Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Giornalista palestinese ferita da Israele: ma era Hamas a truccarla Cronaca di David Zebuloni
Testata: Libero Data: 05 luglio 2025 Pagina: 12 Autore: David Zebuloni Titolo: ««Ferita dai colpi israeliani» Ma era Hamas a truccarla»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 05/07/2025, a pag. 12 con il titolo "«Ferita dai colpi israeliani» Ma era Hamas a truccarla" il commento di David Zebuloni.
David Zebuloni
Un'altra bufala di Pallywood si aggira sui media: il ferimento della giornalista palestinese Bayan Abu Sultan. Notizia falsa: Bayan è stata truccata da ferita dalla sua complice ed è in rete anche il video del "dietro le quinte". Si tratta dell'ennesima messinscena.
Siamo a Gaza, meta irraggiungibile di molti e troppi italiani convintamente liberali ma inspiegabilmente ossessionati dalla dittatura islamista che vige nell'idealizzata terra della Palestina.
Ci troviamo tra le macerie, in uno dei tanti luoghi di guerra e di distruzione, ma al posto di imbatterci in morti e feriti, incontriamo una troupe impegnata a filmare e fotografare una giovane ragazza apparentemente ricoperta di sangue. Signore e signori, benvenuti a Pallywood. Un luogo magico in cui tutto e possibile: basta un colpo di trucco, e un po' di benevola ingenuità occidentale.
«"Sono 33 i palestinesi uccisi ieri mattina dal missile israeliano che ha colpito il porto di Gaza City. Ha centrato la caffetteria al-Baqa, sedie di plastica marrone, internet e un tendone per fare ombra: da tempo è il luogo di ritrovo di giornalisti e attivisti, una sorta di co-working al tempo del genocidio», scrive il manifesto. Poi aggiunge: «La giornalista Bayan Abu Sultan è rimasta ferita nel raid. Nelle foto la si vede con il volto coperto di sangue. Sangue c’è anche sulla maglietta, sopra c’è scritto «Normal is boring», la normalità è noiosa. L’ironia nera palestinese, una delle tante forme di resistenza, necessarie a non impazzire».
Fermi, prima di versare tutte le vostre preziose lacrime sulla povera Bayan morente e sulla sua esilarante maglietta necessaria a non impazzire, fate un giro online e cercate il suo nome. Scoprirete immediatamente che la pseudo giornalista è in primis un’ottima attrice. Proprio così. La troupe impegnata a immortalare una giovane ragazza ricoperta di sangue, lavora infatti per lei. Esclusivamente per lei.
In un filmato diventato virale in rete (non in Italia, ovviamente, qui preferiamo non dare visibilità alle bufale dei terroristi), si vede Bayan circondata da parrucchieri e truccatori. Uno le spalma una sostanza viscida e rossa sul viso, l’altro le cotona eccessivamente i capelli, donandole l’aspetto di chi è sopravvissuta alla sedia elettrica, e non a un attacco missilistico. Lei intanto sorride estasiata. Anzi, ride proprio. A crepapelle. Poi si fa seria. Si mette in posa. La mano sul petto, lo sguardo disperato.
Discute animatamente con il fotografo. Mi metto così o mi metto colà? I capelli vanno bene? Sto in piedi o seduta? Ecco a voi Pallywood, in tutto il suo virtuoso splendore.
«La giornalista coraggiosa Bayan, che documenta il genocidio a Gaza sin dal primo giorno, è rimasta ferita in un bombardamento a ovest della Striscia.
Una voce della verità colpita.
Forza Bayan, ti auguriamo una pronta guarigione. Continuiamo a denunciare i crimini contro i/le giornalist? a #Gaza», scrive Patrick Zaki sul suo profilo X. Colui che si autodefinisce un difensore dei diritti umani, non sa banalmente distinguere (e meno banalmente denunciare) un'opera cinematografica travestita da genocidio. Ketchup e sangue, ai suoi occhi, sono esattamente la stessa cosa. Così, il non più tanto giovane e tenero Zaki, impiega le sue giornate a fare ciò che fanno tutti i promotori della pace: bombardare il web di post contro Israele. Pardon, intendevo: riempire di fiori, coriandoli, arcobaleni e unicorni alati il web. I bombardamenti, ovviamente, non riguardano mai gli islamisti e i filo islamisti.
Così ha fatto e tuttora fa anche l’attrice Premio Oscar Bayan Abu Sultan. O, se preferite, la giornalista Premio Pulitzer Bayan Abu Sultan. Nota non soltanto per le sue memorabili impersonificazioni davanti alla telecamera, ma anche per alcune indimenticabili perle pubblicate su X.
Prima fra tutte, una frase che sprizza pace da tutti i pori. «Quando vi sentite affranti, riguardatevi i filmati del 7 ottobre», aveva scritto su X il 10 ottobre 2023. Appena tre giorni dopo la grande strage in Israele che ha dato il via alla grande guerra in Medio Oriente. Chissà se, dopo la fatica di essersi frizzata i capelli, Bayan ha guardato i filmati del 7 ottobre per sentirsi meglio. Il filmato del rapimento dei fratellini Bibas, per esempio. Le immagini in cui la mamma Shiri abbraccia terrorizzata i suoi piccoli Ariel e Kfir dai capelli rossi.
Il finale, purtroppo, lo conosciamo tutti: i tre innocenti sono stati assassinati a sangue freddo dai terroristi.
Tuttavia, guardando le riprese di Bayan sporca di ketchup, non sorgono solamente dubbi di natura cinematografica, ma anche complicati quesiti di matrice etica e filosofica. I media italiani tengono infatti a precisare che, sotto le bombe israeliane, muoiono i giornalisti palestinesi.
Ma sono forse giornalisti quelli che collaborano con Hamas? È giornalista Bayan che prende parte attiva alla propaganda dei terroristi? È giornalista Abdallah Aljamal, volto noto di Al Jazeera, che tra un articolo e l'altro teneva la ragazza ostaggio Noa Argamani in cattività a casa sua?
È giornalista Hassan Aslih, collaboratore della CNN noto per essersi fatto fotografare abbracciato a Yahya Sinwar, che il 7 ottobre era troppo impegnato ad immortalare i terroristi in ciabatte sfondare i recinti dei kibbutzim e irrompere nelle case degli innocenti per denunciare il crimine disumano di Hamas?
La risposta è no. Chi collabora con i terroristi, non è giornalista, ma è terrorista anche lui.
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