Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Dopo la “guerra dei 12 giorni” Commento di Antonio Donno
Testata: Informazione Corretta Data: 29 giugno 2025 Pagina: 1 Autore: Antonio Donno Titolo: «Dopo la “guerra dei 12 giorni”»
Dopo la “guerra dei 12 giorni”
Commento di Antonio Donno
Il dittatore Khamenei insieme ai suoi generali, molti dei quali sono stati uccisi da Israele (e Trump) durante il primo giorno di attacchi, il 13 giugno
Terminata la “guerra dei 12 giorni”, la guida suprema Ali Khamenei ha dichiarato: “Il regime sionista è stato schiacciato”. Certamente, tra la gioventù iraniana le risate non saranno mancate, anche se soffocate per evitare guai seri. Infatti, si è subito manifestata una forte repressione interna ai danni di presunti traditori o fiancheggiatori dell’attacco israeliano ed americano. Dunque, nonostante le gravissime perdite subite nei sistemi nucleari, il regime degli ayatollah non può esimersi dal dichiarare il presunto successo sui nemici dell’Iran. L’attacco congiunto di americani e israeliani ha rappresentato una grave sconfitta per il regime di Teheran, una sconfitta di cui dovrà tener conto nella sua politica di acquisizione dell’arma nucleare, da usare, come ha sempre affermato il regime, per distruggere Israele.
Ma, al di là delle fanfaronate di Khamenei, la novità in questa guerra è stata la decisione di Stati Uniti e Israele di coordinare gli attacchi, che hanno prodotto gravi danni ai siti nucleari iraniani. Con la decisione di attaccare l’Iran, Trump ha in qualche modo rafforzato la pressione sui dirigenti iraniani al fine di ottenere risultati pesanti dagli incontri negoziali in corso tra Washington e Teheran. Nello stesso tempo, Netanyahu ha accolto con grande favore l’intervento americano, nella speranza che la decisione di Trump possa reiterarsi in analoghe situazioni di pericolo provenienti dal regime degli ayatollah. Ma, nulla di certo si può attendere da Trump. Trump punta ad ottenere esiti importanti dai negoziati e il suo intervento militare deve essere valutato in grande misura per questo scopo. Non si sa quando gli incontri negoziali riprenderanno e quale sarà la posizione di Trump, dopo la batosta assestata nella guerra appena terminata al regime iraniano.
Netanyahu sa bene che non è detto che Trump intervenga militarmente in occasioni future simili a quella appena trascorsa. L’intervento di Trump è da connettersi, come si è detto, ai negoziati in corso con Teheran e ai contenuti finali. Ora è da vedersi come l’Iran si atteggerà al tavolo dei negoziati e se Trump approfitterà del risultato militare ottenuto per aumentare le richieste e costringere il regime degli ayatollah ad un definitivo passo indietro rispetto ai suoi progetti di distruzione nei confronti di Israele. Il fatto è che questi negoziati vedono il confronto tra due soggetti molto diversi tra loro: gli Stati Uniti firmeranno per rispettare gli accordi, mentre l’Iran firmerà per evaderli nascostamente. In quest’ultimo caso, il rispetto degli accordi dovrà prevedere un controllo internazionale sui siti nucleari iraniani, controllo che Teheran non accetterà mai. O, se l’accetterà, impedirà ai controllori di entrare nei siti più avanzati, tirando in ballo il segreto di Stato.
L’Iran è in grave difficoltà. Ha subito una sconfitta militare a proposito dei siti nucleari, un fattore cruciale nel suo programma di elevarsi a potenza regionale all’avanguardia nel progetto islamico di distruggere lo Stato di Israele. Da questo confronto Israele esce vincitore, ma i suoi nemici insistono nel sostenere che, senza il sostegno militare degli Stati Uniti, Israele non avrebbe vinto, anzi avrebbe subito una cocente sconfitta. Si tratta di un’auto-consolazione che rimanda la questione del confronto con Gerusalemme ad un’altra data. Per ora, però, l’Iran deve ritirarsi dal confronto e applicarsi a rimettere in sesto i propri siti nucleari gravemente danneggiati. Saranno, con ogni probabilità, la Russia o la Cina a venire incontro alle necessità militari di Teheran.
Nonostante il grave colpo subito, il regime degli ayatollah resta in piedi, né tantomeno Stati Uniti e Israele potevano sperare in un regime change in Iran. Il regime iraniano ha una grande profondità di radicamento in ogni settore della vita politica e sociale del paese. Decenni di dominio incontrastato sulla società iraniana ha permesso agli ayatollah di estendere e approfondire un controllo pressoché totale sulla vita civile della sua popolazione. L’Iran resta, dunque, il pericolo numero-uno per lo Stato ebraico. Gli Stati Uniti continueranno a negoziare con Teheran, ma l’esito di questi incontri, fortemente voluti da Trump, resta un interrogativo per il governo di Netanyahu. Israele continuerà a vivere in un contesto molto difficile, anche se ha sempre dimostrato un coraggio straordinario nel combattere i suoi nemici e, nello stesso tempo, ha conquistato un posto di grande rilievo nel sistema economico internazionale e ha diffuso benessere e sicurezza tra i suoi cittadini.