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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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israele.net Rassegna Stampa
06.07.2025 La liberazione inizia con la sconfitta di Hamas
Commento di Zina Rakhamilova

Testata: israele.net
Data: 06 luglio 2025
Pagina: 1
Autore: Zina Rakhamilova
Titolo: «È ora di portare a casa gli ostaggi, porre fine alla guerra e sconfiggere Hamas una volta per tutte. Se il mondo vuole davvero aiutare, deve finalmente affrontare la verità: la liberazione dei palestinesi (e di tutti noi) inizia con la sconfitta di Hamas»

Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - la traduzione del commento di Zina Rakhamilova, pubblicato sul Jerusalem Post, dal titolo: "È ora di portare a casa gli ostaggi, porre fine alla guerra e sconfiggere Hamas una volta per tutte. Se il mondo vuole davvero aiutare, deve finalmente affrontare la verità: la liberazione dei palestinesi (e di tutti noi) inizia con la sconfitta di Hamas". 

Zina Rakhamilova
15 giugno: israeliani in un rifugio di condominio a Gerusalemme, in attesa del cessato allarme

Il cessate il fuoco con il regime iraniano è iniziato poco più di una settimana fa, il 24 giugno.

Nonostante noi in Israele avessimo appena sopportato quasi due settimane di vero terrore – secondo modalità che ci hanno riportato alla mente la stessa paura e la stessa angoscia provate nelle prime settimane dopo il 7 ottobre 2023 – in pieno stile israeliano gran parte del Paese è tornata quasi immediatamente alla normalità, come se non fosse mai successo.

A molti, questo potrebbe sembrare un concetto strano ed estraneo. Come si fa a passare da due settimane di notti insonni – dall’ansia scatenata da ogni rumore forte, dall’ossessione di “cos’altro dovrei mettere nella mia borsa d’emergenza?” – allo svegliarsi la mattina, indossare una camicia pulita e andare in ufficio come se fosse un giorno qualsiasi, spesso passando per le stesse stazioni ferroviarie dove centinaia di persone avevano trascorso la notte precedente accalcate sottoterra, usandole come rifugi antiaerei?

E’ perché in Israele non abbiamo scelta. Se smettessimo di vivere la nostra vita a causa del terrorismo, non vivremmo mai veramente.

Ma la verità è che qui le cicatrici della guerra non sono sempre visibili. Sì, Tel Aviv può sembrare tornata alla sua vitalità ed energia, ma nessuno di noi è veramente tornato alla normalità.

Siamo ancora fisicamente ed emotivamente esausti per le notti insonni. Sussultiamo ancora ad ogni suono inaspettato. Abbiamo amici e parenti che stanno cercando di ricostruire le loro case, alcune ridotte in macerie.

Ovunque andiamo, continuiamo istintivamente a individuare il rifugio antiaereo più vicino. Vi sono alcuni quartieri tuttora devastati dai recenti attacchi missilistici del regime iraniano.

Può essere che viviamo le nostre giornate come se tutto andasse bene, ma la verità è che nessuno di noi è più lo stesso da quel giorno orribile e traumatico in cui Hamas ha preso d’assalto i nostri confini, ha devastato le comunità civili nel sud e un festival musicale, ha bruciato, decapitato e stuprato in gruppo civili innocenti e ha trascinato in cattività centinaia di persone (vive e morte).

Sì, da un certo punto di vista abbiamo visto dispiegare una forza straordinaria da parte delle nostre forze armate. Abbiamo visto la piena potenza e portata delle Forze di Difesa israeliane, non solo contro Hamas, ma contro fronti ancora più formidabili e pericolosi.

Nell’operazione dei cercapersone di Hezbollah, agenti israeliani sono riusciti a piazzare detonatori in dispositivi di comunicazione non rilevabili nemmeno ai raggi X, un’operazione che ha rivelato quanto profondamente avessimo infiltrato da tempo le milizie sponsorizzate e al servizio dell’Iran.

Negli ultimi due anni, Israele ha eliminato quasi tutti gli alti dirigenti di Hamas dietro al 7 ottobre, insieme a figure chiave della rete terroristica iraniana come Ismail Haniyeh, tolto di mezzo nientemeno che su suolo iraniano.

Gerusalemme, 2 luglio: le foto degli ostaggi. “Per gli israeliani, la priorità rimane chiara: bisogna riportare a casa gli ostaggi e porre fine a questa guerra a Gaza”

Abbiamo visto, forse più chiaramente che mai, che Israele dispone di un’innegabile superiorità militare, anche rispetto alla testa stessa della piovra: la Repubblica Islamica dell’Iran.

Da qualsiasi punto di vista razionale, Israele ha ripristinato la deterrenza che aveva perso il 7 ottobre.

Eppure la nostra vitale deterrenza non sembra del tutto ripristinata. Non finché 50 ostaggi rimangono nelle mani di Hamas. Non finché Hamas detiene ancora il potere su Gaza. Non finché la popolazione israeliana continua a convivere con le conseguenze di un trauma che nessuna vittoria sul campo di battaglia può cancellare.

Quindi, cosa viene dopo?

Per gli israeliani, la priorità rimane chiara: bisogna riportare a casa gli ostaggi e porre fine a questa guerra a Gaza.

Secondo i funzionari israeliani, la dirigenza di Hamas è ora in preda al panico, dopo il recente successo militare di Israele contro l’Iran, e la paura che un tempo instillava nella sua popolazione si sta incrinando.

Il feroce gruppo terroristico ha governato Gaza per decenni rubando aiuti, accumulando risorse e rivendendole a prezzi da estorsione.

Ma la creazione di un nuovo meccanismo di aiuti sostenuto dall’Occidente – la Gaza Humanitarian Foundation – ha finalmente iniziato a rompere quel sistema di controllo.

Dalla fine di maggio 2025, la Gaza Humanitarian Foundation (violentemente osteggiata da Hamas e sciaguratamente boicottata dagli organismi internazionale ndr) ha consegnato quasi un milione di pasti al giorno direttamente alla popolazione di Gaza.

L’efficacia dell’iniziativa è tale che l’amministrazione Trump ha promesso 30 milioni di dollari per sostenerla. Si immagini come sarebbe potuta essere Gaza se il Qatar, invece di dare a Hamas 30 milioni di dollari al mese, avesse finanziato iniziative come questa.

Giornalisti israeliani riferiscono che ora clan palestinesi locali hanno persino iniziato a rivolgersi alle Forze di Difesa israeliane avanzato idee circa la governance in una Striscia di Gaza post-Hamas.

Oltre a tutto questo, Israele sembra aver fatto significativi passi avanti nell’intelligence. Solo nelle ultime settimane sono stati recuperati i corpi di otto ostaggi, un altro colpo alla morsa di Hamas e un altro segnale che sta perdendo il controllo.

Nel frattempo, l’amministrazione statunitense esprime ottimismo riguardo a un possibile cessate il fuoco e ad un accordo sulla consegna degli ostaggi nelle prossime settimane.

Ma qui in Israele sappiamo che non è mai così semplice. Hamas non ha ancora accettato le basilari richieste israeliane: il pieno controllo del Corridoio Philadelphi (fra Gaza ed Egitto ndr) per impedire il traffico di armi, il disarmo di Hamas e l’esilio da Gaza della sua leadership. E’ tutt’altro che sicuro che tutto questo si realizzi.

E tuttavia, la situazione attuale sembra indicare un punto di svolta in Medio Oriente. Un vero cambiamento è possibile. Paesi come l’Arabia Saudita (e forse persino Siria e Libano) potrebbero presto normalizzare i rapporti con Israele.

Se lo facessero, potrebbero finalmente collaborare con gli Stati Uniti per combattere il terrorismo e portare tranquillità, stabilità e speranza nella regione.

Possiamo immaginare un futuro in cui gli stati arabi stabili svolgano un ruolo concreto nel migliorare la vita dei palestinesi, non finanziando il terrorismo né voltandosi dall’altra parte, ma costruendo scuole, ospedali, case e posti di lavoro.

Un futuro in cui i palestinesi non siano più pedine nella guerra di qualcun altro, ma esseri umani dotati di dignità, capacità e responsabilità decisionale, e pace.

Questo futuro dipende dai nostri leader – in Occidente, in Israele e nel mondo arabo – che devono fare la scelta coraggiosa e audace di reprimere Hamas e costringerla al disarmo.

Non c’è futuro per Gaza – né libertà, né pace – finché Hamas rimane al potere. Se il mondo vuole davvero aiutare la martoriata enclave costiera, allora deve finalmente affrontare la verità: la liberazione dei palestinesi inizia con la sconfitta di Hamas.

Solo allora israeliani e palestinesi potranno iniziare a guarire dal trauma della guerra e muovere verso una pace condivisa e sostenibile.

(Da: Jerusalem Post, 2.7.25)

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