliani a Doha hanno presentato ai mediatori nuove mappe sul possibile ridispiegamento delle Israeli Defense Forces (Idf) dopo l’entrata in vigore della tregua da 60 giorni, mappe che, scrive ancora la testata, indicano una maggiore flessibilità soprattutto per quanto riguarda la presenza israeliana nel sud della Striscia.
Nell'ambito sempre dei negoziati in Qatar, Israele avrebbe concordato in linea di principio che l’Emirato inizi a destinare risorse e fondi alla ricostruzione della Striscia di Gaza già durante il cessate il fuoco.
Lo riferisce il quotidiano Ynet, secondo cui è stata Hamas a esigere questo impegno quale garanzia dell'intenzione israeliana di porre fine alla guerra.
Lo Stato ebraico da parte sua insiste affinché non solo Doha trasferisca i fondi, ma anche altri Paesi (dei quali forse si fida di più). Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita si rifiuterebbero però di aiutare senza prima avere assicurazione che Israele non si limiti a siglare una tregua ma punti, invece, a una pace di durata.
Parlando con un gruppo di famigliari degli ostaggi da Washington DC dove è ancora in visita, ieri il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato che sono stati fatti progressi verso un accordo di tregua a Gaza e che lui e il presidente Trump hanno «dei piani» che non possono essere divulgati; quindi ha esortato le famiglie alla pazienza.
Nella regione la tensione resta alta: ieri due palestinesi hanno ucciso un giovane israeliano a Gush Etzion, un insediamento in Giudea, per essere poi eliminati da forze di sicurezza presenti nell’area. Ieri Israele ha ucciso Il comandante delle forze di artiglieria di Hezbollah Nuhammad Murad a sud di Tiro in Libano: «La sua attività costituiva una palese violazione delle intese tra Israele e Libano», hanno scritto le Idf.
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