Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Trump vuole il cessate il fuoco, Putin gli fa solo una cortesia Analisi di Micol Flammini
Testata: Il Foglio Data: 10 maggio 2025 Pagina: 1 Autore: Micol Flammini Titolo: «l 9 maggio sulla Piazza Rossa Putin mostra che Mosca non è sola»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 10/05/2025, a pag. 1/XV, con il titolo "l 9 maggio sulla Piazza Rossa Putin mostra che Mosca non è sola", l'analisi di Micol Flammini.
Micol FlamminiTrump pensa che il cessate il fuoco significhi mettere Putin con le spalle al muro, ma in realtà gli sta solo facendo un assist per la vittoria. Lo Zar, sfortunatamente, non è solo: il 9 maggio, durante la parata sulla Piazza Rossa, Vladimir Putin ha accolto 29 leader stranieri, incluso Xi Jinping. Hanno sfilato anche soldati di paesi amici di Mosca, come Cina, Corea del Nord e Bielorussia
Roma. Per la prima volta dopo tre anni, gli spalti della Piazza Rossa, dove i leader stranieri e le delegazioni internazionali prendono posto dietro al capo del Cremlino,erano pieni. Vladimir Putin era circondato da ventinove leader, la giornata era splendida e la sfilata delle armi e dei soldati è andata avanti senza intoppi, senza neppure il nevischio a disturbare i pochi veterani della Seconda guerra mondiale rimasti in vita. Dalla Piazza Rossa, il 9 maggio,giorno in cui Mosca celebra la vittoria sulla Germania nazista, il capo del Cremlino ha imparato a usare le immagini in modo potente e ieri la sfilata non è servita soltanto a rinfrancare i russi sulla forza del loro esercito, ma anche a strabiliare i leader stranieri.
Putin era seduto accanto a Xi Jinping, ogni tanto si voltava verso il leader cinese per attirare la sua attenzione su qualche particolare nella piazza. Xi si è alzato in piedi quando i suoi soldati hanno sfilato, reggendo la bandiera nazionale, al ritmo delle marce militari di Mosca. Ogni 9 maggio per Putin è una festa che dedica soprattutto a se stesso. E’ inutile attendere grandi messaggi e per quanto il capo del Cremlino speri di poter dichiarare la vittoria contro Kyiv nello stesso giorno che segna la vittoria contro i nazisti, anche quest’anno è stato deluso. Putin ha tenuto un breve discorso, ha detto che Mosca è la barriera indistruttibile contro il nazismo, l’antisemitismo e la russofobia. La parata del 9 maggio è un rito che Putin ha istituzionalizzato, di anno in anno ha aggiunto elementi, ha coltivato il suo culto della personalità, ha allontanato la celebrazione dalla vittoria del passato e l’ha avvicinata alla promessa di una guerra nel presente. Più la avvicinava, più la guerra diventava reale. Ieri sulla Piazza Rossa, mentre aveva attorno a sé tanti dei leader di paesi che hanno fatto parte dell’Unione sovietica e che quindi hanno dato il loro contributo all’Armata rossa, Putin ha detto che il sacrificio di ottant’anni fa sarà ricordato come opera dei “soldati russi”. Non soltanto ha cancellato l’Ucraina dalla memoria della guerra, ma anche i paesi amici.
Ormai il 9 maggio, nel suo tentativo di celebrare il passato, è un giorno di propaganda per il presente. Il capo del Cremlino ha ringraziato i soldati al fronte, ha detto che il popolo russo capisce e sostiene “l’operazione militare speciale”, anche se proprio ieri un gruppo di madri e mogli di soldati aveva organizzato una protesta silenziosa controla mobilitazione. Neanche per un secondo Putin ha pensato che quella riunione di donne potesse rovinare la sua parata
e per bilanciare alle sue spalle aveva disposto vedove e orfani di soldati morti al fronte. Era però più preoccupato dalla possibilità che gli ucraini potessero mandare qualche drone, disturbando lo spettacolo e mostrando ai leader stranieri la vulnerabilità dei cieli di Mosca. Per evitare qualsiasi incidente ieri la capitale russa era blindata, in alcune zone neppure internet funzionava: il Cremlino ha preso ogni precauzione affinché il 9 maggio di Putin non venisse rovinato. Assieme ai russi hanno sfilato soldati cinesi, nordcoreani – Putin è andato a salutare personalmente un generale nordcoreano, un atto dovuto dopo che Pyongyang ha mandato i suoi uomini a combattere nel Kursk. Hanno sfilato egiziani, bielorussi, tagichi, kazachi e altri. Il messaggio era di unità, era la presentazione di un fronte unico che ieri è andato sulla Piazza Rossa amostrare che Mosca non è isolata.
Rispetto al passato sono mancate le accuse contro quello che Putin chiama l’occidente collettivo, e il motivo è che alla Casa Bianca c’è un presidente che ancora è visto come amico. Dopo l’insediamento e la prima telefonata con il capo del Cremlino, sembrava che Trump avesse preso in considerazione l’idea di andare anche lui sulla Piazza Rossa. L’idea si è infranta assieme alla promessa di mettere fine alla guerra in cento giorni. Trump ha proposto un nuovo cessate il fuoco di trenta giorni. Kyiv ha già accettato. Mosca deve ancora rispondere, ma intanto ha avuto la sua parata, i suoi ospiti, la sua festa della minaccia.
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