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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Libero Rassegna Stampa
14.05.2025 La svolta del nuovo Papa verso gli ebrei
Cronaca di Antonio Castro

Testata: Libero
Data: 14 maggio 2025
Pagina: 12
Autore: Antonio Castro
Titolo: «La svolta del nuovo Papa. Lettera al rabbino di Roma per ricucire lo strappo»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 14/05/2025, a pag. 12, con il titolo "La svolta del nuovo Papa. Lettera al rabbino di Roma per ricucire lo strappo" la cronaca di Antonio Castro.

Diplomazia al lavoro per ricucire lo strappo fra Vaticano e comunità ebraica, dopo il disastro fatto da Papa Francesco. Leone XIV scrive al rabbino capo Riccardo Di Segni per cercare di ripristinare "il dialogo e la cooperazione della Chiesa con il popolo ebraico nello spirito della dichiarazione Nostra Aetate del Concilio Vaticano secondo".

La diplomazia d’Oltretevere cammina veloce e sembra aver invertito rapidamente rotta. Dopo le dolorose scaramucce dell’era del gesuita Papa Bergoglio adesso il rapporto con l’agostiniano sembra sterzare verso un gentile invito nel segno del dialogo.
Giusto ieri il Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni, ha ricevuto un messaggio personale da Papa Leone XIV, inviato dalla Segreteria di Stato (il ministero degli Esteri della Santa Sede, ndr) con cui è stato informato della sua elezione a nuovo Pontefice. Il Papa si impegna «a continuare e a rafforzare il dialogo e la cooperazione della Chiesa con il popolo ebraico nello spirito della dichiarazione Nostra Aetate del Concilio Vaticano secondo».
L’altra notizia è che «il Rabbino Capo di Roma», spiega una nota diffusa a stretto giro dalla Comunità ebraica di Roma, «sarà presente alla celebrazione della inaugurazione del pontificato», accogliendo con «soddisfazione e gratitudine le parole a lui dirette dal nuovo Papa».
Lo scambio di missive va oltre la classica prassi diplomatica. Che Leone XIV avvii il dialogo con le comunità ebraiche italiane viene letto come un importante segnale di “rasserenamento” dei rapporti. Tanto più che la cerimonia di “intronizzazione” di papa Prevost si terrà domenica prossima 18 maggio e quindi la volontà di ricucire i rapporti manifesta una decisa inversione rispetto agli ultimi tempi della gestione di Francesco.
Domenica il Rabbino capo della Capitale sarà presente alla cerimonia. L’invito ufficiale è stato recapitato contestualmente anche a Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane.
C’è da dire che lo sforzo di ricucire (sotto traccia) i rapporti è stato costante. Ai funerali di Papa Bergoglio il Rabbino- nonostante cadesse nella festività dello Shabbat che vieta ai credenti di partecipare ai funerali - ha voluto manifestare il proprio rispetto. La scelta di Riccardo Di Segni, di partecipare il 26 aprile alle esequie ufficiali è stato un atto di rispetto: «Sabato sarò a San Pietro e ci arriverò a piedi», aveva precisato.
Recentemente anche la senatrice a vita Liliana Segre aveva puntualizzato la «repulsione per la tra strage di civili» e l’utilizzo della parola «genocidio». Non risparmiando critiche: «Provo repulsione per il governo di Netanyahu. A Gaza stragi di civili, ma non è genocidio». Che detto da una donna di 94 anni, deportata bambina nel campo di sterminio nazista di Auschwitz, dovrebbe contribuire a far riflettere. La senatrice a vita - intervistata dal Corriere della Sera- ammette «che la guerra di Gaza sia stata caratterizzata da atrocità e disumanità è sotto gli occhi di tutti» ma la «responsabilità primaria, a mio parere, è dell’attacco di Hamas del 7 ottobre». Aggiungendo che il governo di Israele «è andato ben oltre i limiti del diritto di difesa, facendo stragi di civili e distruzioni immani». «Tuttavia», scandisce, «questo non ha a che vedere con la nozione di genocidio».
La memoria lunga l’uso della parola «genocidio» adoperata più volte dal papa Francesco era finita in un minestrone di attacchi (adoperati ad arte nel dibattito politico) facendo leva sulla durezza dell’azione militare del governo israeliano a Gaza. Confondendo la comunità ebraica con un governo (quello del premier di Israele, Benjamin Netanyahu), che ben prima dell’attacco del 2023 era già contestato settimanalmente in patria. I rapporti si erano più che incrinati dopo l’attacco di Hamas contro incolpevoli cittadini israeliani. «Altalenanti», è il prudente termine che il rabbino Di Segni aveva coniato per giudicare, quasi 2 anni dopo la strage di 1200 innocenti, il difficile dialogo tra la Comunità ebraica romana e Papa Francesco.
Il rabbino capo di Roma ha precisato che «non bisogna fare confusione tra due ruoli incomparabili. Lui (Bibi, ndr) è il Primo ministro dello Stato di Israele, mentre noi siamo la comunità ebraica, quella di Roma, presente in questa città da prima che venissero i cristiani.
Non è un rapporto molto semplice quello con la Chiesa cattolica, è una storia di contrasti ed amicizia. Noi dal nostro punto di vista locale vediamo le cose vivendo in mezzo ai cristiani».
Rapporto complesso. Ma inizialmente contraddistinto da atti di «grande amicizia». Vicinanza «smontata» con una serie di interventi. Il rabbino Capo lo dice chiaramente: «Non soltanto con quell’espressione impropria usata che ci ha lasciato molto perplessi. Però un conto è il rapporto con un Papa» un «altro è» quello «della comunità ebraica di Roma con la cristianità e con i cristiani in mezzo ai quali noi ebrei viviamo, conviviamo, discutiamo».
Comprensibili le telefonate quotidiane di Francesco con «la comunità cristiana di Gaza» ma «non ci risulta che abbia mai fatto una telefonata a un rabbino di Israele», aveva puntualizzato.

 

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