Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Il suicidio perfetto di Elly Editoriale di Daniele Capezzone
Testata: Libero Data: 12 maggio 2025 Pagina: 1 Autore: Daniele Capezzone Titolo: «Per Elly e Landini un suicidio annunciato»
Riprendiamo da LIBERO di oggi 12/05/2025, a pag. 1, con il titolo "Per Elly e Landini un suicidio annunciato", l'editoriale di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
Elly Schlein si concentra sulla promozione del voto dei referenum dell'8-9 giugno, dove l'affluenza prevista è ben sotto il quorum e dove si vogliono abrogare anche leggi sul lavoro varate dal PD stesso. Un suicidio politico fatto e finito.
È venuto il momento di ammetterlo con una punta di spirito cavalleresco: dalle nostre parti, siamo a volte eccessivamente severi nei confronti di Elly Schlein, alla quale (pur nel quadro di evidenti fragilità politiche, forse non emendabili) andrebbero per lo meno riconosciuti due meriti tutt’altro che banali.
Primo: la sua presenza alla guida dell’opposizione rappresenta una robusta polizza d’assicurazione sulla vita e sulla salute del governo. Secondo: le sue interviste ci rendono istantaneamente più giovani, perché ci fanno tornare al clima delle assemblee scolastiche, quelle in cui il preside era invariabilmente cattivo e il ministro dell’Istruzione cattivissimo. Elly è così, il suo mondo meraviglioso è colorato a tinte pastello, i buoni sono buonissimi e i cattivi cattivissimi. Com’è la Meloni? Cattiva.
Com’è Salvini? Anche più cattivo. E Trump? Cattivissimo. E Ignazio La Russa sui referendum? Più cattivo ancora.
Capite bene che non c’è spazio per un minimo di articolazione del pensiero, per uno straccio di manovra politica, per una strategia di medio periodo da attuare nel breve con un grano di sapienza tattica. No, tutto si riduce a un’invettiva adolescenziale, a una rivendicazione di bontà (propria) e nequizia (altrui), senza che si affaccino mai quelle entità sconosciute chiamate responsabilità -pragmatismo -realismo.
Ecco, non è davvero nostro compito dare consigli alla sinistra italiana, che sa benissimo sbagliare da sola, e senza alcun bisogno di apporti o consulenze esterne.
E tuttavia, se dovessimo dare un suggerimento sincero e disinteressato allo schieramento progressista, consiglieremmo di non concentrarsi sulle dichiarazioni relative ai referendum del Presidente del Senato, ma proprio sull’oggetto delle cinque richieste referendarie e sul probabilissimo esito catastrofico della consultazione dell’8-9 giugno prossimi.
Se le cose andranno come si immagina, la partecipazione si attesterà sopra il 30% ma ben difficilmente vicino al 40%: un chiaro naufragio politico, una certificazione della condizione minoritaria di questa sinistra nel paese.
OPPOSIZIONE MINORITARA
Ma non finisce qui, perché in politica può fisiologicamente capitare di essere in un certo momento minoritari, eppure portatori fecondi di istanze di cambiamento, di semi destinati a produrre fiori e frutti più avanti. E invece no: qui il risultato sarebbe drammaticamente minoritario, e per di più inchioderebbe la sinistra a una linea estrema sulla cittadinanza (un po’ come andare contromano in autostrada rispetto al sentimento dei cittadini) e a una linea di irrigidimento anti-impresa (e in ultima analisi anche anti-lavoratori) del mercato del lavoro. Il risultato politico sarà cioè di desertificare a sinistra tutto ciò che sia distante o anche semplicemente diverso dal binomio Landini-Schlein.
E i cosiddetti “riformisti” del Pd? Sembrano ridotti a malinconici “panda” da destinare ad apposite riserve (5 seggi alla Camera e 5 al Senato la prossima volta, più o meno quello che il Pci assegnava agli “indipendenti di sinistra”). Al massimo (ma questo resta ancora da vedere) una funzione riformista potrebbe essere legittimamente riconosciuta a Matteo Renzi, dentro la coalizione ma fuori dal Pd, a significare un’avvenuta mutazione genetica del partito del 2013-2014.
VASI COMUNICANTI INUTILI
E loro- i riformisti del Pd- nemmeno combattono, nemmeno difendono a testa alta le loro leggi ora sottoposte alla mannaia referendaria di Elly & Maurizio. Sussurrano (ma siamo allo ius murmurandi riconosciuto ai dissidenti, nulla di più) la loro “libertà di coscienza”. La realtà è che hanno già interiorizzato una sconfitta culturale che pare non transitoria.
Elettoralmente, non a caso, la somma di Pd e Cinquestelle, da quasi due anni, non supera nei sondaggi quota 34-36%: possono esserci travasi interni, nella logica dei vasi comunicanti, ma nessun significativo allargamento ad altre aree di consenso. Sommando i piccoli si può arrivare a un 40-42% complessivo. Lontano dal centrodestra e senza serie chances di competere per la vittoria. Ne vale la pena? Contenti loro...
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