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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Libero Rassegna Stampa
25.06.2025 La realpolitik di Trump
Commento di Antonio Socci

Testata: Libero
Data: 25 giugno 2025
Pagina: 1/19
Autore: Antonio Socci
Titolo: «La realpolitik di Trump e la nuova via della pace»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 25/06/2025, a pag. 1/19, con il titolo "La realpolitik di Trump e la nuova via della pace" il commento di Antonio Socci.

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Antonio Socci
Trump ha ottenuto il massimo utile infliggendo all'Iran una bastosta militare e diplomatica ma ha impedito a Israele di arrivare ad una vittoria totale, l'Occidente non ha ancora capito che bisogna sconfiggere i nemici della democrazia in modo assoluto.

Il presidente americano ha fatto probabilmente un capolavoro politico da Nobel.
Nessuno può prevedere se e quanto la tregua fra Israele e Iran reggerà. Forse salterà tutto di nuovo in aria, forse no. Probabilmente c’è perfino chi “gufa” la pace per poter dire che Trump ha fallito.
Il buon senso consiglierebbe di sostenere il tentativo di stabilizzazione del leader statunitense, perché la pace conviene a tutti, ma – come diceva il Manzoni – spesso il buon senso «se ne sta nascosto, per paura del senso comune». E il “senso comune” mediatico-politico oggi impone di dare sempre e solo addosso a Trump, qualunque cosa faccia. Se domani camminasse sulle acque – secondo la famosa battuta – lo irriderebbero dicendo che così dimostra di non saper nuotare. Non sorprende che egli sia oggetto di odio ideologico e di una sorta di pregiudizio universale.
Accade da anni. E non stupisce di trovare tutto questo in certi ambienti politici della sinistra mondiale.
Ma almeno i media dovrebbero dare un contributo di razionalità e di pacata capacità di analisi.
Invece in questi giorni continuano a giudicare confuso il leader americano solo perché loro hanno idee confuse in testa e si scagliano contro Trump “a prescindere”. Anche a costo di contraddirsi.
Prima lo attaccano accusandolo di isolazionismo e lo considerano irresponsabile perché consegnerebbe il mondo a regimi autoritari, distruggendo l’occidente. Poi, quando fa capire che potrebbe intervenire, ma non è detto, perché sta valutando (il suo era un modo per fare pressione sull’Iran, per ottenere il ritorno alla trattativa con la rinuncia al nucleare), lo irridono accusandolo di indecisione e di mancanza di leadership (hanno coniato pure un acronimo sarcastico per dire che fa sempre marcia indietro).
Quando poi interviene militarmente, smentendo tutte le loro congetture precedenti, gli stessi, senza riconoscere il proprio errore, lo accusano di essere diventato un guerrafondaio Neocon e così di aver inganno i suoi elettori (che sarebbero, a loro dire, delusi e arrabbiati).
Allora si stracciano le vesti sostenendo che, con il bombardamento alla centrale, sta portando il mondo al disastro economico per la chiusura dello stretto di Hormuz e alla terza guerra mondiale.
Ma non accade nulla di tutto questo, così lo accusano del contrario, cioè di aver fatto un intervento di facciata che in realtà non ha risolto il problema dell’uranio portato via dalla centrale iraniana. Senza capire che usare la forza non per bombardare i civili, ma per distruggere un laboratorio di morte – dove comunque c’erano le tecnologie per l’arricchimento dell’uranio – è stata una scelta geniale, lodevole e decisiva.
Perché quell’intervento risolve in buona parte il problema di Israele (che ha il sacrosanto diritto di non essere minacciato dall’atomica degli Ayatollah) ed evita di spargere sangue in Iran, lasciando aperta una porta a Teheran per tornare al tavolo delle trattative (gli iraniani pare che abbiano capito).
Se – invece di proseguire con l’attacco a Trump sempre e comunque – ci si ponesse finalmente l’obiettivo di comprendere la sua strategia si scoprirebbe che siamo di fronte a una novità molto interessante a positiva. Ma prima bisogna disfarsi nei vecchi schemi e soprattutto dei pregiudizi. Cosa difficile. Si dice che Einstein un giorno abbia detto: «È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio».
Il fatto nuovo – dicevamo- è un presidente americano che non segue più le vecchie logiche. Lunedì scorso ho segnalato che Trump non si identifica né con il dogmatismo isolazionista di certi Maga estremisti, né con la strategia delle guerre ideologiche e del mondo unipolare con cui Neocon e Dem hanno combinato tanti guai.
Egli segue una realpolitik che, nella pratica, lo porta molto vicino a ciò che il Papa americano sta dicendo al mondo. Infatti le cose che Leone XIV continua a ripetere, lungi dall’essere astratte esortazioni morali, sono improntate a realismo e razionalità (oltreché a umanità).
Con gli stessi criteri il presidente Trump cerca di evitare sia i danni dell’isolazionismo, sia i danni dell’interventismo guerresco: è una strategia che permette di affermare il ruolo stabilizzatore e pacificatore degli Stati Uniti, tramite un uso mirato e calibrato della forza e della dissuasione.
«Make America Great Again».
È un nuovo e diverso protagonismo americano funzionale anche a vincere sull’altro fronte aperto della Casa Bianca, quello del riequilibrio economico, industriale e commerciale della grande potenza. Non essendo una strategia ispirata all’ideologia, ma alla realpolitik, in ogni situazione Trump deve mettere in campo capacità politico -diplomatica e un attento uso di bastone e carota.
Deve metterci la faccia in prima persona. È rischioso perché non ci sono successi garantiti, ma questo uso mirato della trattativa, della dissuasione, della pressione politica e militare è una strada nuova molto interessante, per ottenere stabilità e pacificazione. Pure russi e cinesi cercano di capire la novità rappresentata da Trump che in Iran – anche “parlando” a loro – ha dato una dimostrazione della grande forza militare e tecnologica degli Stati Uniti. Che restano la prima potenza mondiale. Mosca e Pechino sono avvisati. Loro sicuramente speravano in un Trump isolazionista per fare quello che volevano. I nostri media speravano in un Trump neo con per poter dire che si è rimangiato le promesse. Ora sono tutti disorientati. Ma l’Europa ha interesse a sostenere la strategia del presidente americano. Chi decidesse invece di soffiare sul fuoco per sabotare la Pax trumpiana (Russia, Cina o altri) non danneggerebbe tanto Casa Bianca, quanto il mondo e probabilmente anche se stesso. www.antoniosocci.com.

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