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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio Rassegna Stampa
27.05.2025 Bugie e accordi
Analisi di Micol Flammini

Testata: Il Foglio
Data: 27 maggio 2025
Pagina: 1
Autore: Micol Flammini
Titolo: «Bugie e accordi»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 27/05/2025, a pag. 1/V, con il titolo "Bugie e accordi", l'analisi di Micol Flammini.

Micol Flammini
Micol Flammini

Gaza, l'annuncio di Hamas: «Accettato l'accordo di cessate il fuoco». Ma  Israele frena: «Continua l'operazione su Rafah» - Open

Tsahal ha concluso le operazioni a Rafah e avanza verso Khan Younis per eliminare le infrastrutture di Hamas, la stessa Hamas intanto afferma di aver accettato una proposta di tregua dell’inviato americano Steve Witkoff, ma lui smentisce e accusa il gruppo di modifiche inaccettabili. Hamas è un gruppo terroristico e si comporterà come tale fino al suo ultimo giorno

Roma. Tsahal ha annunciato di aver completato leoperazioni a Rafah e di aver iniziato a dirigersi verso Khan Younis. L’obiettivo è procedere da sud per eliminare ogni infrastruttura di Hamas, entrando in profondità nel territorio. Ogni spostamento di Tsahal è preceduto da un annuncio alla popolazione di Gaza, che deve ancora una volta evacuare, spostare persone e pochi averi e trasferirsinelle zone indicate come “sicure”. Spostare una massa di popolazione stanca e impaurita diventa sempre più complesso e gli scontri con Hamas stanno prendendo sempre di più le fattezze della guerriglia, del confronto tra i soldati israeliani e i terroristi. La situazione nella Striscia non può durare a lungo e ieri diverse dichiarazioni, anche da parte del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, hanno mandato un segnale: c’è una proposta di accordo e troppo caos attorno perché venga accettata in fretta. Tutti i negoziati che si tengono dietro le quinte hanno rischiato di essere sabotati da Hamas che ha fatto sapere ad alcuni media di aver accettato una seconda proposta presentata dall’inviato americano Steve Witkoff.

L’uomo di Donald Trump in medio oriente ha subito smentito: “Quello che ho visto da Hamas è deludente e del tutto inaccettabile”. Una proposta di Witkoff esiste ed è stata presentata al gruppo di terroristi dal nuovo intermediario che collabora con l’Amministrazione americana: Bishara Bahbah, imprenditore americano-palestinese, presente a Doha durante gli ultimi colloqui. Il piano di Witkoff prevede la liberazione di dieci ostaggi vivi e la restituzione dei corpi di diciannove rapiti per un cessate il fuoco di sessanta giorni e il rilascio di un numero da stabilire di prigionieri dalle carceri israeliane. Ieri Hamas ha fatto una controproposta presentandola come una revisione di Witkoff al suo stesso piano. I cambiamenti del gruppo sono sostanziali e prevedono la liberazione di dieci ostaggi in due fasi: cinque all’inizio del cessate il fuoco, cinque alla fine, mentre la proposta originale prevede che vengano liberati tutti all’inizio. Secondo Israele, come avvenuto con l’ultimo cessate il fuoco, Hamas potrebbe cercare di ritardare la liberazione degli ultimi ostaggi per allungare il periodo di tregua senza mantenere i suoi impegni. Nella proposta di Hamas mancano i riferimenti alla restituzione dei corpi e inoltre il gruppo ha ripetuto una tattica utilizzata lo scorso anno, quando finse di aver accettato la proposta dell’Amministrazione Biden per la tregua in tre fasi, mentre stava spingendo il suo piano che Israele non aveva mai visto.

Il presidente americano Donald Trump ha detto per la prima volta in modo esplicito che vuole “immediatamente” la fine della guerra a Gaza. Witkoff ha iniziato a intensificare i contatti in medio oriente, ha detto che Israele è d’accordo con il suo piano, ma al momento mancano dichiarazioni ufficiali da parte dello stato ebraico e anzi, secondo alcuni media l’inviato americano avrebbe provato davvero a ritoccare il suo piano, ma ci avrebbe ripensato, sfiduciato. Ieri il primo ministro Netanyahu si è fatto intervistare dal suo portavoce, Topaz Luk – il premier non parla con i media critici se non in occasione delle conferenze stampa – e ha fatto un annuncio importante: “Il rilascio dei nostri ostaggi è la nostra priorità. Spero vivamente che potremo annunciare qualcosa se non oggi, domani. Non ci arrenderemo”. Settimane fa Netanyahu era stato accusato di aver rinunciato a salvare i rapiti, puntando su una nuova occupazione militare di Gaza per cacciare Hamas e aveva espresso delle priorità molto diverse. Ieri è stato contestato per aver dato delle speranze alle famiglie dei cinquantanove ostaggi che rimangono nella Striscia perché secondo chi ha a che fare con i colloqui per un accordo, le trattative sono ancora complesse e l’annuncio del premier è suonato come una trovata politica, insensibile nei confronti di chi da quasi seicento giorni è tenuto prigioniero dai terroristi. I giornalisti israeliani che parlano con chi è coinvolto nei negoziati hanno subito smentito il premier, riportando le dichiarazioni di chi, immerso nelle complessità negoziali, non vede nessun progresso tale da meritare un annuncio.

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