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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Libero Rassegna Stampa
09.07.2025 Netanyahu alla Casa Bianca candida Trump al Nobel per la Pace
Piano israeliano per Rafah: «Sarà una città umanitaria»

Testata: Libero
Data: 09 luglio 2025
Pagina: 14
Autore: Amedeo Ardenza
Titolo: «Piano israeliano per Rafah: «Sarà una città umanitaria»»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 09/07/2025, a pag. 14, con il titolo "Piano israeliano per Rafah: «Sarà una città umanitaria»", la cronaca di Amedeo Ardenza.

Netanyahu consegna a Trump la lettera con cui lo candida al Nobel per la pace. Tutto il Medio Oriente attende l'esito dell'incontro fra i due leader, che durerà fino a giovedì, perché da questo dipenderà effettivamente il nuovo ordine nella regione e una prospettiva di pace è concreta, non è solo retorica, se si allargano gli Accordi di Abramo.

Tutto il Medio Oriente aspetta gli sviluppi dell’incontro di domenica sera alla Casa Bianca fra il presidente americano Donald Trump e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Bibi ha ringraziato il suo ospite informandolo di aver formalizzato la sua candidatura per il Premio Nobel per la Pace.
Martedì sera i due leader si sono visti per la seconda volta in poche ore.

SIRIA

Mentre i due cenavano con le rispettive consorti, dalla Siria giungeva la notizia di un incontro ad Abu Dhabi fra l’uomo forte di Damasco, l’ex qaedista Ahmed al-Sharaa e il primo consigliere per la sicurezza nazionale d’Israele Tzachi Hanegbi. Ripresa dai media israeliani, una fonte siriana ha descritto l’incontro come «un significativo passo avanti nel negoziato fra Israele e Siria». Peccato che nelle stesse ore Hanegbi fosse negli Usa al seguito di Netanyahu, ha smentito poche ore dopo una fonte israeliana. Avvenuto o meno, l’incontro resta un dettaglio sullo sfondo di un progressivo avvicinamento fra due capitali arcinemiche finché la Siria è stata dominata dalla famiglia Assad. Con il crollo lo scorso 8 dicembre di quel regime la Siria è uscita dall’orbita iraniana. Da allora, Israele ha più volte bombardato ciò che restava degli arsenali degli Assad, ha rafforzato la propria alle pendici (siriane) del Monte Hermon, e ha aperto il fuoco contro i qaedisti che minacciavamo i drusi in Siria. Eppure, Al Sharaa ha bisogno di consolidare il proprio potere in Siria utilizzando anche Israele per non diventare un vassallo della Turchia. È proprio di queste ore il varo della 76esima divisione dell’esercito siriano, un esercizio di rebranding per segnare discontinuità con la famigerata 62esima divisione accusata di crimini contro l’umanità sotto Assad e per indicare al mondo che la Siria si sta normalizzando. Il nuovo presidente siriano crede nel cambio del nome: lui stesso prima di sconfiggere Assad (con l’aiuto diretto dei turchi e quello indiretto degli israeliani) si faceva chiamare Abu Mohammed Al-Jolani, ovvero “del Golan”, a sottolineare la rivendicazione delle alture strappate da Israele alla Siria nel 1967. Oggi acqua passata.

LIBANO

Martedì la Israel Air Force (Iaf) ha eliminato Mehran Baajour, responsabile di Hamas in Libano con un’azione area sopra i cieli della città settentrionale di Tripoli. Le incursioni dei droni dekka Iaf non aiutano la distensione con Beirut ma sempre ieri, scriveva Al Arabiya, l'inviato americano Tom Barrack si è recato nella regione situata a sud del fiume Litani, quella vicina al confine con Israele e già controllata da Hezbollah, elogiando gli sforzi dell'esercito libanese per pacificare l’area. A Israele non è sfuggita la dichiarazione di una settimana fa del leader dei drusi libanesi Walid Jumblatt secondo cui «le fattorie di She’ba sono siriane». Si tratta di 14 fattorie nei pressi della Linea Blu occupate da Israele nel 1967. Secondo Israele sono siriane mentre Hezbollah insiste che sono libanesi, il che permette al gruppo armato sciita di definirsi partito della resistenza contro l’occupazione. Disinnescata la questione fattorie di She’ba, il tracciato della Linea Blu israelo-libanese non sarebbe contestato. Considerato che Beirut e Gerusalemme hanno già sistemato i propri confini marittimi, si tratterebbe di un passo avanti verso la pace.

AZERBAIGIAN, INDONESIA

Ore prima dell’arrivo di Bibi alla Casa Bianca, il rabbino americano Rabbi Marvin Hier, il religioso che benedisse Trump durante il suo primo insediamento nel 2017, ha sollecitato l’ingresso dell’Azerbaigian (che confina con l’Iran) negli accordi di Abramo quale apripista per la normalizzazione dei rapporti fra più paesi islamici e lo stato ebraico. Lo stesso Joe Biden aveva spinto perla normalizzazione fra Indonesia, un gigante musulmano da 281 milioni di abitanti e Israele. Come già per l’Arabia Saudita, la pace è saltata il 7 ottobre 2023 e la conseguente reazione israeliana contro Hamas a Gaza.

GAZA

La pace nell’enclave palestinese oggi appare sempre più centrale: ieri il Times of Israel scriveva che secondo alti funzionari israeliani, i negoziati sul rilascio degli ostaggi e un accordo di cessate il fuoco con Hamas sono finalizzati «all’85 per cento» ma resta irrisolta la questione di una pace di medio termine.
Parlando martedì sera dal Campidoglio, Bibi ha definito «buona» la proposta dei mediatori egiziani e qatarioti «ma dobbiamo finire il lavoro a Gaza, liberare gli ostaggi e distruggere le capacità di Hamas perché Gaza deve avere un futuro diverso». Del futuro della Striscia aveva parlato ore prima il ministro della Difesa Israel Katz, immaginando una «nuova città umanitaria» sulle rovine di Rafah, riporta il Times of Israel. L'idea, secondo Katz, è quella di ospitare inizialmente circa 600mila palestinesi che vivono nella zona di Mawasi, sulla costa, da quando sono stati sfollati da altre zone della Striscia. I palestinesi accolti nella nuova città dovrebbero passare controlli di sicurezza per accertare che non abbiano legami con Hamas. Una volta entrati, non sarebbe permesso loro di lasciare la zona, ha detto il ministro ma ci sarebbero incentivi economici per chi decida di emigrare in altri paesi (da individuare). Nello sviluppo del progetto, contestato come illegale da molte fonti vicine al governo britannico, ci sarebbe anche il Tony Blair Institute for Global Change.

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