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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Il Riformista Rassegna Stampa
25.06.2025 La tregua che lascia tutti insoddisfatti. Il regime umiliato scatena la repressione
Analisi di Mariano Giustino

Testata: Il Riformista
Data: 25 giugno 2025
Pagina: 2
Autore: Mariano Giustino
Titolo: «La tregua che lascia tutti insoddisfatti. Il regime umiliato scatena la repressione»

Riprendiamo dal RIFORMISTA di oggi, 25/06/2025, l'analisi di Mariano Giustino: "La tregua che lascia tutti insoddisfatti. Il regime umiliato scatena la repressione".

FNSI - Il Cdr di Radio Radicale: «Mariano Giustino espulso da Meta per  censura. Agcom intervenga»
Mariano Giustino
Iran, Khamenei abdica: Mojtaba nuova guida suprema. La tregua che lascia  tutti insoddisfatti
La dittatura iraniana è in crisi: i Guardiani della Rivoluzione hanno effettuato oltre 530 arresti e decine di impiccagioni di giovani oppositori. Ora Khamenei pensa di abdicare a favore del figlio, ma i Pasdaran potrebbero opporsi con forza. 

Gli Usa hanno offerto una via di uscita al regime iraniano che ora la sta utilizzando per la propaganda ad uso interno. Con l’aiuto di Doha gli Stati Uniti hanno inscenato un attacco concordato con ampio preavviso alla base statunitense di Al Udeid in Qatar, la più grande di tutto il medio oriente. Quella iraniana è una resa di fatto, sotto l’aspetto militare. La Repubblica islamica infatti ne esce fortemente indebolita e senza più le sue diramazioni in Medio Oriente, oramai distrutte, o quantomeno incapaci di alcuna reazione. Costretta al “cessate il fuoco”, dal momento che non avrebbe retto a lungo ai bombardamenti di Israele, ha evitato la capitolazione. Ma questa condizione non soddisfa tutte le frange interne alla Repubblica islamica, in primis quella che avversa la guida suprema che è la fi gura del regime che ne esce più azzoppato, ancora rinchiuso nel suo bunker assieme alla sua famiglia. Intanto sul piano interno il regime cercherà di approfittare della situazione per rafforzarsi, serrerà i ranghi e scatenerà una repressione ancora più sanguinosa contro ogni oppositore; arresterà e manderà al patibolo ogni voce critica per prevenire eventuali rivolte popolari come quella per Jina, Mahsa Amini. La tregua è preziosa per Teheran che grazie ad essa può trovare sollievo e pensare a rafforzare il fronte interno. Una situazione analoga vi fu nel 1988, quando, dopo 8 anni di guerra, l’ayatollah Khomeini fu costretto ad accettare il cessate il fuoco richiesto dalle Nazioni Unite dopo il terribile bombardamento di Teheran grazie alle bombe che l’Unione sovietica aveva consegnato all’Iraq. Khomeini approfittò di quel conflitto per operare una stretta repressiva e fece impiccare migliaia di oppositori politici. La tregua è indubbiamente un brutto segnale per gli oppositori della Repubblica islamica che ora si troveranno di fronte un regime ancor più incattivito e deciso a rafforzarsi internamente. I primi segnali sono già arrivati. I guardiani della rivoluzione hanno operato oltre 530 arresti e decine di impiccagioni di giovani oppositori, professori e utenti di social media, accusati di essere spie di Israele e hanno subito convocato una parata per la “vittoria conseguita contro l’entità sionista [Israele]”. Sì, perché la tregua non deve essere presentata come una resa, come di fatto è, ma come una vittoria contro Israele, nonostante che i co-mandanti più importanti del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica, i capi delle forze paramilitari basij, gli ufficiali dell’intelligence, gli scienziati nucleari siano stati sistematicamente eliminati uno dopo l’altro. Inoltre, il fatto che la parata propagandistica del regime si tenga in piazza Enghelab suona come una beffa perché in quella stessa piazza iniziò la ribellione del “Mercoledì Bianco” del maggio 2017, una campagna nonviolenta con la quale uomini e donne uscivano con foulard o braccialetti bianchi per mostrare la loro opposizione all’obbligatorietà del velo. Ogni mercoledì giovani donne, vestite di bianco, si toglievano il velo nella pubblica piazza per sventolarlo come una bandiera. La campagna portò le donne iraniane (e non solo) a pubblicare sui social media foto e video di sé stesse ve-stite con capi di abbigliamento di colore bianco. Il 27 dicembre 2017, durante una manifestazione del mercoledì bianco, Vida Movahed, nota anche come “la ragazza della Via Enghelab”, venne arrestata e un suo video, in cui sventolava silenziosamente il suo velo bianco su un bastoncino in via Enghelab a Teheran, divenne virale sui social media ed è tuttora una immagine che è scolpita nella storia della disobbedienza civile. Da allora, l’esibizione pubblica di Movahed di rimuovere il proprio hijab e sventolarlo in aria come una bandiera diventò il gesto simbolico per donne e uomini della pacifica rivoluzione per l’abbattimento della Repubblica islamica. Le autorità iraniane del Mercoledì Bianco furono accusate di “istigazione alla corruzione e favoreggiamento della prostituzione” e furono condannate a 10 anni di carcere e a 74 frustate. Le donne e gli uomini in Iran sanno che non c’è altra possibilità per loro che l’abbattimento della Repubblica islamica. Khamenei pensa di affidare la successione della guida suprema al suo secondogenito, Mojtaba, inviso alla corrente più moderata dei pasdaran. Mojtaba ha 56 anni ed è da molti considerato come la vera e propria “eminenza grigia” che muove le fila del regime. È il braccio destro di suo padre ed è funzionario dei servizi segreti. La sconfitta dell’asse della resistenza in Libano, Iraq, Siria, Yemen e la caduta del regime di Bashar al-Assad ha reso molto vulnerabile la Repubblica islamica che ha perso totalmente la sua capacità di deterrenza e ciò ha approfondito lo squilibrio di potere in Iran a favore di alcune bande all’interno del Corpo dei guardiani della rivoluzione islamica (IRGC) che non vedrebbe di buon occhio la tregua e forse per questo si è registrata una viola-zione del cessate il fuoco da parte iraniana con lancio di alcuni missili balistici che per fortuna non hanno prodotto grossi danni. Queste frange potrebbero pensare che sia giunta l’occasione propizia per liberarsi dell’autorità religiosa che di fatto detiene il massimo potere politico del paese. La guida suprema Ali Khamenei, che è una persona molto anziana e ammalata, vuole garantire la continuità della Repubblica islamica lasciando il potere nelle mani del suo secondogenito Mojtaba, che è per questo motivo avversato da esponenti di spicco dei guardiani della rivoluzione. Non è un caso che ora i pazari, cioè i commercianti dei bazar, potente lobby economica da sempre sostenitrice del regime, stiano volgendo lo sguardo verso i pasdaran osando criticare apertamente e quotidianamente gli ayatollah. Secondo voci di esponenti dei guardiani della rivoluzione, che intendono restare anonimi, vi sarebbe chi pensa ad un colpo di stato e a instaurare un regime militare molto simile a quello del Pakistan: una repubblica islamica con un presidente e un primo ministro, senza la fi gura della guida suprema. I l potere passerebbe a un militare che gestirebbe il paese. Ma c’è chi, sempre all’interno dei pasdaran, pensa al ritorno del figlio del deposto scià, Ciro Reza Pahlavi, una figura questa accettabile e rassicurante per la comunità internazionale, ben visto a Londra oltre che a Washington e a Gerusalemme. In tal caso non vi sarebbe più una Repubblica islamica, ma un regime monarchico che incarnerebbe le due anime principali dell’Iran: quella del nazionalismo persiano e quella della religione sciita. Cambierebbe il volto dell’Iran, avremmo molto probabilmente un sistema ancora autocratico che però avrebbe rapporti più sereni con il mondo occidentale, in particolare con gli Stati Uniti, e che accetterebbe l’esistenza dello Stato di Israele e la pacifica convivenza con esso, come d’altronde avveniva negli anni che precedettero l’arrivo di Khomeini, quando sotto Reza Pahlavi, Stati Uniti e Israele erano i migliori alleati dell’Iran.

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