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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Libero Rassegna Stampa
10.06.2025 Israele e Thunberg: dramma e farsa
Commento di Daniele Capezzone

Testata: Libero
Data: 10 giugno 2025
Pagina: 1/11
Autore: Daniele Capezzone
Titolo: «Israele dona alla Thunberg pane e la verità su Hamas»

Riprendiamo da LIBERO di oggi 10/06/2025, a pag. 1/11, con il titolo "Israele dona alla Thunberg pane e la verità su Hamas", l'editoriale di Daniele Capezzone. 

Confessioni di un liberale. Daniele Capezzone al Caffè della Versiliana  Giovedì 14 luglio, ore 18:30 - Versiliana Festival
Daniele Capezzone

La farsa: la Marina israeliana regala un panino (nella plastica) a Greta Thunberg. Una figura di attivista e influencer che può essere sia tragica che comica, una testimonial delle cause politicamente corrette, invitata da tutti i poteri forti occidentali.

Bifronte come certe figure della mitologia greca, Greta Thunberg ha ormai due maschere: una farsesca e una tragica.
Volete quella farsesca?
Basta accostare le sue dichiarazioni frignanti di ieri secondo cui lei, l’equipaggio e la sua barchetta sarebbero stati nientemeno che «kidnapped», cioè rapiti e sequestrati dall’esercito israeliano, con la foto di lei – sempre lei, mica una sosia – tutta contenta di ricevere un sandwich da un soldato Idf. Ma come? Il sequestratore che passa la pagnottella alla povera eroina sequestrata? E lei, la coraggiosa attivista, la pasionaria indomita, che si fa irretire da una merenda? Già qui verrebbe voglia di far calare il sipario.
Anzi: prima di stendere un velo pietoso, vale la pena di riandare con la memoria alla lunga serie di capi di stato e di governo, di banchieri, di personalità che per anni pendevano dalle labbra della ragazzina. Andavano a omaggiarla e a chiederle una benedizione. Andavano a scusarsi e a farsi legittimare. E lei – severissima e implacabile – rispondeva a suon di sganassoni metaforici: «Ci state deludendo, ma gli occhi di tutte le generazioni future sono su di voi, e se sceglierete di fallire non vi perdoneremo mai». E più la ragazzina scagliava anatemi, più riceveva inchini e ringraziamenti.
Finalmente in Israele ha trovato – è proprio il caso di dire – pane per i suoi denti. L’hanno rifocillata (bene), l’hanno adeguatamente presa in giro (il governo israeliano ha definito la sua barchetta un «selfie yacht», cioè un’imbarcazione per farsi le foto). E poi le hanno impartito una lezione di vita vera e seria, invitandola ad assistere a un lungo video sui crimini commessi da Hamas il 7 ottobre.
Avrà capito? Forse no.
Ma almeno qualcuno l’ha messa in condizione di farlo, spiegandole il confine tra sceneggiate (le sue) e tragedie (quelle provocate da coloro che – più o meno consapevolmente – difende).
A proposito di tragedie: e qui siamo al secondo volto di Greta. Ieri l’autorevole Telegraph, quotidiano di Londra, ha sparato la notizia secondo cui ad aver contribuito a organizzare la spedizione navale di Greta sarebbe stato un uomo accusato da anni di essere un operativo di Hamas basato a Londra, Zaher Birawi (il quale ha sempre negato con forza questa circostanza).

OMBRE

Ovviamente si tratta di capire se l’indiscrezione sarà confermata e se le accuse si riveleranno fondate. Ma – se così fosse – tutta l’operazione assumerebbe contorni assai più cupi. E soprattutto l’angelica Greta – più o meno conscia di esserlo – si confermerebbe simile a una sorta di scatola vuota variamente utilizzabile, nel passato come nel presente e magari anche nel futuro. Un tempo ricorderete la quantità di sponsorizzazioni e marchi, con aziende di mezzo mondo che ritenevano utile essere accostate all’attivista green. Oggi – oplà – al posto di quel tipo di marketing potrebbe essercene un altro. Né trasparente né verde, ma opaco e inquietante.

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