Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Israele risponde alla Francia Cronaca di Amedeo Ardenza
Testata: Libero Data: 31 maggio 2025 Pagina: 11 Autore: Amedeo Ardenza Titolo: «Israele risponde alla Francia: Stato ebraico in Cisgiordania»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 31/05/2025, a pag. 11, con il titolo "Israele risponde alla Francia: Stato ebraico in Cisgiordania", la cronaca di Amedeo Ardenza.
Israel Katz, Ministro della Difesa, risponde pan per focaccia a Emmanuel Macron. Il presidente francese ritiene un "dovere morale e un'esigenza politica" riconoscere uno Stato di Palestina? Katz allora risponde che sarà consolidato lo Stato di Israele anche in Giudea e Samaria. Il tutto mentre continuano le difficili trattative per una tregua a Gaza.
Venerdì le Israel Defense Forces (Idf) hanno evacuato 250mila palestinesi da Jabalya, città del nord di Gaza, per spostarli in zone protette. Un’operazione mastodontica per liberare l’area dai civili e usare il massimo della forza contro i terroristi di Hamas che si nascondono ancora nell’area. Secondo il Jerusalem Post, già giovedì sera i combattimenti fra le Idf e il gruppo terrorista hanno raggiunto un’intensità molto più elevata che nei giorni precedenti. «Stiamo attaccando dall’aria, da terra e dal mare su una scala senza precedenti per garantire la massima protezione ai nostri soldati», ha affermato ieri il ministro della Difesa Israel Katz.
«Dopo aver eliminato i terroristi e bonificato la zona, le Idf elimineranno tutte le minacce secondo il modello di Rafah e manterranno il controllo della zona», ha aggiunto il ministro. Un segnale che Israele ha tanta più fretta di chiudere la partita con Hamas quanto più la tregua mediata dagli Stati Uniti si avvicina.
Ieri il governo guidato da Benjamin Netanyahu ha dato il proprio assenso al piano disegnato dall’inviato speciale americano Steve Witkoff per un cessate il fuoco della durata di 60 giorni. Un sì che l’esecutivo ha pronunciato a dispetto della resistenza dei ministri della destra ultranazionalista secondo i quali adesso è il momento di dare l’ultima spallata al gruppo responsabile dei massacri di civili israeliani il 7 ottobre 2023. Ma neppure Bibi, per 16 anni capo del governo di Gerusalemme, ha la forza per resistere alle pressioni esterne di Donald Trump e a quelle interne di metà dell’elettorato israeliano che prima ancora della sconfitta di Hamas chiede il ritorno a casa degli ostaggi: 58 civili strappati ai loro kibbutz o al festival Nova quel “sabato nero” del 2023 sono ancora nella mano dei loro aguzzini. Almeno 35 sono già morti (ma secondo alcune fonti il numero dei deceduti è pari a 38) per le ferite riportate il 7 ottobre e per la mancanza di cure, cibo, medicinali o più semplicemente acqua e luce ovvero per essere stati tenuti nei tunnel per mesi.
La maggior parte dei sequestrati rilasciati negli ultimi mesi portava sul corpo evidenti segni di denutrizione e sofferenza.
Secondo il piano Witkoff, entro la prima settimana dall’inizio della tregua, Hamas dovrebbe rilasciare cinque ostaggi vivi e i resti di altri nove, per poi ripetere l’operazione all’inizio della seconda settimana.
Nell’ennesimo scambio ineguale fra civili strappati alle loro case e detenuti palestinesi in carcere a seguito di sentenza, Israele rimetterebbe a piede libero in due fasi 125 ergastolani e altri 1.111 palestinesi arrestati dopo il 7 ottobre, impegnandosi anche a restituire i corpi di 180 terroristi. Il decimo giorno del cessate il fuoco, Hamas dovrebbe presentare un elenco completo con referti medici dettagliati sugli ostaggi ancora in vita, persone che non sono mai state visitate neppure dalla Croce Rossa Internazionale negli ultimi 20 mesi di prigionia.
Durante il cessate il fuoco, le Idf si ritirerebbero parzialmente dal territorio gazawi e si terrebbero nuovi negoziati per porre fine alla guerra: se le parti raggiungeranno un accordo sui principi per porre fine alla guerra, tutti gli ostaggi rimasti, sia vivi che deceduti, verrebbero rilasciati. Se accordo non ci sarà, Israele dovrebbe mantenere la possibilità di riprendere le operazioni militari. Un'altra possibilità in discussione, scrive ancora il Jerusalem Post, è l'estensione del cessate il fuoco in cambio del rilascio di ulteriori ostaggi.
Dopo il sì di Israele, c’è attesa per la risposta di Hamas che ieri ha reso noto si essere impegnata a consultare le diverse fazioni ma il condizionale resta d’obbligo. È stato ancora il ministro della Difesa Katz a “incentivare” ieri il gruppo terroristico affinché dia il proprio consenso: «Accettate il cessate il fuoco e l’accordo sugli ostaggi proposti dagli Stati Uniti, altrimenti sarete annientati». E sempre il ministro Katz ieri è stato protagonista di uno scontro a distanza con il presidente francese Emmanuel Macron. Venerdì l’inquilino dell’Eliseo ha affermato che il riconoscimento di uno Stato palestinese non è «semplicemente un dovere morale, ma un’esigenza politica» aggiungendo che gli europei devono «indurire la posizione collettiva» contro Israele «se non arriverà una risposta all’altezza della situazione umanitaria nella striscia di Gaza nelle prossime ore e nei prossimi giorni». Pronta la risposta del ministro scatenato: durante una visita in un avamposto ebraico nel nord della Cisgiordania, Katz ha annunciato l’intenzione di «costruire lo Stato ebraico di Israele» su quel territorio. «È un messaggio chiaro a Macron e ai suoi amici: loro riconosceranno uno Stato palestinese sulla carta, e noi costruiremo qui lo Stato ebraico di Israele sul terreno. La carta finirà nel cestino della storia e lo Stato di Israele prospererà».
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