Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Aiuti a Gaza, pace e (forse) elezioni ma ora l’antisemitismo va fermato Intervista di Aldo Torchiaro all'Ambasciatore Jonathan Peled
Testata: Il Riformista Data: 27 maggio 2025 Pagina: 3 Autore: Aldo Torchiaro Titolo: «Peled, ambasciatore di Israele a Roma: Aiuti a Gaza, pace e (forse) elezioni ma ora l’antisemitismo va fermato»
Riprendiamo dal RIFORMISTA l'intervista di Aldo Torchiaro a Jonathan Peled, Ambasciatore di Israele in Italia dal titolo: "Peled, ambasciatore di Israele a Roma: Aiuti a Gaza, pace e (forse) elezioni ma ora l’antisemitismo va fermato".
Aldo Torchiaro
Jonathan Peled, Ambasciatore di Israele in Italia
Jonathan Peled, economista con doppia laurea in Scienze Politiche, ex Maggiore dell’Aereonautica, è ambasciatore di Israele a Roma dalla fine del 2024 dopo una carriera che lo ha visto prima in Messico e poi a Washington. È stato tra l’altro consigliere politico dell’allora ministro degli Esteri, Shimon Peres, e ha partecipato ai negoziati israelo-palestinesi seguiti agli Accordi di pace di Oslo.
Ambasciatore, come definirebbe il periodo che stanno vivendo ora gli israeliani?
«Stiamo assistendo a un momento davvero spaventoso con un aumento vertiginoso della retorica anti-israeliana e antisemita in tutti gli ambiti. Una retorica che diventa parte di una campagna di incitamento e di una tendenza bellicosa, che purtroppo chiama involontariamente alla violenza contro gli ebrei e gli israeliani ovunque essi si trovino, nel mondo».
Il pensiero vola al duplice omicidio di Washington, al Jewish museum. Lei e il personale della sua ambasciata vi sentite sicuri a Roma?
«Assolutamente sì. Ci sentiamo al sicuro. Abbiamo una cooperazione molto stretta con tutte le autorità, in particolare a Roma. Colgo l’occasione per ringraziare gli organismi che vigilano sulla sicurezza per la collaborazione che ci forniscono».
È preoccupato per la situazione degli ebrei locali in Europa e in Italia?
«Credo, innanzitutto, che l’Italia e tutti i Paesi europei dovrebbero preoccuparsi di non importare il conflitto del Medio Oriente in casa. Penso sia nel loro massimo interesse restarne al riparo ed è responsabilità dei governi e delle autorità in ogni paese proteggere tutti i propri cittadini. Quanto ai cittadini ebrei d’Italia, hanno diritto a una vita sicura e serena al pari di qualsiasi altro cittadino italiano. Ed è responsabilità delle autorità garantirne il benessere e la sicurezza».
La rete di agenti iraniani in Europa e in Italia, degli Hezbollah, per esempio, rappresenta una minaccia seria anche per l’Italia?
«Assolutamente. Sono allarmato dalla presenza di agenti iraniani e di Hezbollah in Italia, e confido nelle autorità italiane affinché si assicurino che questi elementi non entrino nel Paese e, se lo fanno, che vengano arrestati, perché rappresentano una minaccia per la sicurezza interna dell’Italia».
Torniamo all’antisemitismo: gli episodi stanno aumentando, spesso mescolati a proteste politiche contro il governo Netanyahu. L’antisionismo è solo un modo per mascherare l’antisemitismo?
«Purtroppo sì. Credo che dobbiamo sempre ricordare che criticare o essere contrari alle politiche di Israele è legittimo, ma accusare, incolpare o attaccare israeliani o ebrei in quanto tali è inaccettabile, illegale e va impedito con ogni mezzo possibile. E penso che si dimentichi che il sionismo fu quel che è stato il Risorgimento per l’Italia. Quest’ultimo portò alla fondazione dello Stato italiano nel 1861. Allo stesso modo, il sionismo portò alla creazione dello Stato di Israele nel 1948. Per giunta, questo non ha nulla a che vedere con il conflitto attuale. Ripeto: criticare il governo israeliano, le sue politiche, è più che legittimo, ma incolpare gli ebrei italiani o gli israeliani in generale è inaccettabile e intollerabile».
Parlando del governo israeliano e delle sue politiche: Benjamin Netanyahu ha autorizzato la consegna di aiuti umanitari a Gaza. Bisogna assicurarsi che non finiranno nelle mani di Hamas…
«Questo è proprio uno dei problemi principali. È importante sottolineare che la nostra lotta non è contro il popolo palestinese, né contro la popolazione palestinese di Gaza, che soffre condizioni estremamente difficili. Non ignoriamo né minimizziamo in alcun modo le loro sofferenze. Per questo permettiamo e abbiamo sempre permesso l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza, proprio per aiutare quella popolazione che è ostaggio di Hamas. Il problema è che la maggior parte degli aiuti umanitari viene sequestrata da Hamas, che li rivende al mercato nero per arricchirsi, a scapito della popolazione. Il nuovo meccanismo, ancora in fase iniziale, mira a garantire che gli aiuti arrivino ai reali destinatari, a chi ne ha davvero bisogno, e non finiscano nelle mani sbagliate di Hamas».
Non sarà facile…
«Sì, sarà difficile e dovremo fare uno sforzo congiunto insieme alla comunità internazionale. Colgo l’occasione per elogiare l’Italia per il programma “Food for Gaza”, che sta portando avanti con impegno. È un piccolo ma significativo contributo allo sforzo umanitario. Incoraggiamo altri Paesi come l’Italia a fare lo stesso, perché riteniamo che sia una responsabilità condivisa garantire che gli aiuti umanitari arrivino nelle mani giuste, a chi ne ha realmente bisogno».
Parlando di terrorismo internazionale, le reti di Hamas e Hezbollah hanno legami con la criminalità organizzata anche in Italia. La campagna per la simpatia verso Gaza potrebbe essere influenzata dalla mafia?
«Questa è una domanda che va rivolta alle autorità italiane, non compete a noi dirlo. Posso però dire che stiamo collaborando con le autorità italiane per prendere le misure legali necessarie contro gli attivisti di Hamas. Sappiamo di una presenza a Milano e siamo fiduciosi che il sistema giudiziario italiano saprà come prevenire che attivisti o terroristi di Hamas raccolgano fondi o trasferiscano denaro a Hamas e che l’Italia prenderà tutte le misure necessarie per impedire queste operazioni».
Cosa risponde a chi, nelle università italiane, chiede il boicottaggio dei progetti di ricerca che coinvolgono Israele?
«È molto triste vedere come la politica entri nel mondo accademico e scientifico italiano. Le università dovrebbero fare di tutto per evitare che la cooperazione scientifica internazionale, compresa quella con Israele, sia influenzata da questioni politiche. Non aiuta nessuno. Un altro aspetto che credo le università debbano considerare è la crescente violenza e le occupazioni che impediscono la didattica. Tutti devono poter esprimere liberamente le proprie opinioni, e noi incoraggiamo il dibattito politico e di altra natura, ma non a scapito del diritto allo studio o minacciando gli studenti che hanno punti di vista diversi. Speriamo che in Italia non si debbano ripetere scene già viste in alcuni campus americani: manifestare è legittimo, criticare le politiche di Israele è legittimo, ma sabotare violentemente la vita accademica nelle università è un fenomeno preoccupante».
Com’è il suo rapporto con il ministro degli Esteri Antonio Tajani e con la Presidente del consgilio, Giorgia Meloni?
«Abbiamo un rapporto molto buono tra i nostri governi, con la Presidenza del Consiglio, la Presidente Meloni, e ovviamente con il ministro degli Esteri Tajani. C’è un dialogo stretto, cerchiamo di mantenere canali aperti e discutere. Possiamo avere delle differenze di veduta, ed è assolutamente legittimo. Anche tra amici ci si può trovare in disaccordo su certe cose, ma il dialogo con il governo italiano è, in definitiva, aperto e costruttivo. Con tutti».
Guardando avanti cosa vede per il futuro di Israele? Ci saranno nuove elezioni? Gaza sarà liberata da Hamas?
«Credo fermamente che la guerra a Gaza finirà presto. La nostra priorità assoluta è ottenere la liberazione degli ostaggi e porre fine alla guerra, creando le condizioni per un futuro migliore per i palestinesi. Quando dico “noi”, intendo la comunità internazionale, Israele compreso ma non da solo. Con l’aiuto di Stati Uniti, Italia, Egitto, Giordania e Paesi del Golfo».
La pace inizia quando si ferma Hamas…
«È così: condividiamo la responsabilità di aiutare i palestinesi di Gaza a costruire un futuro migliore senza Hamas. Questa è l’unica condizione, e tutti gli attori che ho menzionato concordano: serve un futuro per Gaza, migliore, senza Hamas, in pace e sicurezza con Israele».
Israele avrà nuove elezioni, un nuovo parlamento?
«Non c’è ancora una data. La data ufficiale è nella seconda metà del 2026. Ma, come in Italia o nel Regno Unito, le elezioni possono essere anticipate. Potrebbero tenersi in qualsiasi momento. La mia personale stima, a naso, è che si potrebbe tornare al voto tra novembre 2025 e l’estate del 2026. Ma potrei sbagliare, come dicevo non c’è ancora una data e il governo ha tempo fino a ottobre 2026».
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