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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Il Riformista Rassegna Stampa
05.07.2025 La voce di Preisler contro l’odio pro-Pal
Intervista di David Sayn

Testata: Il Riformista
Data: 05 luglio 2025
Pagina: 4
Autore: David Sayn
Titolo: «La voce di Preisler contro l’odio pro-Pal «In piazza combatto la caccia agli ebrei»»

Riprendiamo dal RIFORMISTA di oggi, 05/07/2025, l'intervista di David Sayn a Karoline Preisler dal titolo "La voce di Preisler contro l’odio pro-Pal «In piazza combatto la caccia agli ebrei»".

Karoline Preisler, giurista tedesca, si batte anche da sola contro l'antisemitismo dilagante, facendo solitarie contro-manifestazioni durante le marce dei pro-Pal.

Giurista tedesca di lungo corso, Karoline Preisler è diventata il volto di una pacifica resistenza alla retorica antisemita, a gruppi che, sotto la bandiera palestinese, inneggiano apertamente ad Hamas.
Capelli biondi e un leggero, imperturbabile sorriso, si presenta con un bouquet e semplici cartelli che recitano: «Lo stupro non è resistenza» oppure «fino all’ultimo ostaggio».
È un segno dei tempi che le forze dell’ordine debbano proteggerne l’incolumità.
Forse l’immagine di una singola donna, armata di fiori e parole, ha davvero qualcosa di sovversivo.

Perché partecipare a queste manifestazioni in solitudine?
«Ho sperimentato diverse forme di protesta in quarant’anni di attivismo politico. Oggi mi batto contro islamisti e antisemiti provenienti da retroterra differenti, e lo faccio da sola per evidenziare la brutalità di chi è disposto a negare i crimini commessi da Hamas il 7 ottobre 2023, senza mai rivolgere un pensiero agli ostaggi ancora prigionieri nei tunnel di Gaza».

È rimasta sorpresa dalle reazioni dei manifestanti?
«In tutta la mia vita non avevo mai conosciuto una violenza così intensa e costante. Ho perso il conto delle minacce di morte, di stupro, delle aggressioni e dei quotidiani incitamenti alla violenza nei miei confronti. La mia famiglia e io ci siamo adattati a questa nuova realtà. Ma ricordo ancora com’era la vita senza queste costanti intimidazioni».

Cosa anima, in fondo, queste piazze?
«Per alcuni, queste radunate sono come un divertimento gratuito: bottiglie scagliate contro la polizia, tanta musica, e così via.
La caccia agli ebrei è una sorta di festa popolare. Molti provengono dall’estrema sinistra e dall’islamismo radicale. Talvolta, vedo anche estremisti di destra con la kefiah: si integrano perfettamente, uniti dall’odio per Israele. Del resto, l’antisemitismo non è mai scomparso dalla Germania. Oggi si adoperano parole forse diverse, ma sempre di ostilità verso gli ebrei si tratta. È un’ostilità che è nostro compito combattere».

Questa è anche una guerra mediatica. Come ha potuto la disinformazione trovare un terreno così fertile?
«Le organizzazioni terroristiche hanno pianificato l’offensiva digitale e gli eventi del 7 ottobre con largo anticipo, contando su un Occidente completamente assuefatto dal benessere. Anche nei campus la propaganda sfonda una porta aperta. In troppi trovano quasi cool la sottomissione, la cancellazione dei diritti delle donne. Io provengo da una dittatura: sono cresciuta nella ex Germania Est, ho vissuto in prima persona gli orrori dell’Unione Sovietica: povertà, assenza di stampa indipendente, nessuna libertà artistica o di pensiero, e così via. Sembra quasi che le generazioni più giovani non vedano nulla di sbagliato in tutto ciò. Che disastro!».

Da subito, lei ha posto l’accento su un fenomeno inquietante: il rifiuto di tanti ad ammettere le violenze sessuali del 7 ottobre.
«Hamas e gli altri responsabili hanno stuprato in modo sistematico, secondo un piano perverso. Alcuni giorni fa ho parlato con Orit Sulitzeanu, direttrice dell’Association of Rape Crisis Centers in Israel.
Per le vittime di Hamas, mi ha spiegato, sapere ignorata o sminuita la loro sofferenza è devastante. Chi continua a non credere alle donne israeliane è una vergogna per il nostro mondo, che ama defi nirsi illuminato. Molte organizzazioni femministe dovrebbero vergognarsi: hanno tradito sé stesse. Anche i media e il mondo accademico, che su questo tacciono, non possono dirsi né liberi né illuminati. Da democratica e cristiana, voglio ribadirlo con chiarezza: non si libera Gaza con lo stupro».

Dopo tanto impegno in Germania, il mese scorso, un viaggio in Israele, gesto di solidarietà verso un Paese le cui ferite sono ancora aperte.
«Ho parlato con i familiari degli ostaggi, ho visitato la Knesset e incontrato il presidente Isaac Herzog. Non dimenticherò mai ciò che ho visto nella base dell’Idf a Nahal Oz, la stessa da cui, tra gli altri, furono rapite Naama Levy e Liri Albag. Ho visitato il kibbutz Nir Oz, parlato con i sopravvissuti. Lì viveva la famiglia Bibas: il piccolo Kfi r, di nove mesi; Ariel, di quattro anni; la madre Shiri e il padre Yarden.
I terroristi hanno ucciso un bimbo di nove mesi insieme al fratellino e alla madre. È orrore puro. E questo orrore rimarrà – fi nché non sarà liberato anche l’ultimo ostaggio».

Il dramma di chi è ancora a Gaza sta passando in secondo piano per l’opinione pubblica internazionale. Non è così in Israele, la cui coesione è messa a dura prova a ogni proposta di cessate il fuoco, con relative, stupefacenti richieste.
«Credo che ogni soluzione politica debba comunque iniziare dalla liberazione di tutti gli ostaggi, vittime di questo pogrom.
Non può esserci pace finché ciascuno di loro non sarà tornato a casa. Certo, gli islamisti operano attraverso l’assassinio e il terrore, riducendo le vite umane a merce di scambio e scudi civili: è un problema enorme. Tuttavia, se smettessimo di lottare per gli ostaggi, allora non saremmo più molto diversi dai loro rapitori, dai torturatori.
Nessuno dev’essere lasciato indietro!».

Il «dopo» resta un’incognita. Sconfitto Hamas, resterebbe comunque una visione del mondo che, rispetto ad esempio alla Germania nazista, non è mai stata oggetto di un vero e concertato sforzo volto ad abbatterla. Che futuro prevede per i palestinesi – prigionieri di un’ideologia – e per il popolo ebraico?
«È contraddizione che neanch’io so risolvere. Mentre Israele e la comunità internazionale hanno più volte proposto soluzioni a due Stati, i governanti del mondo arabo le hanno perlopiù rifi utate.
Troppi fra coloro che in Occidente manifestano “per Gaza” reclamano in fondo un’unica soluzione: un solo Stato, senza Israele.
Dall’altro lato abbiamo l’escalation attuata dai coloni israeliani più estremisti, che getta discredito su tutto Israele. Questo però mi preme dire: i diritti umani senza ebrei, cristiani, drusi e musulmani non sono diritti umani. Allo stesso modo il Medio Oriente, senza Israele, non ha futuro».

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redazione@ilriformista.it

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