Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Quando si discute del "cessate il fuoco" a Gaza e si fanno pressioni solo su Israele, si dimentica sempre che Hamas tiene ancora ostaggi prigionieri, in condizioni disumane. E nemmeno nell'ultimo round negoziale si è detta disposta a liberarli tutti o a restituire almeno tutte le salme di quelli che hanno assassinato.
I fatti: è stato il barbaro attacco del 7 ottobre 2023, seguito dalla pioggia di missili lanciati contro Israele, a scatenare l'attuale conflitto. E sapete perché questo conflitto perdura ancora oggi dopo oltre 600 giorni? Perché, sorda alle sofferenze che la sua condotta irresponsabile ha causato al suo stesso popolo, l'organizzazione terroristica Hamas sta ponendo delle condizioni per un cessate il fuoco. In primo luogo, c'è la richiesta del ritiro totale delle forze israeliane dalle posizioni conquistate durante i combattimenti nella Striscia di Gaza. Se non fosse così grave, potremmo paragonare questo atteggiamento a quello di un bambino che ha appena perso una partita e che dice: “Non gioco più, ridatemi le mie biglie.” Ma non è tutto. Mentre i leader terroristi sognano palesemente un nuovo 7 ottobre – sono loro stessi a dirlo – “pretendono” delle garanzie internazionali che assicurino loro che Israele si impegni a non attaccare per un periodo fino a sette anni. Il tempo necessario perché Hamas si riarmi e si prepari ad un nuovo scontro? Forse ancora più scioccante è che le proposte avanzate dai Paesi che si offrono da mediatori avallino le condizioni poste dai terroristi per il rilascio degli ostaggi. Spero che non abbiate dimenticato gli ostaggi. Questi uomini, queste donne, rapiti in violazione di ogni diritto. Cinquantotto di loro sono ancora tenuti prigionieri a Gaza. Venti sono ancora in vita, ma per quanto tempo? Muoiono di fame, sono privi di cure mediche, subiscono i peggiori abusi, senza aver mai ricevuto la minima visita dai delegati della Croce Rossa. Le spoglie degli altri sono accuratamente custodite come merce di scambio. La cessazione delle ostilità dovrebbe normalmente essere accompagnata dalla loro restituzione incondizionata a Israele. Questo sarebbe non conoscerel'organizzazione terroristica. Di condizioni ne pone, e non da poco. Secondo l'ultima proposta avanzata dal mediatore statunitense Steve Witkoff, inizialmente verrebbero rilasciati solo 10 ostaggi israeliani ancora in vita. In cambio (!), Israele rilascerà 125 prigionieri condannati all'ergastolo per attacchi terroristici e crimini di sangue e 1.111 cittadini di Gaza detenuti dopo il 7 ottobre 2023. E gli altri dieci ostaggi? Beh, aspetteranno il loro turno. Dai sessanta ai settanta giorni. Affamati, privi di cure mediche, sottoposti ai peggiori abusi. In un silenzio mediatico assordante. Il mondo ha altre priorità. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite riprende senza vergogna le accuse del “Ministero della Salute” di Hamas. Non chiedetegli di esigere il rilascio degli ostaggi. Le Figaro cita la “Protezione Civile” di questo movimento, e il Presidente Macron s’indigna. Neppure lui sarebbe a conoscenza delle condizioni poste dai terroristi per “accettare” un cessate il fuoco? I leader britannici che condannano Israele sono forse più informati?
Ma se gli uni e gli altri ne sono a conoscenza, allora perché tacciono?