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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Bet Magazine Rassegna Stampa
04.07.2025 Non si distingue più il vero dal falso
Editoriale di Fiona Diwan

Testata: Bet Magazine
Data: 04 luglio 2025
Pagina: 1
Autore: Fiona Diwan
Titolo: «Non si distingue più il vero dal falso»

Riprendiamo da BET Magazine di luglio e agosto 2025, a pagina 1, l'editoriale della direttrice Fiona Diwan 

Vita e sogni, poesia e regole: l'etica della riconoscenza nel Talmud |  Kolòt-Voci
Fiona Diwan

La guerra a Gaza e quella in Iran sono state al centro degli scioperi di queste settimane. Un esempio di dissociazione totale dalla realtà: che c'entra Gaza con i salari, che c'entra l'Iran col rinnovo dei contratti? Viviamo in una realtà parallela, ormai, in cui è sempre più difficile distinguere la fantasia delle ideologie dalla realtà, il vero dal falso.

Cara lettrice, caro lettore,

è possibile vedere il bicchiere mezzo pieno, si può essere speranzosi e ottimisti anche quando la precarietà ti circonda, il disordine ti travolge, l’incertezza ti paralizza? Da qualche tempo viviamo immersi in una stagione impazzita, fatta di pandemie, guerre, conflitti, collassi, caos, ordinario antisemitismo, intelligenze artificiali, rivolgimenti che percepiamo come epocali e che ci destabilizzano. Con una costante incomprensibile: il mondo (individui e collettività civile) sembra aver perso la facoltà di leggere la realtà che lo circonda, di riconoscere ciò che è, di esercitare una corretta lettura dei fatti. Così, quando non abbiamo il controllo di ciò che accade fuori, ci concentriamo sulle nostre angosce e fantasmi, sulle paure e insicurezze tipiche dei momenti di precarietà e non distinguiamo più il vero dal falso.

Una società della paura la nostra, dove conta il racconto, non la realtà. È il trionfo dello storytelling, è l’idea che il racconto sia più forte della realtà e che i fatti contino poco o nulla. È come se vivessimo in una post-realtà, in un universo capovolto e parallelo alla Philip K. Dick. Sommersi da un diluvio d’informazioni contrastanti non sappiamo più distinguere tra verità e falsificazione. Immersi in un’orgia di attualità banalizzata, annegati nella tifoseria binaria degli accadimenti (buono-cattivo, bianco-nero, indiani-cow boy), è la dimensione sfaccettata del reale che ci sfugge, la sua complessità.

Un mondo che ha perso il senso della complessità può diventare pericoloso. Una società che non sa più guardare a se stessa con l’ampiezza felice del raziocinio e che non sa più chiamare le cose con il loro nome perde lucidità e direzione. Ma se la complessità è morta, che cosa diventa la realtà se non appunto una storiella semplificata, un cartone animato, una trappola narrativa manipolata da faziosità e tifoserie ideologiche?, tutti convinti di essere dalla parte giusta della storia, mentre invece ecco gli assassini scambiati per vittime, gli oppressi per gli oppressori?

Osservo le immagini degli striscioni che sfilano negli scioperi e nei cortei delle ultime settimane e leggo: Aumentare i salari, fermare il genocidio / Per Gaza, per i salari / Investire nel Welfare – Palestina Libera / Giù le mani dall’Iran. Mi chiedo: che cosa c’entrano i salari con Gaza? Quale nesso tra l’inflazione e la Palestina? E l’Iran, non era il regno dei forsennati assassini di Mahsa Amini, dei lapidatori di adultere e omosessuali, la repubblica delle impiccagioni all’alba? Non dovremmo festeggiare la fine di un regime del genere? Avendo perso la facoltà di leggere la realtà possiamo raccontarla come più ci piace, mi dico. Perché questo conforta i nostri pregiudizi, i nostri pigri modelli mentali. Torti e ragioni annegati in un unico calderone.

Allora, forse, il rischio è di finire come quei due giovani pesci che nuotando vigorosi nell’oceano incontrano un vecchio pesce che li saluta e domanda: “Ehi ragazzi, com’è l’acqua?”. E loro, guardandolo, perplessi: “L’acqua? Cos’è l’acqua?”.

 

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bollettino@tin.it

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