Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Il premio Strega dovevano darlo a Sansal Newsletter di Giulio Meotti
Testata: Newsletter di Giulio Meotti Data: 07 luglio 2025 Pagina: 1 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Il premio Strega dovevano darlo a Sansal (così almeno avrebbe significato qualcosa)»
Riprendiamo l'articolo di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "Il premio Strega dovevano darlo a Sansal (così almeno avrebbe significato qualcosa)".
Giulio Meotti
Nel 1934, Osip Mandel’stam, un grande poeta russo, fu prelevato da casa per aver scritto sedici versi contro Stalin.
Viviamo senza più fiutare sotto di noi il paese,
a dieci passi le nostre voci sono già bell’e sperse,
e dovunque ci sia spazio per una conversazioncina
eccoli ad evocarti il montanaro del Cremlino.
Le sue tozze dita come vermi sono grasse
e sono esatte le sue parole come i pesi d’un ginnasta.
Se la ridono i suoi occhiacci da blatta
e i suoi gambali scoccano neri lampi.
Ha intorno una marmaglia di gerarchi dal collo sottile:
i servigi di mezzi uomini lo mandano in visibilio.
Chi zirla, chi miagola, chi fa il piagnucolone;
lui, lui solo, mazzapicchia e rifila spintoni.
Come ferri di cavallo, decreti su decreti egli appioppa:
all’inguine, in fronte, a un sopracciglio, in un occhio.
Ogni esecuzione, con lui, è una lieta
cuccagna ed un ampio torace di osseta.
Mandel'stam li aveva recitati ad alcuni amici, ma questo era sufficiente per dipingerlo come un nemico del popolo. Fu arrestato e processato senza testimoni e senza difesa, in questi processi farsa ufficialmente chiamati “processi”, ma che erano solo giustificazioni per la distruzione. Cinque anni di lavori forzati e morte per fame, tifo, freddo e, alla fine, una fossa comune: il perfetto meccanismo di cancellazione.
Pensando a Mandel'stam, vorremmo dirci che il mondo è cambiato. Che l'uomo moderno, imbevuto di lezioni del passato, vaccinato contro il totalitarismo, non lo avrebbe fatto mai più. Che uno scrittore non sarebbe stato più una minaccia. Ci sbagliavamo.
Ma Boualem Sansal, novantuno anni dopo, ha visto l'ennesimo volto della stessa maschera. Non ha scritto una poesia contro un dittatore: ha solo rilasciato interviste, ha scritto dei romanzi e si è recato a Gerusalemme per ricevere un premio letterario.
Ad Algeri, Sansal ha subito un processo senza avvocato. Il pubblico ministero chiese dieci anni di carcere, il doppio della pena iniziale. Il verdetto: cinque anni di carcere, come Mandel'stam per i lavori forzati, una costante matematica.
La domanda è così eclatante da far scoppiare i timpani: come? Come può un poeta, uno scrittore, un uomo che pensa e viaggia diventare un nemico?
Con Il Giuramento dei Barbari, il suo primo romanzo, Sansal fece quello che i nostri scrittorini non fanno mai: rischiare pur provenendo dalla cerchia ristretta (all'epoca Sansal era alto funzionario, ricopriva la posizione di numero due al Ministero dell'Industria).
In Algeria, come in Unione Sovietica, la macchina repressiva ha bisogno di esempi. Calpesta la legge, distorce la giustizia e brandisce processi truccati come moniti. Bisogna dissuadere la gente dal guardare in alto, dal sperare in altro. Un intellettuale deve languire in prigione perché tutti rimangano in silenzio. Le cerimonie sacrificali devono ricordarci che lo Stato è più forte e più grande di qualsiasi individuo, che chiunque osi liberarsene merita di essere schiacciato.
Ciò che conta è il messaggio: siete tutti sotto sorveglianza perché siete tutti colpevoli e siete tutti in balia del sospetto.
In Turchia, l'intera redazione di LeMan è stata arrestata per la pubblicazione di una caricatura di Maometto. Arrestati e ammanettati dietro la schiena il vignettista, il grafico, il contabile, il direttore e il caporedattore.
Dove sono le condanne dell’Europa su Erdogan?
“Se non riusciamo a essere fermi su questo tema, è perché la nostra benedetta libertà di parola non vale uno spillo” disse John Updike al tempo della fatwa contro Salman Rushdie.
E lo stesso vale su Sansal.
Scrive Geneviève Goetzinger: “Sansal combatte contro la nostra ingenuità e a volte contro la nostra codardia. Osserva che in questa fase della nostra storia collettiva, i deboli, gli insensibili, gli smidollati abbondano. La sua lotta è per la nostra libertà, la libertà di tutti noi. E la storia è lì a ricordarci che è sempre nel nostro interesse ascoltare Cassandra”.
Alla serata per lo Strega, questo ridicolo club di snob e smidollati, nessuno che abbia avuto l'ardire di ricordare il proprio collega nel Gulag algerino: in fondo, Sansal è stato pubblicato da Einaudi e Neri Pozza. Neanche Elisabetta Rasy, che pure aveva scritto un bel libro su Mandelstam e neanche Paolo Nori. Il vincitore, Andrea Bajani, neanche a parlarne: è preoccupato dal “patriarcato”.
Evidentemente senza altro talento che la fedeltà al paraculismo letterario – un misto di prosa sociologica, narcisistica e scivolosa in linea con l'attuale ideologia piccolo-borghese della “diversità” – questi scrittori hanno pensato che Sansal non era una causa che portava acqua, anche se non ci sono molti altri scrittori condannati a morte in galera per le proprie idee e romanzi.
Una verità che fa riflettere è che la tirannia non conosce il tempo. Indossa mille travestimenti: i baffi di un dittatore sovietico o la patina istituzionale di una “repubblica democratica e popolare”. Ricicla i buoni vecchi metodi: processi farsa, demonizzazione, solitudine inflitta all'imputato, codardia collettiva.
Walter Duranty, il corrispondente da Mosca del New York Times sotto Stalin, vinse un Pulitzer per aver nascosto deliberatamente la vessazione e lo sterminio di milioni di contadini ucraini per mano di Stalin. Le chiamava, nelle sue corrispondenze, “esagerazioni o malevola propaganda” o, anche, “pure assurdità”. Gli valse anche la gratitudine di Stalin, che gli disse nell'ultima intervista: “Lei ha fatto davvero un buon lavoro qui”. Duranty continuò a giustificare Stalin, dicendo che “non si può fare un'omelette senza rompere le uova”.
Walter Duranty e Joseph Stalin
Ma non fu soltanto Walter Duranty a giustificare i crimini di Stalin. Fu la crema dell’intellighenzia occidentale. L’Urss riservava grandi banchetti ai simpatizzanti. Ci fu chi, come il padre del laburismo inglese, Harold Laski, scriveva che in Andrej Vjsinskij, il procuratore staliniano, quello cui si attribuisce il detto “voi datemi l’uomo, io troverò il crimine”, vedeva “un uomo la cui passione è la riforma della legge”.
“La tavola è carica di cibarie, tutti i tipi di antipasti freddi, di salumi, di pesci salati, o affumicati, o congelati, granchi, gelatine alla crema eccetera”, scrive Romain Rolland. In casa del vate degli scrittori Maxim Gorkij, Rolland incontra Jagoda, il capo della polizia segreta e commissario agli Interni, definito “l’incarnazione della mitezza... suscita simpatia...”. Parlano dell’opera di rieducazione dei detenuti, svolta nel gulag di Bolsevo, in cui dei duecentomila prigionieri nessuno si é ammalato. Ma proprio nessuno.
Lion Feuchtwanger scrive che il futuro si presenta ai giovani sovietici “come un viottolo ben definito e ben curato in mezzo a un piacevole paesaggio”. I coniugi Sidney e Beatrice Webb vedono “carceri libere da ogni forma di atrocità fisica come non lo è nessun’altra prigione del mondo”. Come ha scritto Frank Dikötter in How to Be a Dictator: The Cult of Personality in the Twentieth Century: “George Bernard Shaw ebbe una guardia d’onore militare a Mosca e un banchetto per celebrare il suo settantacinquesimo compleanno. Girò il paese, visitando scuole modello, prigioni e fattorie, con abitanti dei villaggi e operai attentamente addestrati per lodare il partito e il loro leader. Il drammaturgo irlandese trovò Stalin un ‘affascinante compagno’. Shaw non si stancò mai di promuovere il despota e morì nel 1950 nel suo letto con un ritratto del suo idolo sul caminetto”.
E oggi? Lo stesso. Siamo pieni di intellettuali che, di persona o dal divano di casa, elogiano i regimi più brutali, spietati e totalitari sulla terra, ieri in nome del comunismo e oggi del “colonialismo”.
Si chiede Louis Giraud, che definisce Sansal “il martire dimenticato”: “Dove sono gli amici di Sansal? Dov'è finita la diplomazia? Dove sono finiti i difensori della flottiglia della libertà? Dov'è la Lega per i diritti umani? Dov'è finita la dignità di un Paese che, invece di voler liberare Sansal, preferisce parlare di eutanasia?”.
Quando si tratta di difendere la libertà di espressione dai tiranni, la sinistra sa come svignarsela. Così la France Insoumise e gli ambientalisti hanno votato contro la mozione a difesa di Sansal. Gli scrittori tacciono. E i giornalisti si arruolano nella lobby filo algerina.
Le varie Isabel Allende sono impegnate a impedire che i propri romanzi siano tradotti in ebraico, ma non vedono problemi che siano tradotti in Iran.
Ma si illudono di essere risparmiati dai nuovi Vjsinskij.
Lo spiega molto bene il romanziere Leon de Winter sulla Welt:
“Al festival di Glastonbury un cantante della band Bob Vylan incoraggia i partecipanti a unirsi a lui cantando ‘Morte alle Forze di Difesa Israeliane’. In una ‘Palestina libera’, un festival musicale come Glastonbury sarebbe impensabile. Disprezzano questa musica occidentale dai testi osceni che percepiscono come decadente. Eppure, ‘morte alle Forze di Difesa Israeliane’ è stato cantato a Glastonbury da centinaia di migliaia di non credenti sotto l'effetto di pillole e alcol. Questa morte è illusoria quanto il sogno dei festival musicali occidentali di una Palestina libera. Non sorprende che un rapper squilibrato a Glastonbury possa spacciare assurdità come un sogno irrealizzabile, finché un giorno i futuri governanti musulmani del Regno Unito non vieteranno tutti i festival per blasfemia”.
Ecco perché Sansal è lo scrittore e l’uomo la cui presa in ostaggio, come gli scrittori sotto il comunismo, è la metafora futura del nostro destino se non avremo più la forza di essere ciò che siamo. E per capirlo, non ci resta che rileggere, anziché i romanzi da Strega, un saggio di Sansal appena ristampato, Nel nome di Allah, dove scrive:
“Li abbiamo visti installarsi in un Occidente diviso, decadente, senescente e individualista, attaccare la democrazia utilizzando la democrazia stessa con abilità e astuzia. Si sentono vittoriosi e capaci di sconfiggere i più grandi, i più forti. Si sono conquistati un posto ovunque e si espandono senza tregua”.
A differenza di Sansal, la maggior parte degli scrittori sono autentici ecologisti: non lasceranno alcuna traccia.
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