Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Siete preoccupati per '1984' di Orwell? Ci vivete già dentro Newsletter di Giulio Meotti: quello che non ci dicono le grandi testate italiane
Testata: Newsletter di Giulio Meotti Data: 13 maggio 2025 Pagina: 1 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Siete preoccupati per '1984' di Orwell? Ci vivete già dentro»
Riprendiamo l'articolo di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "Siete preoccupati per '1984' di Orwell? Ci vivete già dentro". Quello che non ci dicono le grandi testate.
Giulio Meotti
Mosab Abu Tohab, nega i crimini di Hamas e vince il Pulitzer
Viviamo in tempi strani, in cui il premio Pulitzer - il blasone del giornalismo americano - è assegnato al poeta palestinese che attacca gli ostaggi israeliani e nega che i bambini Bibas siano stati strangolati e mutilati a Gaza.
Tempi strani, se 1984 di George Orwell è ora censurato dalle università inglesi. L’Università di Northampton ha emesso un avviso sul libro: “offensivo e inquietante”. Anche l’Università di Greenwich ha allertato gli studenti su 1984.
L’ironia di censurare il libro più iconico sugli orrori della censura non dovrebbe sfuggire, visto che lo “psicoreato” profetizzato dalla penna di Orwell - commesso da chi osa pensare cose che il “Ministero della Verità” ha deciso che non debbono essere pensate - è ormai realtà nel paese dell’autore di 1984, scritto nel 1948 quando i sovietici avevano inghiottito mezza Europa ed erano ansiosi di altro.
E che ricordiamo è il paese del liberalismo, della Magna Carta (il primo documento costituzionale della storia), della prima casa editrice al mondo (Cambridge University Press), del primo quotidiano moderno (The Daily Courant) e della democrazia più antica.
Si chiama Non Crime Hate Incident, vale a dire un commento o un post sui social o sui giornali che ha offeso qualcuno, compresi genitori che si lamentano sui gruppi WhatsApp della scuola della figlia.
Russia? No, Inghilterra
Fino a poco tempo fa bussare alla porta da parte della polizia faceva molto KGB, ma ora è una caratteristica della vita nazionale inglese.
Un agente speciale in pensione è stato arrestato per un post sui social media che metteva in guardia dall’antisemitismo. Da non credere, no?
Julian Foulkes è stato ammanettato a casa da sei agenti delle forze dell'ordine con cui aveva prestato servizio dopo aver risposto a un attivista filo-palestinese su X, rivela il Times.
Julian Foulkes
Il 71enne è stato trattenuto per otto ore, interrogato e infine “ammonito”. Foulkes dopo otto ore dietro le sbarre ha accettato l’“ammonimento” dalla polizia senza dover essere trascinato in tribunale. E lo ha fatto perché, come hanno scoperto gli agenti durante la perquisizione della sua abitazione, una figlia è morta in un incidente stradale a Ibiza e l’altra figlia vive in Australia, e Foulkes temeva che, se condannato, gli sarebbe stato negato l'ingresso per farle visita.
Foulkes ha rivelato che il capo della polizia del Kent gli ha telefonato domenica per offrirgli "scuse personali per il calvario che ho dovuto sopportare”. Forse l'unico elemento insolito in questa storia è che la polizia ha ammesso di aver esagerato e si è scusata. Ma l’ex agente ha deciso di fare causa alle autorità.
Le riprese delle bodycam del raid forniscono un quadro allarmante di ciò che la polizia considera “sospetto”. Gli agenti hanno frugato nella collezione di libri di Foulkes e uno di loro ha espresso preoccupazione per alcune delle “cose molto Brexit” sul suo scaffale. Un altro ha sfogliato una copia di Guerra all’Occidente di Douglas Murray. Senza dubbio, la polizia politicamente corretta considera questo come prova di una “potenziale minaccia estremista”.
Il poliziotto in pensione stava rispondendo a un manifestante “filo-Palestina” che aveva negato che ci fosse una vena “d'odio” nelle marce a Londra.
Il suo post su X, inviato due giorni prima che la polizia si recasse a casa sua, era una reazione alle notizie di una folla antisemita che assaltava un aeroporto in Daghestan, in Russia, alla ricerca di passeggeri ebrei. Era una risposta a un'attivista che minacciava di fare causa a Suella Braverman, l'allora Ministro degli Interni, per aver definito le manifestazioni pro-palestinesi di Londra "marce d'odio".
Dopo il “Sabato Nero” del 7 ottobre, quando si diffuse la voce di un aereo in arrivo da Israele, si scatenò la caccia all’ebreo nell’aeroporto in Dagestan al grido di “Allahu Akbar”. La Russia fu costretta a dirottare i voli dall’aeroporto. I passeggeri arrivati hanno iniziato a sbarcare, per essere costretti a risalire sull'aereo mentre i manifestanti che sventolavano bandiere palestinesi correvano verso di loro per linciarli. Un ufficiale dell'aviazione li richiamava sull'aereo gridando "presto!". La folla ha poi cercato di impedire agli autobus di lasciare l’aeroporto e sono entrati anche negli hotel alla ricerca di ebrei.
Foulkes commenta: “Siamo a un passo dall’assediare l’aeroporto di Heathrow in cerca di passeggeri ebrei”.
E non soltanto Islam: c’è anche il gender fra gli “psicoreati”.
Harry Miller, anche lui ex agente di polizia, è stato indagato dalla polizia per poesie che aveva pubblicato su Twitter deridendo il movimento trans. In un tweet, Miller ha scritto: “Mi è stato assegnato il genere mammifero alla nascita, ma il mio orientamento è quello dei pesci. Non datemi nomi sbagliati”.
Kellie-Jay Keen-Minshull, militante per i diritti delle donne, è stata interrogata due volte dalla polizia per aver usato il “pronome sbagliato” nel riferirsi a un maschio transgender. La polizia ha arrestato anche Jennifer Swayne, detenuta per più di dodici ore dopo aver affisso manifesti che dicevano che gli uomini travestiti dovrebbero stare lontani dagli spazi per sole donne. Swayne ha accusato la polizia di operare "come la Stasi" dopo aver fatto irruzione nella sua casa e aver preso un libro di un'accademica critica del transgender. Swayne, che è disabile, stava girando per Newport sul suo scooter per disabili quando la polizia l'ha fermata. È stata arrestata dopo che aveva ricevuto sei denunce sui “manifesti offensivi”.
In un paese razionale, un pensionato ed ex poliziotto, come una disabile, dovrebbero essere considerati in fondo alla lista di coloro che potrebbero rappresentare una “minaccia”. Ma l’Occidente è un manicomio. E stiamo assistendo alla simultanea perversione della magistratura e alla strisciante presa di potere ideologica della polizia, entrambe braccia dello stato che ora sembrano intenzionate a imporre una ideologica visione del mondo.
In una società sana di mente, sarebbero gli agenti che lo hanno arrestato a languire in prigione. E, una volta rilasciati, non lavorerebbero mai più nella polizia.
E così un regno un tempo pacifico sta incentivando e rendendo inevitabile la morte della tranquillità sociale e si trasforma in quello che la sinistra ama evocare come spauracchio autoritario: lo “stato di polizia”.
Erano le sei di domenica mattina, quando Allison Pearson si è trovata sulla soglia di casa, in vestaglia e pantofole, di fronte a due agenti di polizia.
La famosa giornalista del Telegraph stava affrontando un'indagine “kafkiana” della polizia per aver “fomentato l'odio razziale” in un post sui social media l'anno scorso. Pearson, scrittrice pluripremiata e bravissima editorialista del quotidiano inglese (l’ho tradotta spesso per la newsletter), si è vista arrivare a casa due agenti di polizia per dirle che era sotto inchiesta per un post su X (ex Twitter).
Quando Pearson ha chiesto cosa avesse detto da meritare la polizia, l'agente ha detto che non gli era permesso rivelarlo. L’agente ha anche rifiutato di rivelare il nome della sua accusatrice. “Non è l'accusatore”, ha detto il poliziotto, abbassando lo sguardo sui suoi appunti. “Sono chiamati vittime”.
Tre corpi di polizia assegnati a indagare una giornalista per un post sui social?
Niyak Ghorbani
A Londra Niyak Ghorbani, un dissidente iraniano, da mesi marcia a fianco della comunità ebraica con il suo cartello che afferma “Hamas è terrorista”. Ghorbani è stato rimosso con la forza dalla polizia metropolitana per aver tenuto un cartello che diceva “Hamas è un terrorista”. Poi Ghorbani è stato arrestato quando la polizia ha creduto erroneamente che Ghorbani avesse aggredito un manifestante, quando in realtà Ghorbani era stato vittima di un’aggressione. Alcune settimane dopo, Ghorbani è stato nuovamente arrestato per aver protestato contro Jeremy Corbyn prima di essere rilasciato. E la saga è continuata quando Ghorbani è stato contattato dalla polizia via email prima della protesta, chiedendogli se avesse intenzione di partecipare. La polizia londinese ha contattato anche membri della comunità ebraica per scoprire se Ghorbani intendeva partecipare. Infine, la polizia lo ha arrestato di nuovo, questa volta trattenendolo per 8 ore e vietandogli di partecipare a future manifestazioni fino al 5 luglio.
Trovate normale che si arresti un esule iraniani che protesta con i terroristi? Gli organizzatori delle stesse marce da cui Ghorbani è cacciato dalla polizia hanno legami con Hamas, hanno incontrato funzionari di Hamas o ne hanno pubblicamente elogiato le atrocità terroristiche. Un gruppo, la Muslim Association of Britain, è stato fondato da Muhammad Kathem Sawalha, ex leader di Hamas che ora vive a Londra.
In questo caso, tutto “legale”: perché non sono più liberali, ma positivisti sottomessi.
Hatun Tash
La predicatrice cristiana Hatun Tash si stava preparando a fare un discorso sul Corano allo Speakers Corner di Londra quando è stata trascinata via dagli ufficiali di polizia, mentre una folla la circondava gridando "Allahu Akbar". La polizia ha ora pagato 10.000 sterline di danni a Tash. “Sono stata trattata in modo orribile dalla polizia e sono stata ripetutamente umiliata quando non avevo fatto nulla di male. La polizia, come al solito, ha fatto esattamente ciò che la folla musulmana voleva che facesse”.
Una folla inferocita si è radunata attorno a lei. La polizia ha cercato di portarla via, ma lei si è rifiutata di andarsene. Così la polizia l’ha portata via di peso, l'hanno messa su un furgone, l'hanno portata in una stazione, perquisita, interrogata alle 4 del mattino e rilasciata alle 9. La folla, nel frattempo, che solo poche ore prima si era scagliata contro questo piccola predicatrice ex musulmana gridando "Allahu Akbar", era presumibilmente a letto, a riposare serenamente.
Tash ha vinto la causa contro la polizia e ha donato il suo ultimo compenso a un'organizzazione che sostiene coloro che subiscono persecuzioni per aver abbandonato la fede islamica.
C'è davvero bisogno di ricordare alla polizia inglese che non è (ancora) una nazione islamica? Evidentemente sì, visto che ora mandano a processo un cittadino inglese per aver “offeso l’Islam”.
A febbraio, il cinquantenne turco Hamit Coskun è stato accusato di aver causato “angoscia” alla fede islamica dopo aver bruciato un Corano fuori dal consolato turco a Londra. Se Coskun venisse condannato, segnerebbe un altro passo nella costante capitolazione dell'Europa al veto dei jihadisti, dove la paura di una violenta reazione detta i limiti della libertà di espressione. Coskun ha detto che la sua manifestazione era una protesta contro il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan e che aveva voluto esprimere solidarietà a Salwan Momika, un rifugiato iracheno assassinato in Svezia a gennaio dopo aver bruciato dei Corani. Questo è il risultato di un misto di pressioni da parte di regimi autoritari, in particolare degli stati membri dell'Organizzazione per la Cooperazione Islamica, minacce da parte di gruppi jihadisti e di appeasement da parte delle democrazie liberali.
Lo avevo scritto: per paura che arrivi un leone che le cacci dal potere, le nostre volpi al potere sfameranno i lupi. La vera domanda non è più se la libertà di parola sia minacciata da estremisti violenti e non solo islamici: senza dubbio lo è. La domanda ora è se abbiamo ancora il coraggio di difenderla.
E quando un agente di polizia in pensione, una giornalista del Telegraph, un esule iraniano, una attivista disabile e una cristiana turca sono arrestati, interrogati e portati via dalla polizia, significa che le democrazie sono travolte dai nuovi barbari già dentro le mura della città.
La newsletter di Giulio Meotti è uno spazio vivo curato ogni giorno da un giornalista che, in solitaria, prova a raccontarci cosa sia diventato e dove stia andando il nostro Occidente. Uno spazio unico dove tenere in allenamento lo spirito critico e garantire diritto di cittadinanza a informazioni “vietate” ai lettori italiani (per codardia e paura editoriale).
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