Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Il soccorso dei magistrati alla sinistra Editoriale di Daniele Capezzone
Testata: Libero Data: 30 giugno 2025 Pagina: 1/3 Autore: Daniele Capezzone Titolo: «Il partito delle toghe rosse torna sulla scena politica. È il federatore della sinistra»
Riprendiamo da LIBERO di oggi 30/06/2025, a pag. 1/3, con il titolo "Il partito delle toghe rosse torna sulla scena politica. È il federatore della sinistra", l'editoriale di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
La Corte di Cassazione, adesso, si sostituisce al parlamento? Infatti si è presa il diritto di giudicare le leggi (cosa che spetterebbe alla Corte Costituzionale semmai) e può bocciare sia il Decreto Sicurezza che le leggi sull'immigrazione. Una sinistra in crisi che non sa più fare opposizione viene rimpiazzata da magistrati non eletti.
La sceneggiatura del film è ampiamente nota. Quando il motore dell’opposizione non gira (una comitiva a Budapest, un’altra in lutto per gli ayatollah, altri ancora impegnati a leccarsi le ferite referendarie), è l’onnipotente partito delle toghe a rifarsi vivo. Di più: a farsi – al di là delle volontà soggettive – oggettivo federatore di una sinistra smarrita e priva di argomenti.
Domanda: teoria e studi astratti a parte, a cosa serviva la doppia sortita di un ufficio tecnico della Cassazione come il massimario? Per un verso, a fornire argomenti ai magistrati che, a ogni livello, si preparano a contestare i provvedimenti governativi: e che, dal week-end appena trascorso, disporranno anche dell’appiglio tecnico -giuridico di un documento della Cassazione. Non è difficile prevedere il seguito: un tribunale disapplicherà una certa norma, un altro la interpreterà distorcendola, un altro ancora interpellerà la Consulta.
Per altro verso, l’effetto sarà quello di far ripartire la campagna politica e mediatica della sinistra, che potrà dire: «Non siamo solo noi a contestare il decreto sicurezza e il provvedimento sull’Albania, ma è il vertice stesso della magistratura».
Dimenticando un doppio piccolo “dettaglio”. Primo: i decreti -legge sono esaminati (e convertiti in legge) dalle due Camere, non dai magistrati, a cui non compete alcuna potestà legislativa. Se un magistrato ha il desiderio di contribuire a scrivere le leggi, può togliersi la toga, dimettersi, candidarsi alle elezioni, e, una volta divenuto deputato o senatore, avrà pieno diritto di farlo. Secondo: non è la Cassazione, ma semmai la Corte Costituzionale, se e quando interpellata, a poter svolgere un vaglio sulla legittimità costituzionale delle norme. Operazione che molte volte, in passato, ha risentito di un forte e discutibilissimo tasso di politicità di quelle pronunce. Ora ci si mette pure un ufficio tecnico della Cassazione (sia in sede penale sia in sede civile) a fornire preventivamente cartucce a chiunque voglia sparare: ai dichiaratori compulsivi della politica, ai “liberi interpreti” dei tribunali, e – in ultima analisi – alle stesse componenti progressiste della Consulta. Ora, sarebbe il caso di fissare qualche paletto. Siamo purtroppo abituati all’idea che, in costanza di un governo di centrodestra, “valga tutto”: e che quindi, in nome del nemico da colpire “todo modo”, cioè con qualsiasi mezzo, ogni forzatura sia accettata-ammessa-sdoganata. Ma qualcuno dovrebbe porre un freno a questo malcostume. Altrimenti, la prossima volta in cui – contro Governo e Parlamento – sentiremo invocare da varie parti il principio della separazione dei poteri, ci sarà da sorridere amaramente. Oggi, infatti, in nome dell’ostilità a un governo sgradito, si sta legittimando una clamorosa invasione di campo della magistratura nel terreno dell’esecutivo e del legislativo. E se da queste parti lo si fa notare (qualche giornale libero e non manettaro ancora esiste), è già pronta un’altra scenetta collaudatissima: i magistrati che dichiarano di essere “intimiditi” e “delegittimati”.
Non scherziamo: è vero esattamente il contrario. E sarà bene anche in sede politica tenere il punto. Sia nel merito: e quindi toccherà al governo una robusta difesa dei suoi provvedimenti.
Sia soprattutto nel metodo (e questo non dovrebbe spettare solo all’esecutivo): richiamare chi è uscito dai propri confini a rientrarvi. Tocca all’opinione pubblica più liberale – e consapevole della posta in gioco – svolgere questa funzione: in altre stagioni, una minima mossa della magistratura – a qualsiasi livello – era salutata da applausi. Oggi non è più così: la politicità di certi atteggiamenti non sfugge più alla maggioranza degli italiani.
Sono e saranno dunque gli elettori i primi custodi della volontà che hanno espresso con il voto: e che potrà essere rovesciata soltanto da un voto di segno diverso nel 2027. Non nelle aule dei tribunali. E nemmeno nei corridoi dei palazzi di giustizia.
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