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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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israele.net Rassegna Stampa
11.05.2025 Sondaggio in Israele: pace con i palestinesi? solo il 15%, visto il passato
Analisi del Jerusalem Post​​​​​​​ e articoli del Times of Israel e Israele.net

Testata: israele.net
Data: 11 maggio 2025
Pagina: 1
Autore: Jerusalem Post
Titolo: «Sondaggio conferma: la maggioranza degli israeliani pensa che una pace coi palestinesi migliorerebbe sicurezza, stabilità ed economia. Ma solo il 15% pensa che un accordo di pace sia oggi possibile»

Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - la traduzione dell'analisi dal Jerusalem Post,e articoli del Times of Israel e Israele.net dal titolo "Sondaggio conferma: la maggioranza degli israeliani pensa che una pace coi palestinesi migliorerebbe sicurezza, stabilità ed economia. Ma solo il 15% pensa che un accordo di pace sia oggi possibile".

Sondaggio conferma: la maggioranza degli israeliani pensa che una pace coi  palestinesi migliorerebbe sicurezza, stabilità ed economia. Ma solo il 15% pensa  che un accordo di pace sia oggi possibile – Israele.net
Per Israele non avere vicini belligeranti ma pacifici e pronti ad aprire scambi commercali sarebbe un sogno, ma la realtà è ben diversa, sappiamo tutti cosa sigifica uno Stato Palestinese libero di formare un proprio esercito con un confine a 40km da Tel Aviv, attaccherebbero subito!

La maggior parte degli israeliani ritiene che un accordo di pace con i palestinesi migliorerebbe la sicurezza nazionale e stimolerebbe l’economia, ma ben pochi di loro si aspettano che un accordo del genere possa essere raggiunto nel prossimo decennio.

E’ quanto emerge da un nuovo sondaggio dell’aChord Center for Social Psychology for Social Change, dell’Università di Gerusalemme.

I risultati smentiscono la percezione diffusa, soprattutto all’estero, secondo cui gli israeliani non sarebbero favorevoli ad accordo di pace coi palestinesi.

L’indagine, condotta nell’aprile 2025 su un campione rappresentativo di israeliani adulti, viene presentata al People’s Peace Summit di Gerusalemme, il più grande evento sulle prospettive di pace organizzato dopo il massacro del 7 ottobre, che si tiene l’8 e 9 maggio su iniziativa di It’s Time, una coalizione di 60 gruppi della società civile israeliana che promuovono la pace, la riconciliazione e una società condivisa.

Secondo il sondaggio, il 46% degli intervistati ritiene che un accordo di pace ridurrebbe gli attacchi missilistici contro Israele, contro il 21% che pensa che aumenterebbero.

Circa gli attentati terroristici, il 41% afferma che diminuirebbero, contro il 28% che si aspetterebbe un loro aumento.

A livello personale, il 43% degli intervistati ritiene che la propria sicurezza migliorerebbe con un accordo, contro il 17% che teme un suo peggioramento.

La maggioranza (60%) afferma che un accordo di pace coi palestinesi porterebbe a un incremento del turismo e circa il 50% ritiene che un accordo del genere stimolerebbe la crescita economica e promuoverebbe partenariati tecnologici regionali.

A livello sociale, il 46% ritiene che consentirebbe maggiori investimenti in istruzione, sanità e welfare. E il 45% afferma che il governo potrebbe concentrarsi maggiormente sulle priorità interne.

Inoltre, il 39% degli intervistati vede la pace come un modo per rafforzare la democrazia israeliana, mentre il 31% afferma che potrebbe anche approfondire le divisioni sociali. Come prevedibile, tra gli intervistati che si identificano con l’opposizione la percentuale di coloro che affermano che un accordo di pace che includa uno stato palestinese rafforzerebbe la democrazia israeliana sale al 57%, evidenziando la preoccupazione diffusa in questo settore dell’opinione pubblica che il conflitto comprometta la governance democratica.

La maggior parte degli intervistati identifica il coinvolgimento internazionale come una chiave per il raggiungimento della pace. Circa il 58% cita come importante l’impegno americano, mentre il 57% è favorevole al riconoscimento del ruolo dell’Autorità Palestinese. Un altro 54% sottolinea il ruolo degli stati arabi nel garantire un accordo regionale.

Infine, mentre il 42% degli intervistati si dichiara favorevole a un accordo di pace regionale che preveda la creazione di uno stato palestinese a fianco di Israele, solo il 15% afferma di credere che un tale accordo possa essere raggiunto nel prossimo futuro. La percentuale sale al 24% tra gli elettori dell’opposizione e precipita al 5% tra i sostenitori dell’attuale coalizione di governo.

(Da: Jerusalem Post, 9.5.25)

In un video-messaggio inviato venerdì al People’s Peace Summit di Gerusalemme, il presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen ha ribadito che, a suo parere, “c’è ancora una possibilità di raggiungere la pace basata sulla soluzione a due stati”.

Attenendosi alla tradizione, Abu Mazen ha parlato di “due stati”, ma non di “due stati per due popoli”: una formula che la dirigenza palestinese evita di usare giacché implicherebbe di riconoscere Israele come “stato del popolo ebraico” mentre i dirigenti palestinesi vogliono preservare quello che definiscono il “diritto individuale e inalienabile” di tutti i discendenti dei profughi palestinesi al “ritorno”, cioè a stabilirsi all’interno di Israele.

Abu Mazen ha aggiunto che per raggiungere l’obiettivo della pace “a due stati” è necessaria “una giustizia che garantisca a ciascuno i propri diritti”: la formula di rito con cui la dirigenza palestinesi allude appunto al cosiddetto “diritto al ritorno”, cioè a stabilirsi all’interno di Israele.

Abu Mazen ha poi affermato di respingere il terrorismo in ogni sua forma, ma non ha menzionato esplicitamente né condannato Hamas e l’attacco del 7 ottobre 2023.

Infine, senza usare la parole “ostaggi”, si è detto favorevole al rilascio di “tutti i detenuti e prigionieri”: una formula che allude anche a tutti i palestinesi condannati e detenuti in Israele per terrorismo e reati di sangue.

(Da: Times of Israel, israele.net, 9.5.25)

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