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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Riformista Rassegna Stampa
03.06.2025 Dalla parte di Israele
Appello lanciato dal quotidiano Il Riformista

Testata: Il Riformista
Data: 03 giugno 2025
Pagina: 1
Autore: Aldo Torchiaro
Titolo: «Per Israele e contro la caccia all’ebreo. La nostra firma è incisa sul manifesto»

Riprendiamo dal RIFORMISTA di oggi, 03/06/2025, a pagina 1, l'appello da sottoscrivere: "Per Israele e contro la caccia all’ebreo. La nostra firma è incisa sul manifesto", con introduzione di Aldo Torchiaro.

Questa non è solo una raccolta firme, non è l’ennesimo appello.

Vuole essere un manifesto, nel senso proprio del termine: una dichiarazione esplicita di persone di ogni provenienza politica e culturale, di ogni fede e ispirazione, unite nell’intento di dare una voce alle ragioni di Israele.

Perché lì è insita, profondamente, la ragion d’essere dell’Occidente e di quei valori di libertà e democrazia che oggi sono minacciati.

E perché chi minaccia l’integrità e la sovranità dello Stato di Israele, per le ragioni che ne portarono alla costituzione, minaccia il diritto di ciascun ebreo nel mondo a vivere in sicurezza.

«Per primi vennero gli ebrei...», sappiamo come è andata a finire.

Per questi motivi un gruppo di persone si è messo in moto, confrontandosi, consultandosi.

E lungo quella strada, dalle preoccupazioni per le imminenti manifestazioni del 6 e 7 giugno, e per tutte le altre che si succederanno, e che inesorabilmente si riveleranno semplicemente espressioni dell’odio per Israele e dunque antiebraico, hanno voluto mettere nero su bianco il loro punto di vista.

Netto.

Con una iniziativa che doveva inizialmente maturare in tempi più diluiti, e che poi, nell’urgenza dell’agenda che corre, è diventata un’altra cosa: la raccolta di adesioni di chi, in tempi mai tanto difficili, mette nome e cognome, storia e vita al fianco di Israele.

Senza paura.

L’idea all’inizio sembrava ardita, nel clima che si respira;

invece progressivamente è cresciuta, fino a diventare una valanga, mettendo insieme - a ieri pomeriggio - 620 sottoscrittori, ma le adesioni continuano a fioccare ora dopo ora.

Personalità della politica, della cultura, dell’università, del mondo delle imprese e delle professioni.

Commercianti, avvocati, giornalisti.

Donne e uomini uniti dall’esigenza di dare voce – contro tutto e tutti – alla fiera e libera democrazia israeliana, con il Riformista che è diventato veicolo di questo piccolo grande sommovimento di coscienze.

Le adesioni sono arrivate, prima alla spicciolata, poi più spedite, mano a mano che la raccolta prendeva forma, con il coordinamento della chat WhatsApp animata da sette-persone-sette (Fiamma Nirenstein, Nicoletta Tiliacos, Niram Ferretti, Iuri Maria Prado, Bruno Spinazzola, Aldo Torchiaro, Claudio Velardi), che avevano deciso che era venuto il momento di darsi una mossa.

E così sono arrivati Massimo De Angelis e Paolo Sorbi, cattolici pro Israele, le tante firme raccolte da Bruno Gazzo, presidente della Federazione Associazioni Italia-Israele.

E quelle portate dal gruppo Reim, da Udai - emergenza 7 ottobre, dall’Associazione Italia-Israele capitanata da Celeste Vichi.

Dal bellissimo gruppo sardo Chenàbura - Sardos pro Israele.

Dal gruppo Punto su Israele, ai giornalisti di Radio Radicale, al Gruppo Panem et circenses, all’Associazione Setteottobre.

Scoccata la scintilla, il manifesto ha preso rapidamente corpo e sostanza con le tantissime firme, espressione del panorama editoriale, di tutti coloro che sono stanchi dei troppi distinguo, dei rimandi e delle precisazioni di glossa.

Oltre alla redazione del Riformista, i giornalisti di Radio Radicale. Giuliano Ferrara e Giulio Meotti del Foglio. Paolo Liguori, Mario Sechi. Pierluigi Battista. Flavia Fratello. Davide Giacalone. Paolo Guzzanti. Tiziana Maiolo. Cinzia Leone. Antonino Monteleone. Barbara Palombelli. Carlo Panella. Alessandro Sallusti. Maurizio Tortorella, Daniele Capezzone. Ancora, Fabrizio Cicchitto, Margherita Boniver, Carlo Giovanardi, Alessandro Litta Modignani, Stefano Parisi. Francesco Storace. Lucetta Scaraffia, Anna Paola Concia.

Innumerevoli, poi, gli intellettuali, esponenti dell’accademia, delle arti e dello spettacolo, dal filosofo Biagio de Giovanni a Paolo Macry a Giulio Sapelli, da Daniela Santus a Sergio Scalpelli. Il generale Leonardo Tricarico. Il professor Ugo Volli. L’attivista Anita Friedman. Lo scrittore Daniele Scalise.

Un elenco lunghissimo, lievitato sulle ali del coraggio e dell’orgoglio di voler sostenere, andando controcorrente, Israele nel momento più buio.

Tanti si aggiungeranno: questa prima giornata serve a dire a tutti che ci siamo e che chi vorrà cercare gli alibi per riprendere, in Europa, la caccia all’ebreo, troverà nei 620 nomi di oggi e nei tanti che si aggiungeranno domani i più strenui oppositori di ogni antisemitismo.

Il messaggio all’indirizzo dei manifestanti del 6 e 7 giugno è chiarissimo: «Fermate l’odio antisemita, difendete le ragioni di Israele, la sicurezza, la libertà, i diritti degli ebrei in tutto il mondo».

ECCO IL TESTO DEL MANIFESTO:

Le manifestazioni dei prossimi giorni “contro la guerra di Gaza” e “per fermare Israele” sono iniziative irresponsabili nei confronti degli ebrei di tutto il mondo, perché avranno il doppio effetto di armare sempre più l’opinione pubblica contro il diritto di Israele a sconfiggere il nemico che vuole distruggerlo e di consentire all’antisemitismo di dispiegarsi in libertà, minacciando la vita di ogni ebreo.

Quelle manifestazioni sono organizzate e promosse da chi non capisce o non vuol capire che cosa è successo e quel che ha significato il 7 ottobre 2023.

I cinquemila terroristi palestinesi che quel giorno invadevano Israele dicevano al mondo che massacrare gli ebrei in massa era nuovamente possibile.

I loro smartphone e le loro bodycam, restituendo le immagini delle decapitazioni e dei bambini bruciati vivi, raccontavano che lo sterminio degli ebrei tornava a essere una possibilità realizzabile, se solo ci fosse stato qualcuno disposto a metterlo in atto e nessuno disposto a impedirlo.

È stato l’inizio di una nuova era della persecuzione degli ebrei.

Che non cominciava con quei massacri, ma con la diffusione dell’idea che tali massacri “non venivano dal nulla”, come oscena­mente dichiarò il segretario generale dell’Onu.

È vero, non venivano dal nulla.

Venivano dalla volontà genocida antiebraica dell’Iran, che da decenni arma e foraggia Hamas, Hezbollah, gli Houthi, nel progetto di accerchiare e cancellare lo “stato sionista”.

Manifestare “contro la guerra di Gaza” e “per fermare Israele” “fermare Netanyahu” è un modo ipocrita per dire la stessa cosa.

Significa pretendere che Israele e gli ebrei accettino, nella noncuranza della comunità internazionale, la vittoria di Hamas, la sopravvivenza di un nemico che vuole distruggerli.

Chi manifesta oggi “per Gaza” avrebbe potuto subito intervenire per imporre ad Hamas di rilasciare gli ostaggi, ma non lo ha fatto.

Avrebbe potuto imporre ad Hamas di consegnare le armi, ma non lo ha fatto.

Al contrario: ha plaudito ai mandati di cattura della Corte penale internazionale contro Netanyahu e Gallant, la cui esecuzione è oggi caldeggiata dalla piattaforma della manifestazione del 7 giugno.

Noi proviamo profondo dolore per tutte le sofferenze e i morti di questa guerra, per le tante famiglie distrutte.

Proviamo dolore per tutte le vittime.

Tutte.

Anche per quelle del 7 ottobre e per i tanti coraggiosi giovani soldati israeliani caduti per il loro popolo.

Ma sappiamo anche a chi imputarle: ad Hamas, che sin dall’inizio ha cinicamente pensato di combattere la sua guerra usando come scudi umani gli ostaggi e i propri stessi fratelli.

Noi sappiamo e denunciamo che l’obiettivo di questa guerra da parte del fondamentalismo islamico e dell’Iran è la distruzione non semplicemente dello Stato d’Israele ma degli ebrei.

Di ogni ebreo.

Non è un nostro pensiero.

È quanto essi stessi dicono e proclamano da tempo, ed è la sola e vera intenzione genocidaria in atto.

Se Hamas si arrendesse i palestinesi sarebbero al sicuro.

Gli ebrei invece devono essere annientati in quanto tali.

Qual è e di chi è, allora, la volontà genocidaria?

La campagna di biasimo, di diffamazione, di delegittimazione contro Israele e gli ebrei, oggi in atto in un Occidente cieco e autolesionista, sta dando un aiuto impensabile a questo disegno,

i cui frutti copiosi e tremendi vediamo ogni giorno anche in Italia, con la diffusione delle più repellenti manifestazioni di odio antiebraico:

dalle scritte sulle vetrine in stile Germania anni Trenta all’interdizione di ristoranti e negozi ai “sionisti”.

L’Europa che fu della Shoah si accorse dopo, troppo tardi, di esserlo stata.

Quell’Europa che se ne accorse troppo tardi sta gridando a voi, manifestanti del 6 e del 7 giugno, e a chi in Europa vi appoggia, di non accorgervene troppo tardi.

Per inviare la propria opinione al Riformista, cliccare sulla e-mail sottostante.


redazione@ilriformista.it

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