Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Si allontana l’incubo dell’atomica islamica, ma non è finita Cronaca di Amedeo Ardenza
Testata: Libero Data: 23 giugno 2025 Pagina: 3 Autore: Amedeo Ardenza Titolo: «Si allontana l’incubo dell’atomica islamica, ma non è finita»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 23/06/2025, a pag. 3, con il titolo "Si allontana l’incubo dell’atomica islamica, ma non è finita", la cronaca di Amedeo Ardenza.
Washington assicura: devastati i siti di Fordow, Natanz e Isfahan. Resta il giallo sull’uranio spostato. Rubio: «Duro colpo al regime». L'incubo dell’atomica in mano agli ayatollah si allontana, ma finché al potere ci sarà qualcuno che grida “morte all’America” e “morte a Israele”, potete star certi che farà di tutto per trasformare quel desiderio in realtà
Donald Trump ha detto «completamente distrutto» ma il presidente ama i messaggi semplici. A scendere un po’ di più in dettagli sull’esito dell’operazione Midnight Hammer ha provveduto il segretario Usa alla Difesa Pete Hegseth nel corso di un briefing domenica mattina (il primo pomeriggio in Italia) dal Pentagono. Affiancato dal tenente generale Dan Caine, capo dello stato maggiore congiunto americano, Hegseth ha ricordato che il presidente ha dato l’ordine di «distruggere o deteriorare gravemente» i tre impianti nucleari iraniani di Fordow, Natanz e Isfahan. Per non essere da meno di Trump, Hesgeth ha detto che l’attacco è stato «un successo straordinario e travolgente». L’operazione, ha poi sottolineato, non solo è stata «precisa e pulita» ma non ha interessato «né i militari né il popolo iraniano». Quindi si è speso in un profluvio di lodi per Trump che ha fatto vedere al mondo come la deterrenza americana sia tornata «per cui quando il presidente parla, il mondo deve ascoltare». E dopo aver ricordato che Trump aveva dato 60 giorni all’Iran per rinunciare alla bomba, il capo del Pentagono ha sottolineato che «tutte le nostre munizioni hanno colpito dove volevamo e hanno prodotto l’effetto desiderato: per cui siamo convinto che abbiamo messo Fordow fuori gioco». Viene ora da chiedersi: al di là di quanto rivendicato da Hegseth e dal generale Caine, i tre siti iraniani sono stati davvero distrutti?
Secondo il direttore dell’Agenzia della Nazioni Unite per l’Energia Atomica (Aiea), l’argentino Rafael Grossi, le autorità di regolamentazione iraniane hanno informato l’agenzia che non si è registrato alcun aumento dei livelli di radiazioni fuori dai tre siti a seguito degli attacchi della notte fra sabato e domenica. «Al momento, non prevediamo conseguenze per la salute delle persone o per l’ambiente al di fuori dei siti colpiti», ha affermato Grossi assicurando che l’Aiea continuerà a monitorare e valutare la situazione in Iran «e forniremo ulteriori aggiornamenti non appena saranno disponibili ulteriori informazioni».
Secondo le informazioni più recenti verificate dall’agenzia i tre siti contenevano materiale nucleare sotto forma di uranio arricchito a diversi livelli, che potrebbe causare contaminazione radioattiva e chimica all'interno delle strutture colpite. Da parte sua anche la Commissione di regolamentazione nucleare e radiologica dell’Arabia Saudita ha confermato domenica che non è stata rilevata alcuna contaminazione radioattiva nel regno o nella regione del Golfo a seguito degli attacchi militari. Un segnale che gli impianti non sono stati distrutti o forse più semplicemente una conseguenza del fatto che il gas esafluoruro di uranio presente nelle centrifughe è più pesante dell’aria. Di conseguenza, distrutte centrifughe e impianti, il gas rimarrebbe comunque all’interno della montagna. È d’altro canto difficile valutare il grado di distruzione dei tre siti bombardati, specialmente quello di Fordow che gli ayatollah vollero incastonato nelle montagne di Qom proprio per proteggerlo da possibili bombardamenti.
Ieri sera, il New York Times scriveva che, l’esercito israeliano, in una prima analisi, ritiene che il sito nucleare fortificato fra le montagne abbia subito gravi danni ma non sia stato completamente distrutto nell’attacco. E secondo due funzionari dello Stato ebraico, l’Iran avrebbe trasferito attrezzature e materiali, compreso l’uranio, in un altro sito prima del bombardamento. Lo proverebbero immagini satellitari rilasciate da Maxar Technologies secondo cui alcuni giorni prima dell’attacco 16 gradi camion erano vicino a un ingresso dell’impianto di Fordow.
L’analisi, scrive ancora il Nyt, è condivisa da una fonte governativa americana secondo cui nemmeno le 12 bombe bunker buster sganciate dai bombardieri B2 sarebbero state in grado di distruggere il sito. Le valutazioni di Israele e degli Stati Uniti sui danni al sito sono però ancora in corso. Ecco perché, in mancanza di conclusioni definitive, i funzionari dei due paesi hanno parlato a condizione di anonimato.
Neppure gli iraniani si sono sbottonati: per il ministro degli Esteri Abbas Araghchi, ieri la Repubblica islamica stava ancora «valutando i danni».
Ieri sera sul tema è intervenuto il segretario di Stato americano Marco Rubio. Con toni pragmatici il capo della diplomazia Usa ha messo in dubbio che gli iraniani possano aver spostato l’uranio: «Al momento non possono spostare nulla all’interno dell’Iran. Nel momento in cui un camion si fosse mosso da qualche parte, Israele l’avrebbe visto, l’avrebbe preso di mira ed eliminato». Secondo le valutazioni dell’intelligence Usa, dopo gli attacchi gran parte dell’uranio arricchito al 60% che si trovava a Isfahan sarebbe sepolto in profondità nel sottosuolo: «Dovrebbero estrarlo e consegnarlo», ha aggiunto Rubio. Ha chiuso il dibattito in serata il vicepresidente JD Vance che non ha confermato se i tre siti siano stati distrutti al 100%. Ma gli Usa, ha osservato, hanno «sostanzialmente ritardato» la capacità dell’Iran di sviluppare un’arma nucleare.
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