Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Non solo a Trump, un Nobel anche a Milei Commento di Daniele Capezzone
Testata: Libero Data: 10 luglio 2025 Pagina: 1/15 Autore: Daniele Capezzone Titolo: «A Milei andrebbe dato il Nobel per l’Economia»
Riprendiamo da LIBERO di oggi 10/07/2025, a pag. 1/15, con il titolo "A Milei andrebbe dato il Nobel per l’Economia", l'editoriale di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
Non candidate solo Trump, date un Nobel anche a Javier Milei. Per l'economia. Il presidente liberale argentino, il primo amico di Israele a Buenos Aires (e il primo che ha tolto il segreto sulle carte dei nazisti fuggiti), sta miracolosamente risollevando l'economia del suo paese, riducendo la povertà e abbattendo l'inflazione.
Facciamoli impazzire: i compagni, intendo. Già da giorni è uno spettacolo assistere alla crisi isterica dei soliti noti per sola eventualità della candidatura di Donald Trump al Premio Nobel per la pace.
Si stracciano le vesti, si strappano i capelli, e pare quasi – dal Medio Oriente alla guerra tra Russia e Ucraina – che a sinistra qualcuno si auguri un peggioramento della situazione. Un miglioramento potrebbe significare un qualche merito per Trump: non sia mai, allora.
Ma se volete definitivamente mandarli al manicomio, occorre raddoppiare: non basta il Nobel per la pace a Trump, ma serve anche – ecco la mia proposta – un ancora più meritato Nobel per l’economia da assegnare a Javier Milei.
Non ditelo a tassatori, socialisti ed espropriatori vari, ma l’avventura del presidente argentino appare addirittura sensazionale. Diciamolo onestamente: quasi nessuno avrebbe scommesso su una sua vittoria (e invece ha vinto). Ancora: quasi nessuno avrebbe scommesso sul fatto che un suo governo potesse durare (e invece è ancora lì, con ottimi dati di popolarità). E soprattutto: quasi nessuno avrebbe scommesso su un suo possibile successo (e invece i dati economici dell’Argentina sono clamorosamente brillanti).
A denti stretti – ma con numeri inequivocabili a suo favore – un po’ tutti sono adesso costretti a riconoscerglielo. Non c’è stato nessun “massacro sociale”, e anzi i fondamentali dell’economia argentina non sono mai stati così rassicuranti come oggi. Perfino l’Economist, che l’aveva accolto con scetticismo, ha dovuto celebrarlo qualche mese fa. Del resto, le cifre e le tendenze parlano da sé: inflazione giù del 40%, povertà giù dal 52% al 35% circa della popolazione (altro che “darwinismo”), investimenti su.
Ma attenzione: quel che conta osservare – qui – è che per Milei la libertà non è solo una questione di dati economici, una faccenda legata all’andamento di una curva o di un indice, uno zero virgola in più o in meno nel tasso di inflazione o nel Pil di un trimestre. La questione della libertà assume per lui una dimensione morale, direi spirituale. Ha a che fare con il rapporto tra Stato e cittadino, tra macchina pubblica e sfera personale di ciascuno di noi: quanto della nostra vita e del nostro benessere possa essere messo ragionevolmente a disposizione dello Stato.
Dalle nostre parti – in tutta l’Europa della regolamentazione ossessiva e dello Stato pesante – si farebbe bene ad ascoltarlo e studiarlo. Non (da una parte) a presentarlo come un fenomeno da baraccone o (dall’altra) come un tipo simpatico le cui ricette, però, non sarebbero mai applicabili nel nostro continente. E perché mai? L’Argentina è forse, con la sua storia di statalismi assortiti, un luogo “facile” per una predica e una pratica di libertà?
Certo, scherzando ma non troppo, viene da pensare che se un Milei si presentasse a Bruxelles e in diverse capitali europee con la sua motosega, la motosierra, il celebre PUS (partito unico statalista) potrebbe opporgli un numero infinito di obiezioni: i dentini della motosega non sono a norma “europea”, lui non risulta iscritto all’albo dei motoseghisti, e manca all’appello anche l’indispensabile corso regionale di aggiornamento.
Ma – facezie a parte – c’è molto da imparare dalla sua lezione: un teorico chiamato a passare alla pratica, e con successo. La realtà è che occorrerebbe credere di più alle idee, che sono una forza capace di muovere forze e coscienze.
E magari – quanto alle forme – occorrerebbe riconoscere l’autentico doppio colpo di genio di Milei: per un verso, offrire un incanalamento liberale al fastidio dei cittadini per la vecchia politica; per altro verso, “vendere” il liberalismo classico con toni e linguaggio trumpiani. Milei ha capito che la dottrina liberista e libertaria non poteva essere presentata in termini aridi, accademici, professorali. Ma che serviva un grano di follia. Di più: occorreva “popolarizzare” quelle idee, e trasformarle nello sbocco positivo da offrire al vento anti-establishment che spira nelle nostre società. Questa magia gli è riuscita.
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