Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Lucia Corso: «Combatto l’odio negli atenei» Intervista di Luca Sabolone
Testata: Il Riformista Data: 10 luglio 2025 Pagina: 5 Autore: Luca Sablone Titolo: «In mille per l’appello anti-boicottaggio. Corso: «Combatto l’odio negli atenei»»
Riprendiamo dal RIFORMISTA di oggi, 10/07/2025, l'intervista di Luca Sablone a Lucia Corso: "In mille per l’appello anti-boicottaggio. Corso: «Combatto l’odio negli atenei»".
Lucia Corso, docente di Filosofia del diritto all'Università di Enna, lancia una raccolta firme contro il boicottaggio accademico di Israele.
Mentre negli atenei dilaga l’odio contro Israele, una voce si distingue per coraggio, chiarezza e rigore intellettuale.
È quella di Lucia Corso, professoressa ordinaria di Filosofia del diritto all’Università Kore di Enna, che ha scelto di non restare in silenzio e ha lanciato un appello contro il boicottaggio accademico nei confronti dello Stato ebraico.
Oggi il pensiero critico rischia di soccombere alla logica della crociata ideologica, ma la sua presa di posizione rompe il conformismo e riporta il dibattito universitario sul terreno che gli è proprio: quello del confronto, della libertà.
Non è sola: tra i promotori figurano anche Mathew Diamond, David Meghnagi, Raffaella Rumiati, Alessandro Silva e Aldo Winkler.
Le oltre mille adesioni dimostrano che la loro battaglia di civiltà si sta facendo strada, anche se sembra silenziosa. E si può affermare a testa alta nei luoghi di cultura sempre più penetrati dal dogma antisemita.
La sua è una scelta coraggiosa. Non teme ripercussioni?
«Il nostro è un appello contro il boicottaggio delle università israeliane. Chi lo propone, e non sono sola, ha forme di collaborazione con colleghe e colleghi israeliani.
L’appello è concepito pensando a costoro e non ad entità astratte (uno Stato, un popolo, un’idea). È una scelta a favore di scambi fruttuosi e significativi. Sulle ripercussioni negative, molti colleghi mi riferiscono di forme di ostracismo. Io però non posso lamentare esperienze simili. Dissentire è sempre difficile ma, almeno fino ad adesso, ho trovato la possibilità di discutere e anche di condividere.
Se dovesse capitarmi qualcosa di spiacevole, magari torno su queste pagine».
Si aspettava conseguenze nei suoi confronti?
«Karl Popper propone la suggestione di superare la guerra spostando l’aggressività fisica sul Mondo 3, il mondo delle idee.
Per ritornare alla domanda, dolersi perché qualcuno (e perfino la maggioranza) non è d’accordo con te significa tradire lo spirito della conoscenza».
Immagino che sarà stato difficile trovare adesioni da parte dei suoi colleghi…
«In realtà non è così. Iniziative come la nostra, che non sono di certo finalizzate a dire l’ultima parola sulla questione mediorientale ma semmai a sollevare discussioni, se suscitano sconcerto in alcuni, offrono ad altri la possibilità di dire la propria. Molta più gente di quanto si creda, anche nelle Università, è stanca di slogan a senso unico».
Nelle Università c’è sempre meno spazio di libertà, pluralismo, confronto e cooperazione: perché gli atenei stanno tradendo la loro missione?
«Le analisi possono essere tantissime ma io ne proporrei una: quando il pensiero diventa crociata morale, il rischio dell’intolleranza è reale».
Israele è un’indispensabile fonte di cultura, scienza e sicurezza per l’Occidente. Proviamo a immaginare un boicottaggio totale: concretamente, cosa accadrebbe dal giorno dopo?
«Perderemmo farmaci salvavita, tecnologie di contrasto alla desertificazione, studi sul funzionamento del cervello e, per quel che mi riguarda, profonde riflessioni sul significato della legge.
Ma si tratta solo di pochissimi esempi».
E poi si darebbe un’ulteriore spinta all’antisemitismo, che già ora si sta diffondendo in maniera pericolosa…
«La tendenza a trovare un capro espiatorio è profondamente radicata nell’essere umano. Ne siamo tutti esposti.
Quando si abbracciano certe crociate si deve stare in guardia: contro sé stessi prima ancora che contro gli altri».
Il movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) ha calato la maschera: dietro la critica alle politiche israeliane si nasconde il sogno di delegittimare lo Stato ebraico. La sorprende?
«Il BDS non è un movimento spontaneo. È un progetto ideologico che ha come fine la scomparsa dello Stato di Israele. È un attore politico che si serve dell’idealismo di chi studia e fa ricerca».
Le Università devono intervenire subito per arginare l’ondata antisemita. Giusto. Ma, nei fatti, cosa potrebbero fare?
«Spiegare la questione mediorientale; far riflettere su alcuni meccanismi propri della psiche umana (negazionismo, criminalizzazione dell’altro, desiderio di sentirsi moralmente superiori), e poi, se possibile, far conoscere le Università israeliane: istituzioni dinamiche e inclusive, ben diverse da quelle descritte dagli slogan».
Il suo appello ha già ricevuto oltre 1.000 adesioni. Anche il manifesto del Riformista, «Dalla parte di Israele», è stato un successo, con oltre 5mila firme. Sono segnali di speranza e fiducia: non siamo soli.
«L’appello può essere firmato da tutti. Hanno già firmato Edith Bruck, Tito Magri, Paolo Miccoli, Andrea Graziosi, Gilberto Corbellini, Giovanni Orsina, Mirella Serri.Giuristi, matematici, storici, filosofi, neuroscienziati, psicoanalisti. Ma si tratta solo di pochissimi esempi. È così: non siamo soli».
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