Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Il grande frastuono di Roy Chen Recensione di Giorgia Greco
Testata: Informazione Corretta Data: 10 luglio 2025 Pagina: 1 Autore: Giorgia Greco Titolo: «Il grande frastuono di Roy Chen»
Il grande frastuono Roy Chen
Traduzione dall’ebraico di Silvia Pin
Giuntina euro 20
“Le donne si meritano una storia di cui sono le protagoniste, le parti attive, le leader, le buone e le giuste, non per sentirsi superiori agli uomini, ma perché si assumano la responsabilità sulla propria vita, perché capiscano che quello che è successo a questo popolo, elevato e umiliato, conquistato e conquistatore, è stato anche per merito loro e per colpa loro…”
Sono proprio le donne le protagoniste dell’ultimo folgorante romanzo di Roy Chen, traduttore, brillante scrittore e drammaturgo israeliano, pubblicato da Giuntina col titolo “Il grande frastuono”.
Questo autore innovativo, dalla biografia sorprendente che si riflette in una scrittura versatile (il ramo materno della famiglia giunse dal Marocco nel XX secolo, quello paterno arrivò in Palestina dopo l’espulsione degli ebrei dalla Spagna nel 1492), aveva già affascinato il pubblico italiano con il primo romanzo “Anime” (Giuntina), un viaggio funambolico nell’identità ebraica di ieri e di oggi, un’epopea che si muove fra epoche, situazioni e paesi diversi.
Torna in libreria in questi giorni con un libro ambientato fra Tel Aviv e Gerusalemme alla vigilia della pandemia che intreccia nell’arco di pochi giorni, fra il richiamo alle tradizioni e l’anelito alla modernità, le esistenze di tre donne alla ricerca di se stesse, della giovane Gabriela, della mamma Noa e della nonna Tzipora.
Con una scrittura originale che oscilla fra umorismo, poesia e un pizzico di scetticismo, Chen ci rende spettatori di uno scorcio di vita di queste tre straordinarie protagoniste entrando nel loro mondo interiore, nelle loro fragilità e delusioni per restituirci uno spaccato della quotidianità di tre donne israeliane di oggi e nel contempo ci indica la strada per capire cosa significhi vivere nell’Israele odierno.
Perché in questo libro non si narra, come accadeva nei romanzi di scrittori della generazione precedente, l’epopea dei pionieri arrivati in Palestina dopo i pogrom russi o dei kibbutzik che hanno contribuito alla nascita dello Stato, bensì una contemporaneità moderna appartenente a qualsiasi città d’Europa o d’America. Anche se, va detto, le vite di queste tre donne non possono sfuggire al confronto con la propria identità millenaria.
La prima parte del romanzo si concentra su Gabriela, un’adolescente “prodigio” del violoncello che esce di casa con il suo strumento sulle spalle, senza telefono (elemento questo, l’assenza di un cellulare, che accomuna per motivi diversi le tre protagoniste) per non essere rintracciata dalla madre e anziché recarsi a scuola si incammina verso l’abitazione di Yonatan, un ragazzo complesso, taciturno, problematico del quale non sa se è innamorata ma sicuramente incuriosita dai suoi silenzi, fughe e ritorni.
Mentre a scuola si susseguono le lezioni di matematica, storia, letteratura, lingua inglese…Gabriela nel suo peregrinare ripercorre le tappe della storia con il compagno di classe fino a quando è talmente presa dai ricordi e dagli eventi che hanno scandito le sue giornate con lui da smarrire in un centro commerciale il suo prezioso violoncello.
L’epilogo, inaspettato, ribalta la percezione della storia e lascia un velo di malinconia nel lettore.
Nella seconda parte entra in scena Noa e queste sono fra le pagine più esilaranti del libro. Noa, che incontriamo nel giorno del suo quarantesimo compleanno mentre legge compulsivamente i messaggi sul cellulare dal quale è impossibile strapparla, è una donna che lavora alla municipalità di Tel Aviv, logorroica oltre ogni dire, dal temperamento adrenalinico, incapace di restare in silenzio o ascoltare il proprio interlocutore anche solo per pochi minuti, riceve inaspettatamente dal marito Nimrod, su suggerimento della figlia Gabriela, un regalo piuttosto insolito: una giornata in una struttura “L’isola del silenzio” che organizza ritiri in cui è fatto obbligo di “lasciare cadere la parola”. Per Noa, sempre iperconnessa per lavoro e per le sue relazioni personali, è una vera tortura e il ritiro, inevitabilmente, si conclude prima ancora di iniziare. Incapace di tacere anche per pochi minuti viene invitata, più o meno cortesemente, a lasciare il ritiro e a ritornare in un’altra occasione. Noa però non si perde d’animo e il resto della giornata che l’attende senza telefono né portafogli e abbigliata in modo sommario è una fucina di incontri e di sorprese di pura comicità che non danno tregua al lettore, catapultato in una notte pazza dai contorni onirici che però, alla fine, svela una Noa più consapevole e, chissà, forse cambiata.
Tzipora, nonna di Gabriela, è una poetessa che ha voluto con pervicacia eliminare l’unica raccolta di poesie pubblicata da tutte le librerie (nel libro si capirà per quale motivo) e traduttrice del famoso e ostico Finnegans Wake di Joyce.
E’ una donna di oltre sessant’anni dal carattere ostico, attaccata alle sue abitudini e con il rimpianto che le amareggia le giornate per non aver ricevuto un adeguato riconoscimento alla traduzione di un romanzo del suo “amato” Joyce.
Il racconto delle vicende di Tzipora prende un andamento decisamente rocambolesco: dopo essere stata investita da un monopattino mentre insegue un piccione, dopo l’incontro con una vecchia amica che le presenta la sua nuova compagna, studiosa femminista della Bibbia con la quale si esprime in toni poco lusinghieri, dopo la fastidiosa puntura di un’ape e la conseguente reazione allergica ecco spuntare dal coro delle voci una molto perturbante: quella di Dio in persona che le annuncia l’arrivo di un grande frastuono con il suo corollario di guerre ed epidemie e rivolgendosi a lei, atea convinta, vuole che diventi una profetessa.
La conversazione con Dio pervasa di pungente ironia raggiunge vette di pura comicità e nel contempo invita il lettore a riflettere sull’avvenire che ci attende e a stringersi alla famiglia lasciandosi alle spalle i contrasti del passato.
Il registro linguistico adottato da Roy Chen svela le sue origini di drammaturgo e uomo di teatro perché riesce in modo magistrale a passare da uno stile malinconico, pervaso dai turbamenti dell’adolescenza con un’ombra che si insinua nel racconto di Gabriela, a una scrittura frammentaria dal ritmo nervoso che delinea il carattere agitato di Noa per finire con uno stile che fotografa perfettamente una Tzipora in perenne lotta col mondo, piena di rimpianti e che sembra sociopatica ma in realtà racchiude un nucleo di tenerezza che non ha mai potuto esprimere.
Sono tre storie differenti, ciascuna con uno scenario proprio, che troveranno nel finale un punto di contatto, di grande bellezza, portando le tre protagoniste ad assaporare un gustoso gefilte fish, una ricetta tradizionale la cui importanza per il romanzo scopriremo solo nelle ultime pagine.
In questo romanzo dove si ride e ci si commuove, dove si passa dal dramma a situazioni grottesche, Roy Chen che riesce a mantenere un perfetto equilibrio in tutti i passaggi narrativi ci invita a soffermarci sul valore del “silenzio” soprattutto in questa società caotica e disgregata ma anche a osservare l’Israele odierno, un luogo pieno di musica, di colori, di rumori che, non va dimenticato, parlano di un’attualità difficile che, nonostante tutto, non rinuncia a guardare al futuro con fiducia e speranza.
Incontrare Roy Chen al Salone del Libro di Torino e poi al MEB di Bologna è stata un’esperienza straordinaria, un viaggio funambolico nel suo mondo creativo di drammaturgo e scrittore. In quelle occasioni l’autore ha raccontato che dopo essersi dedicato, durante la pandemia, alla scoperta di molte autrici come Virginia Wolf, Elsa Morante, Tove Ditlevsen, e poi l’olandese Etty Hillesum “la prima che dovete assolutamente conoscere” si è reso conto di essere praticamente cresciuto solo con figure femminili. “Nella mia famiglia ci sono più donne che maschi. Ricordo il couscous di mia nonna di origini marocchine. Il vero couscous!”. Da lì, ci rivela, è nata anche la scintilla che lo ha portato a scrivere “Il grande frastuono”.
“Amori, conflitti, guerre, bugie e tradimenti…E’ in questo modo che ho cominciato a scrivere e ancora non ho finito”.